E due! Nonostante – come anticipato nel mio articolo di ieri – avesse abbassato l’ammontare dell’emissione da 5 a 3 miliardi e accorciato la scadenza da 15 a 10 anni, quel geniale meccanismo salva-euro che è l’Efsf espanso a leva, anche ieri non ha emesso bonds. Due rinvii in due settimane, un record! La ragione? Identica a quella della scorsa settimana e fornita alla stampa dal portavoce del fondo, Christof Roche: «Abbiamo deciso di rinviare l’emissione di bond per 3 miliardi di euro a causa delle condizioni dei mercati». Chissà se io dicessi a Luca Raimondi che da domani scrivo solo nei giorni di sole, quale sarebbe la sua reazione? Come un pompiere che si rifiuta di intervenire perché la casa va a fuoco e quindi… è pericoloso! Siamo alla follia: è questa la credibilità con cui oggi a Cannes, Cip e Ciop cercheranno di spillare soldi a cinesi, giapponesi, russi, brasiliani, indiani e messicani per finanziare l’Efsf? Cosa gli dirà Sarkozy: per ora non funziona, ma voi fidatevi, mettete i soldi e vedrete che come un juke-box canterà!
Dilettanti allo sbaraglio, tanto più che refoli europei mi hanno fatto sapere che prima di decidere di annullare di nuovo l’asta, si era presa in considerazione l’ipotesi di scendere ancora con l’emissione, accontentandosi di 2 miliardi di euro. Dopodiché, qualcuno ha fatto notare che era meglio non emettere proprio, piuttosto che ridurre il bond dell’Efsf al livello di un decennale portoghese. Che si fa, quindi, al G20? Io temo che il nostro Gollum europeo, von Rampuy, tenterà il blitz per rassicurare i potenziali investitori Brics: divieto per legge di perdite e ribassi per i mercati europei nei giorni immediatamente precedenti a un’emissione obbligazionaria dell’Efsf. Ecco la soluzione! Vi stupireste? Hanno già vietato le vendite allo scoperto e i cds sui debiti sovrani, cosa volete che sia una bella legge che garantisca rialzi e guadagni in nome del bene superiore dell’Europa!?
Va beh, ho già capito come finirà anche questo G20: avanti un altro, quindi. AAA, vertice risolutivo cercasi, astenersi razionali e coraggiosi, si prendono in considerazione solo fanfaroni referenziati e soluzioni fumose, massima esposizione mediatica, foto ricordo e gadget inclusi, citofonare Merkozy. Seriamente parlando, cari amici, il tempo stringe e per l’Italia esiste ancora un margine, non enorme ma sufficiente. Settiman,e però, non mesi. Lassù, infatti, qualcuno ci ama e quando dico “lassù” non penso al regno dell’Onnipotente, ma a Francoforte e Londra, rispettivamente sede della Bce e di LCH Clearnet. Vi racconto una storia.
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Un primo giorno di scuola alla guida della Bce come quello che ha vissuto martedì, Mario Draghi proprio non poteva immaginarselo. O forse sì. Una cosa è certa: l’ex governatore di Bankitalia ha dimostrato da subito di che pasta è fatto (Guido Rossi invece di levarsi sassolini e sfogare le proprie frustrazioni senili su Il Corriere della Sera, ricordando l’arcinoto passato di Mario Draghi a Goldman Sachs, si occupi piuttosto dell’unica cosa per cui lui sarà ricordato, ovvero regalare scudetti a tavolino all’Inter), rispedendo al mittente i diktat del Bundestag e intervenendo pesantemente sul mercato secondario acquistando Btp nell’ultima ora di contrattazioni.
Dopo il massimo intraday di 455 punti base, lo spread tra i nostri decennali e il Bund ha chiuso a 442: cambia poco direte voi, resta comunque un livello siderale che spedisce il rendimento che il Tesoro è chiamato a pagare agli investitori ampiamente sopra quota 6%. Vero, ma solo in parte. Draghi sa che quota 450 punti base non rappresenta un nominalismo, è la vera e propria linea Maginot prima dei guai seri, prima della “spirale irlandese”. Il destino del mercato obbligazionario sovrano, infatti, non è solo nelle mani di chi investe o della Bce, ma anche – e, forse, soprattutto – della LCH Clearnet, la cassa di compensazione europea per gli scambi dei titoli di Stato.
Nonostante l’aggressiva difesa di Btp e Bonos posta in essere dall’Eurotower attraverso il programma di acquisto Smp, infatti, la contemporaneità di rally del Bund (conseguenza anche della folle idea di vietare i cds sul debito sovrano nell’eurozona) e rischi crescenti con bassa possibilità di hedging dei titoli italiani, ha sterilizzato l’azione stessa della Bce in fatto di contenimento e congelamento dello spread. Nonostante l’azione dell’Eurotower, inoltre, anche il prezzo del nostro Btp si muove in maniera critica al ribasso. Insomma, oggi comprare Bund è il modo migliore, più semplice e più liquido per mettere sotto pressione il mercato obbligazionario italiano.
E qui entra in gioco LCH Clearnet e il precedente Irlanda, Paese che prima di noi ha vissuto l’incubo di quota 450 sul Bund. Era il novembre dello scorso anno e, una volta ecceduta quota 450 punti base sul titolo tedesco, la clearing house inglese alzò per tre volte in quindici giorni i margini richiesti per le posizioni in bond irlandesi. LCH Clearnet intervenne tre volte, il 10, 17 e 25 novembre, portando il margine richiesto al 45%, a significare che gli investitori devono dare in garanzia 45 euro per ogni 100 euro di esposizione netta sui titoli del debito pubblico dell’Irlanda. Lo scorso 10 novembre la compagnia decise di innalzare il tasso al 15%, portandolo al 30% dopo soli sette giorni fino all’ulteriore 15% del 25 novembre: una decisione che rifletteva anche l’aumento dei rendimenti dei bond detenuti in portafoglio dagli investitori. Un anno fa, quando LCH Clearnet operò il suo aumento dei margini, Goldman Sachs emanò un report nel quale si sottolineava che «l’attuale ampliamento degli spreads obbligazionari, se continuasse, potrebbe far scattare ulteriori aumenti dei margini da parte della clearing house, con focus su Portogallo, Spagna e Italia. Il decennale portoghese viene attualmente trattato attorno ai 410 punti base rispetto al Bund, quindi un aumento di soli 40 punti base potrebbe far scattare la clausola di attivazione del “livello 450 punti base”. Sia Spagna che Italia, comunque, mantengono ancora un ragionevole cuscinetto di difesa rispetto al livello di innalzamento dei margini, trattando rispettivamente a 190 punti base e 270 punti base dal livello dei 450 punti base».
Il mondo, da allora, sembra impazzito, per questo Mario Draghi sa quanto sia importante mantenere la linea Maginot dei 450 punti base: solo 11 mesi fa, i bonds portoghesi stavano meglio di quanto non lo siano oggi quelli italiani rispetto al Bund, cose da non credere. E, infatti, non crediamoci, visto che stando ai calcoli di LCH Clearnet martedì il nostro spread contro il Bund non era a 440 punti base ma a 388, un bel cuscinetto di 62 punti base dalla linea Maginot, magicamente rinforzata. Come è possibile? Semplice, nel caso del Btp italiano LCH Clearnet ha usato e usa come benchmark non il Bund decennale tedesco, ma un paniere di benchmark AAA europei (per l’esattezza, di Germania, Francia e Olanda), scelta che porta con sé una significativa differenza, visto che finché Francia e Olanda restano “deboli”, la nostra sfida sulla linea Maginot appare decisamente meno titanica e il rischio di margin call per le nostre obbligazioni è scongiurato. Abbiamo ancora un po’ di tempo per intervenire e ritrovare credibilità sui mercati, quindi, ma non molto, visto che nell’arco di settimane la Francia perderà sicuramente il rating AAA (dalle sale trading confermano che gli Oat francesi a 10 anni sono ufficialmente un “key short”, ovvero una scommessa calda per i ribassisti che si aspettano crollo del prezzo e aumento dei rendimenti) e quindi anche il paniere di LCH Clearnet si restringerà a due soggetti, riducendo di parecchio il cuscinetto che ci divide dalla margin call sui Btp, quella sì una iattura.
Vogliamo buttare via anche quest’ultima occasione per beghe tutte interne al pollaio Italia, stanti le creste molto più basse di Merkel e Sarkozy dopo l’annuncio sparigliacarte di Papandreou e la figura da cioccolatai dell’Efsf? Sarebbe un peccato mortale. E sapete che con certe cose non si scherza.