Ici e rendite catastali. Si parla della reintroduzione della prima, dell’aggiornamento delle seconde. Ferme dal ’90, e quindi adeguate ai prezzi e alla redditività che le case garantivano nell’88-89. Due misure le cui conseguenze potrebbero tradursi in un drastico aggravio fiscale. «In effetti, l’aggravio è scontato; tuttavia, potrebbe determinarsi, da un altro lato, una diminuzione della pressione fiscale», spiega, interpellato da ilSussidiario.net Paolo Costanzo, commercialista dello Studio di consulenza aziendale Costanzo & Associati. Che, anzitutto, precisa il significato di alcuni dei termini che in questi giorni è sovente sentire pronunciati: «L’estimo catastale è un valore attribuito all’unità immobiliare che, moltiplicato per il numero di vani, determina la rendita catastale, una presunzione di reddito prodotto dall’immobile. A livello fiscale, quando si determina la base imponibile Irpef, si tiene conto o della rendita o – se l’immobile è affittato -, del canone di affitto». La rivalutazione, secondo Costanzo, dovrebbe verosimilmente permettere, in molte circostanze, di adeguare i valori imponibili alla realtà. Ci sono, ad esempio, immobili che, pur trovandosi in pieno centro, a Milano, hanno una rendita catastale molto bassa, decisamente inferiore al valore reale».



Ciò significa che sul profilo dell’equità, quindi, la rivalutazione in molti casi potrebbe avere una sua logica». Resta da capire, tuttavia, come si intende procedere. «C’è da auspicare che l’adeguamento venga fatto dalle Agenzie sul territorio, dopo aver fatto un’analisi per verificare l’equità e la congruità reddituale delle unità abitative».Tale rendita, occorre ricordarlo, «va ad aumentare la base imponibile Irpef. Ovviamente, se si tratta della rendita relativa al possesso della prima casa, il valore viene decisamente abbattuto». Ecco, quindi, quali saranno gli effetti finali che si determineranno per i cittadini. «La reintroduzione dell’Ici e l’adeguamento delle rendite catastali comporterà, indipendentemente dal fatto che si tratti o meno della prima casa, un aggravio fiscale. Tanto più che pare sarà introdotta la progressività. Ovvero, l’aliquota aumenta all’aumentare del numero di abitazioni possedute. E’ anche vero che l’eliminazione dell’Ici, a suo tempo, aveva ridotto il gettito in favore dei Comuni. Quindi, la sua reintroduzione, dovrebbe, in qualche modo, essere compensata, per i Comuni e le amministrazioni efficienti, da una riduzione delle addizionali irpef».  



Resta un ultimo punto da chiarire. Parlare di reintroduzione tout cort, potrebbe non essere corretto. «L’Imu (l’imposta municipale unica) – conclude Costanzo -, dovrebbe sostituire l’ici. Si tratta di un’imposta ancora in elaborazione. Se ne sta parlando parecchio, ed è in fase di studio. Pare, in ogni caso, che ingloberà sia l’Ici che la tassa sui rifiuti.

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