Mentre le Borse hanno chiuso ancora in negativo e lo spread tra Btp e Bund resta pericolosamente vicino a quota 500 punti base, in Europa cresce il fronte di chi vorrebbe che la Banca centrale europea diventasse, come la Federal Reserve americana, prestatore di ultima istanza, in modo da acquistare, stampando moneta, i titoli di stato dei paesi in difficoltà. «L’ipotesi di mettere Bce e Fed sullo stesso piano – ci spiega Luigi Campiglio, docente di Politica economica all’Università Cattolica di Milano – può funzionare, purtroppo, solo in parte. In particolare, per due ragioni».
Quali sono?
La prima è che la Fed governa la moneta fiduciaria di un’area geografica, economica e politica unita. Non a caso sui dollari è riportato il motto fondante degli Usa “E pluribus unum” (da tanti uno solo). Nel caso della Bce questo “unum” è circoscritto alla sola moneta. Questo deficit di unità si vede anche dal fatto che in Germania, il Paese più rilevante dell’Eurozona, i sentimenti nei confronti dell’Europa non sono certamente gli stessi che i cittadini dei diversi stati americani nutrono nei confronti degli Usa.
Qual è la seconda ragione che rende difficile la “trasformazione” della Bce sul modello della Fed?
Si tratta del cosiddetto “rischio morale”, un problema accentuato dalla crisi del 2008 e che ha assunto aspetti diversi sulle due sponde dell’Atlantico. Negli Usa ha fatto nascere l’espressione “too big to fail”. È sorta, cioè, nelle grandi aziende che si sono sobbarcate grandi rischi finanziari, la convinzione che qualcuno sarebbe venuto a salvarle. In Europa, invece, la questione riguarda l’assenza di una disciplina di bilancio nel medio periodo di alcuni paesi dell’Eurozona. I cittadini della Germania e dei paesi del Nord Europa temono di dover pagare il risanamento dei bilanci degli stati che hanno fatto troppi debiti. Per questo si oppongono al fatto che la Bce possa diventare prestatore di ultima istanza.
È solo per questo che i tedeschi si oppongono a una riforma statutaria della Bce?
Il punto è che i tedeschi pensano che se la Bce diventasse prestatore di ultima istanza, ogni stato potrebbe andare in disavanzo, sapendo che poi ci sarebbe un intervento dell’Eurotower che, stampando moneta, coprirebbe quel deficit di bilancio. Il che può generare inflazione, cosa che fa emergere in Germania lo spettro di Weimar.
Di che cosa si tratta?
Dopo la Prima guerra mondiale, i paesi vincitori imposero alla Germania un pagamento esorbitante per i danni bellici. Si trattò di un grande errore, perché il Paese cadde in una crisi senza precedenti, con un’iperinflazione pazzesca (basti pensare che venivano stampate banconote da un milione di marchi). Nonostante siano passati quasi 90 anni, i tedeschi sentono ancora quella “scottatura”. E poi non dobbiamo dimenticare che il rapporto debito/Pil della Germania, per via della crisi, è arrivato a livelli inusuali.
Come se ne esce allora?
Penso che la cosa migliore sia un ragionevole compromesso: si potrebbe attribuire esplicitamente alla Bce, come avviene già per la Fed, non un solo compito, cioè quello di tenere sotto controllo la stabilità dei prezzi, ma anche quello di favorire lo sviluppo, la crescita economica.
Cambiare lo Statuto della Bce non è però un processo rapido. E la situazione sui mercati richiede una risposta immediata.
Questa modifica non è in contrasto con il Trattato di Maastricht, che all’articolo 2 dice che «la Comunità ha il compito di promuovere, mediante l’instaurazione di un mercato comune e di un’unione economica e monetaria e mediante l’attuazione delle politiche e delle azioni comuni […] uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche nell’insieme della Comunità, una crescita sostenibile, non inflazionistica e che rispetti l’ambiente, un elevato grado di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra gli Stati membri». Muovendosi nell’ambito del dettato di questo articolo, a mio parere la Bce potrebbe cominciare a operare in attesa di una modifica dello Statuto, in modo che si dica chiaramente che l’obiettivo dell’Eurotower è quello della stabilità dei prezzi e della stabilità economica dell’Eurozona.
A livello pratico, cosa cambierebbe negli interventi della Bce?
Diventerebbe molto più trasparente l’intervento sul mercato secondario dei titoli di stato (che già la Bce fa ora) e potrebbero esserci anche delle occasioni (in condizioni di emergenza) in cui agirebbe anche su quello primario (anche se è più delicato intervenire in fase d’asta). In sintesi, si renderebbe istituzionale l’intervento della Bce sul mercato secondario ed eccezionale, ma pur sempre ammesso, quello sul primario.
Una riforma di questo tipo verrebbe accettata dai tedeschi? Servirebbe a risolvere la situazione critica dell’Eurozona sui mercati?
Credo che sarebbe accettabile per la Germania. Per quel che riguarda i mercati, è tutta un’altra storia. Per risolvere davvero la situazione ci vorrebbe una riforma nella regolamentazione finanziaria che sembra ancora di là da venire, nonostante le tante proposte, rimaste poi nel cassetto, emerse all’alba della crisi del 2008. Il vero problema è che l’innovazione finanziaria è stata tale che sui mercati esiste, insieme al sistema bancario ufficiale regolamentato, lo shadow banking, un sistema bancario ombra, che ha regole tutte sue e che ha la capacità, attraverso strumenti finanziari più o meno sofisticati, di crearsi moneta quando ne ha bisogno. Non chiedo un sistema in stile sovietico, ma che ci siano almeno delle regole di base condivise a livello globale.
(Lorenzo Torrisi)