Stefano Cingolani dice sorridendo: “Speriamo che arrivino gli americani. Magari anche il 7° Cavalleggeri. Magari anche con il generale Custer, tanto non ci sono più gli indiani di una volta”. È ironia amara quella di Cingolani, esperto giornalista di questioni economiche e finanziarie. E non solo. Ma quale commento potrebbe fare davanti allo svolgersi di un summit cruciale dove, di fatto, l’Europa mostra di logorarsi ulteriormente, prende tempo, raggiunge accordi faticosi e confusi? E in più con una rottura fragorosa tra il premier inglese David Cameron e il presidente francese Nicolas Sarkozy?



Cingolani, che cosa sta capitando? Che cosa emerge da questo vertice che èstato definito cruciale?

Beh, è un segnale pesante. La spaccatura tra inglesi e francesi è una frattura tra Londra e l’asse di fatto Parigi-Berlino, con Sarkozy che si è allineato sulla posizione di Angela Merkel, o meglio dell’establishment tedesco. Tutto questo lascia perplessi sul futuro dell’Europa. Sì, in questo momento l’euro è salvo. C’è un accordo ancora confuso. Ma quando si dovranno rivedere i trattati è difficile immaginare che cosa accadrà.



Per gli inglesi era forse impossibile “tagliare le ali” alla City di Londracon la tassazione sulle transazioni finanziarie.

Certo, questo ragionamento ci sta tutto. Ma non si può ridurre a questo fatto la posizione britannica. Immaginare che un blocco di stati del centro Europa, di fatto Francia e Germania con i loro satelliti, facciano spulciare i bilanci – attraverso il famoso “Mister Economia” o una “Authority” (che sono ancora strumenti da creare) – di sua Maestà britannica mi sembrava proprio impossibile da realizzare. Ma c’è anche di più.

Cioè? 

La mentalità degli inglesi, il modo di operare in economia, gli interventi da attuare sono completamente differenti da quelli che la Germania, insieme alla Francia, sta imponendo. Oltre Manica c’è un’altra flessibilità e poi una rivendicazione di sovranità che non può essere facilmente rimessa in discussione.



Ma questo significa che è possibile una prossima uscita della Gran Bretagnadalla Comunità europea?

Non è escluso. E questo significa un passo indietro, il segno di un logoramento che non si sa bene dove possa portare. Poi un’Europa dimagrita, 17 più 6. Se questo può essere scambiato per un successo, lo vedremo presto. A me dà l’impressione di un logoramento.

 

Sostanzialmente è passato un accordo che viene definito “patto fiscale” e poi un accordo sulla rinegoziazione dei trattati che si discuterà nel vertice di marzo.

 

A mio avviso hanno preso tempo, soprattutto sulla rinegoziazione dei trattati, quella che ha creato la rottura con la Gran Bretagna. Il resto era la premessa di questo summit. È passata la regola aurea della Germania, con il pareggio di bilancio fissato nelle Costituzioni e i conti da tenere sempre sotto controllo, con un organismo da individuare che può comminare sanzioni. Credo che abbiano affrontato anche la questione dello stock del debito sotto il 60% del Pil. Vedremo che cosa si stabilirà per raggiungere quella quota, che per noi, in tempi brevi, è una chimera.

 

Come si è comportata l’Italia in questa situazione?

 

Ho visto che Mario Monti ha cercato di mediare, affermando che non c’era bisogno di una rinegoziazione dei trattati, di un cambiamento. In pratica. ha cercato di far passare una linea di non belligeranza.

 

E gli specifici interventi su altri accordi?

Al momento il cosiddetto Fondo salva-Stati dovrebbe entrare in funzione a luglio, con una dotazione di 500 miliardi di euro. Poi è passata la cosiddetta “triangolazione”. La Bce, salvaguardando i suoi compiti e il suo statuto, darà al Fondo monetario internazionale 200 miliardi di euro. E quest’ultimo li girerà agli Stati. Ma questo coinvolgimento del Fmi è frutto dell’interessamento degli americani che vogliono salvare l’Eurozona per non avere in America un contraccolpo economico e finanziario disastroso. In questo giorni, Tim Geithner ha fatto una sorta di maratona per l’Europa. Si sa che si è interessata della vicenda Hilary Clinton e 
lo stesso presidente Barack Obama, che si gioca le sue ultime carte per una nuova presidenza. Una recessione economica aggreverebbe ancora di più la sua posizione già abbastanza vacillante. 
 

 

Ma con questi criteri rigidi, con queste manovre che pure la Banca d’Italia giudica recessive come saranno i prossimi due anni?

 

Per l’Italia saranno, a mio parere, due anni di recessione. Del resto questa è la politica economica europea che è passata, che gli stessi americani non comprendono. Ci vorrebbe una Banca centrale europea che potesse intervenire come la Fed. Ci vorrebbe un’altra flessibilità. Al momento va in questo modo per chi vuole restare nell’euro. Certo, alcuni cominceranno a fare i conti se conveniente restarci in queste condizioni.

 

(Gianluigi Da Rold)