Per combattere l’evasione fiscale, il governo Monti si appresta a varare una stretta sui pagamenti in contanti. A oggi, non si possono utilizzare le banconote per quelli superiori ai 2500 euro. Una norma introdotta, nella legge finanziaria, dal precedente governo. Ora, si parla di ridurre ulteriormente il limite a 500 euro, forse, addirittura a 300. Oltre, si potranno usare solamente carte di credito o bancomat. «La manovra mira alla tracciabilità dei pagamenti, per contrastare i pagamenti in nero. Dubito, tuttavia, che allo scopo sia sufficiente una norma», spiega, contattato da ilSussidiario.net Carlo Buratti, professore di Scienza delle Finanze all’Università di Padova. Secondo il quale, di fatto, l’intento è difficilmente realizzabile: «Sarebbe necessario che la banca, ogni qual volta una persona prelevasse più di 300 o di 500 euro, denunciasse l’operazione o tutti i prelevamenti anomali. Altrimenti mi chiedo come sarebbe possibile venire a conoscenza di infrazioni alla normativa. Ma che un istituto di credito si disturbi in tutti quei casi in cui vengono effettuati prelievi cosi modesti, è decisamente improbabile».
L’iniziativa dovrebbe, altresì, impedire che un professionista recepisca il proprio compenso senza dichiararlo. Senza, quindi, emettere fattura. Mettiamo il caso, ad esempio, di un cittadino che vada dal dentista. E che si trovi a pagare una somma superiore ai 3-500 euro. Con il nuovo sistema, il dentista sarebbe costretto a emettere regolare fattura. «Anche di questo, ne dubito. Se dovesse essere pagato in contanti, chi mai potrebbe scoprirlo? Dovrebbe esserci lì, in quel momento, la Guardia di finanza», fa presente il professore. Eppure, in molti paesi, la stragrande maggioranza dei pagamenti, anche per importi molto bassi, è effettuata con le carte di credito. «E’ vero. Ma in diversi Paesi, come negli Stati Uniti, ad esempio, chi non usa la carta di credito dà il segnale di non essere ritenuto degno di fiducia da parte delle istituzioni finanziarie e, quindi, non è ben visto». È ormai dato come certo, invece, che sarà introdotta la patrimoniale, reintrodotta l’Ici e aumentata l’Iva. «La patrimoniale – commenta Buratti – si applicherebbe solo sui patrimoni elevati, superiori al milione di euro. Avrebbe finalità perequative, con l’intento di dare un segnale a quei cittadini che, pur non disponendo di un reddito elevato dovranno compiere dei sacrifici». Anche la seconda misura, secondo il professore, avrebbe effetti positivi.
«L’Imposta comunale sugli immobili, che sarà inglobata nell’Imu, garantisce l’autonomia tributaria dei Comuni e serve per responsabilizzare le amministrazioni. Era stata un errore toglierla. Anche perché, in tutto il mondo, i servizi si pagano attraverso le tasse sulle abitazioni». Dall’aumento dell’imposta sul valore aggiunto, infine, potrebbero scaturire dei benefici inattesi. «L’Iva potrebbe essere utilizzata come forma compensativa per consentire sgravi sui contributi sociali e la tassazione sul lavoro. Le due manovre potrebbero essere simultanee, con un effetto positivo e contestuale di espansione dell’economia. Gli aggravi dell’Iva, in sostanza, potrebbero finanziare gli sgravi sul lavoro».