Dopo la copertina sul Time, non sono finiti gli elogi per Sergio Marchionne, Amministratore delegato di Fiat e Chrysler. Il manager italo-canadese viene infatti celebrato anche dal sito della rivista Fortune (che a dire la verità appartiene allo stesso gruppo del Time…), che già l’anno scorso gli aveva dedicato la copertina. Insomma, pare proprio che all’estero piaccia tanto il manager dal pulloverino blu. Indubbiamente Marchionne è riuscito (grazie anche alla collaborazione del sindacato di categoria Uaw e all’Amministrazione Obama) ad aiutare Chrysler a rialzarsi e prima ancora è stato capace di farsi scegliere insieme a Fiat per svolgere questo compito. Non è una cosa da dare per scontata quando si giudica il manager.
Il fatto è che le caratteristiche che lo rendono tanto popolare all’estero sono le stesse che lo fanno mettere in discussione in Italia. Pare poco conciliante e diplomatico. Alcuni mettono in discussione l’esistenza stessa di una strategia nelle sue azioni. Marchionne sembra in effetti calare sul piatto una carta alla volta, come un giocatore di poker. Il dubbio allora è: sta bleffando? Troppo presto per dirlo. Nell’anno che sta per finire si è dedicato molto al lato americano della sua azienda. Non gli si può dar torto: Chrysler è un boccone troppo ghiotto per lasciarselo scappare. Meglio metterci le mani sopra il prima possibile, acquistarne la maggioranza e studiare come acquisirla del tutto, anche perché il mercato americano è molto più promettente di quello europeo, e la quota di mercato della terza “regina” di Detroit potrà essere sicuramente maggiore di quanto può fare la Fiat in un asfittico mercato europeo dove utilitarie asiatiche o “low cost” e ammiraglie tedesche la fanno da padrone.
Tuttavia, non si può trascurare il Lingotto, specie in casa propria e dopo aver sbandierato ai quattro venti una strategia di rilancio in cambio di “sacrifici” da parte dei lavoratori. Non si può dopo aver trascinato il gruppo manifatturiero e industriale più importante d’Italia fuori da Confindustria: uno strappo storico, che può segnare l’inizio di una nuova epoca (speriamo positiva) per le relazioni industriali del Paese.
A Marchionne stanno a cuore “l’Italia e tutti gli uomini e le donne che lavorano con noi” e ritiene che “la nuova Panda è una grande occasione per dimostrare al mondo che gli italiani sanno lavorare bene e che hanno tutte le potenzialità per rilanciare il nostro Paese”. Certo, la Panda torna dalla Polonia all’Italia: un passo molto importante, ma non ci si può fermare qui. Prima che lasci la guida della Fiat (continua a circolare la voce che l’Amministratore delegato possa andarsene dopo il 2015) sarà importante che ne rialzi le quote di mercato, oltre alle unità prodotte. Fare tante automobili senza riuscire a venderle – lo sa bene anche lui – non è certo la strada giusta per tenere aperte le fabbriche.