«Per me una farmacia esiste quando c’è una persona laureata in farmacia che può dare informazioni al cliente, senza necessariamente la presenza di una insegna che indichi una vera e propria struttura, con tutte le autorizzazioni e vincoli del caso. Se una persona ha compiuto gli studi e se ha le competenze per svolgere l’attività di farmacista, credo che impedirgli di farlo non abbia molto senso. Capisco che è molto difficile liberalizzare in un colpo solo, però se andiamo avanti così la crescita ce la scordiamo». Insieme a Ugo Arrigo, professore di Finanza pubblica alla Bicocca di Milano, commentiamo l’ultima modifica introdotta in manovra, con cui il Governo ha dimezzato la stretta sulle farmacie, cambiando la lista dei farmaci che potremo acquistare anche nei supermercati. Il nuovo testo stabilisce infatti che supermercati e parafarmacie potranno vendere solo i farmaci di fascia C privi di ricetta medica e non anche le medicine di fascia C con ricetta, come nella prima versione. Adesso sarà il ministero della Salute a decidere entro quattro mesi l’elenco dei farmaci per i quali permane l’obbligo di ricetta medica e dei quali non è consentita la vendita nei nuovi esercizi, dopo aver sentito l’Agenzia italiana del farmaco.



Professore, come si spiega quest’ultima modifica introdotta in manovra?

Significa semplicemente che in Italia le liberalizzazioni sono molto difficili e che ogni volta che si prova a introdurle vengono puntualmente rarefatte da interventi in Parlamento. A forza di non liberalizzare i mercati, sono 15 anni che la nostra economia sta ferma, quindi qualcuno dovrebbe assumersi maggiori responsabilità.



Cosa intende?

Parafarmacie, farmacie e taxi non sono proprio gli aspetti di maggiore rilevanza ai fini della crescita economica, e lo Stato mettendoli all’interno della manovra, di fatto lasciava fuori quei segmenti in cui lui stesso è attore monopolista. Nei pareri antitrust formulati quasi due anni fa per quella che doveva essere la legge nuova di concorrenza, che poi non c’è mai stata, sono state messe dentro anche le farmacie e i taxi, ma gli aspetti primari erano le Poste, il trasporto ferroviario e il trasporto pubblico locale. Mi pare quindi che continuiamo a non liberalizzare e, come ho già spiegato, continueremo a non crescere. Non che liberalizzando taxi e farmacie l’Italia risolve tutti i suoi problemi, però potrebbe essere anche un segnale di cambiamento, di regole e di atteggiamento.



Cosa si aspetta quindi ora?

Credo che continui a prevalere la logica della difesa corporativa di interessi che non sono interessi deboli, e mi aspetto che il governo faccia da arbitro e che in alcuni casi intervenga a favore di uno dei giocatori in campo, naturalmente quello più debole, perché l’idea che scenda in campo per difendere la parte più forte mi sembra veramente eccessivo. Per fare un esempio riguardo alla categoria, dalle dichiarazioni dei redditi ufficiali degli italiani emerge che mediamente in Italia i farmacisti dichiarano circa il doppio dei medici: credo comunque che l’evasione sia molto bassa in entrambi i campi, perché il medico, essendo dipendente Asl, convenzionato col servizio sanitario, credo che debba dichiarare la maggioranza dei suoi guadagni, mentre penso che nelle farmacie non ci sia proprio evasione. Ma allora perché il farmacista dovrebbe guadagnare adesso il doppio del medico? Ha il doppio delle competenze, oppure ha studiato il doppio degli anni? Non mi pare, quindi questo è solamente il potere di mercato dei farmacisti.

Cosa pensa invece della serrata minacciata da Federfarma nei giorni scorsi, poi sospesa dopo la decisione del governo?

Credo proprio che le farmacie abbiano degli obblighi di pubblico servizio e che non possano chiudere liberamente. Da questo punto di vista mi ritengo molto radicale: per fare un esempio, durante l’amministrazione Reagan negli Stati Uniti ci fu una grossa protesta dei controllori di volo che avevano intenzione di bloccare i cieli del Paese, e il problema fu risolto licenziandoli in blocco e sostituendoli con controllori di volo militari, perché non si può paralizzare un paese solo per difendere i propri interessi, legittimi entro certi limiti, ma non da sostenere così tanto fino a mettere a repentaglio esigenze molto più forti.

In conclusione, quindi, cosa pensa dell’intera vicenda?

Credo che si tratti dell’ennesima giornata negativa per chi in Italia aspetta da anni mercati più liberi.

 

 

(Claudio Perlini) 

Leggi anche

LIBERALIZZAZIONI/ Farmacie, banche e benzinai. Mingardi (Ibl): un "successo" solo mediaticoLETTERA/ Professioni, perché il Governo punta verso le società di capitali?LIBERALIZZAZIONI/ Forte: una farsa che premia i soliti "intoccabili"