Tra le ipotesi al vaglio del governo Monti, la reintroduzione dell’Ici, l’imposta comunale sugli immobili. Con alcune variazioni. Per capire di cosa si tratta, partiamo, anzitutto, dalle caratteristiche sulla vecchia Ici. Applicata a fabbricati e terreni di proprietà, è stata introdotta dal governo Amato nel 1992. Grava sul proprio patrimonio immobiliare, sul valore del fabbricato o del terreno posseduto, e consiste in un’aliquota stabilita dal Comune, che deve mantenersi tra il 5 e il 7 per mille, e a differenza delle imposte sul reddito non è progressiva, ovvero non aumenta all’aumentare del valore dell’immobile, ma è fissa.
Viene applicata ad una base imponibile calcolata con i seguenti criteri: per gli immobili, siano essi terreni o fabbricati, la rendita catastale, rivalutata del 5 per cento, va moltiplicata per una serie di coefficienti. 100 se si tratta di abitazioni di vario tipo (categoria A), di magazzini o laboratori (categoria B); 140 se si tratta scuole ospedali o biblioteche (categoria B); 50 se si tratta di studi privati o uffici (categoria A/10), alberghi, opifici o banche (categoria D) 34 per negozi o botteghe ((categoria C/1). La rendita catastale, per inciso, è la somma teorica che l’unità abitativa dovrebbe rendere se affittata per un anno. L’Ici sulla prima casa era stata parzialmente abolito dal governo Prodi che, di fatto, aveva esentato circa il 40 per cento delle famiglie italiane dal pagamento, ed era stata eliminata del tutto dall’ultimo governo Berlusconi che ne aveva fatto un suo cavallo di battaglia, escludendo dall’esenzione le abitazioni signorili, le ville e i castelli. Obiettivo del governo Monti pare sia quello di introdurre nuovamente l’imposta. Con una differenza significativa. Pare che il modello di imposizione, questa volta, infatti, sarà progressivo. Più case si hanno e più si dovrà pagare, analogamente a quanto già accade per i redditi, ai quali si applicano aliquote diverse a seconda dei diversi scaglioni reddituali. Tuttavia, sorgono alcuni problemi. Sarebbe necessario, infatti, capire quale uso viene fatto degli mobili che non rappresentano la prima abitazione.
Potrebbero essere sfitti, affittati o abitati da un parente. In quel caso il fisco dovrebbe fare una serie di controlli che potrebbero risultare difficoltosi e dispendiosi.