«La vera sfida di Sergio Marchionne negli Usa? Superare una persistente opinione negativa sull’affidabilità delle auto Fiat, che per gli americani sono sinonimo di veicoli che si guastano in continuazione». A sostenerlo è l’economista statunitense Dorman Wood, uno dei maggiori esperti finanziari Usa e presidente dell’agenzia Dorman Wood associates. Ilsussidiario.net lo ha intervistato sulla decisione della rivista “Time” di dedicare la copertina all’amministratore delegato della società torinese, definito in termini molto elogiativi “il salvatore dell’industria automobilistica”. Per Wood, «anche se Marchionne non ha ovviamente salvato l’intero settore automobilistico americano, è comunque innegabile che grazie a lui le migliaia di dipendenti Chrysler hanno mantenuto il loro posto di lavoro. E lo stesso vale anche per le numerose altre imprese che fanno parte dell’indotto della società di Detroit».



Il “Time” celebra Marchionne con una copertina definendolo “il salvatore dell’industria automobilistica”. È d’accordo con questa definizione?

Occorre vedere a quale industria automobilistica ci si riferisce: globale, statunitense o solo alla Chrysler? Se si tratta di quest’ultima, la scelta di Time magazine può essere corretta, ma se ci si riferisse all’intero settore, negli Stati Uniti o a livello globale, allora sarei personalmente in disaccordo con l’opinione del Time.



Che cosa sarebbe avvenuto all’industria automobilistica Usa, se la Fiat non avesse partecipato al salvataggio di Chrysler?

Se Fiat non avesse preso parte al salvataggio di Chrysler, probabilmente la società sarebbe languita in una situazione fallimentare per diversi anni. Come forse è noto, il processo di fallimento negli Stati Uniti può essere protratto per lungo tempo, a meno che possa essere rapidamente approvato un piano di riorganizzazione, sia da parte dei creditori che del tribunale. Tuttavia, anche dopo l’approvazione, non vi è alcuna garanzia sul successo dell’operazione. Se si guarda alla storia della stessa Chrysler, si nota che la società sfiorò la bancarotta nel 1980 e fu salvata da prestiti per 1,5 miliardi di dollari garantiti dal governo. Dopo questa immissione di denaro fresco la società chiuse diversi impianti, licenziando migliaia di dipendenti. Contemporaneamente venne lanciata una nuova linea di veicoli che ebbe molto successo sul mercato, generando profitti record nel 1984. Nel 1987, Chrysler acquistò American Motors Co., il produttore dei veicoli a marchio Jeep, che continua a essere una divisione di successo.



Perché quindi Chrysler si è ritrovata di nuovo sull’orlo del fallimento?

All’inizio degli anni ‘90 sono riprese le perdite massicce, dovute al calo delle vendite durante la recessione Usa. Nel 1998 Chrysler Corp. è stata acquistata da Daimler-Benz, ma questa si è rivelata una relazione tormentata fin dall’inizio. Dopo alcuni faticosi anni di operatività, che hanno visto anche class-action portate avanti da investitori e serie difficoltà di integrazione tra le due imprese, nel 2007 Daimler-Benz ha finito per vendere la società a Cerberus Capital Management. Due anni dopo, Chrysler avrebbe chiesto il fallimento.

 

La Fiat è riuscita a controllare Chrysler con un investimento iniziale di 25 milioni di dollari, dopo che i contribuenti americani hanno dovuto pagare 9 miliardi di dollari per rifinanziare la compagnia. Il salvataggio è stato più vantaggioso per Chrysler o per Fiat?

 

Probabilmente è ancora troppo presto per poter dire quanto il salvataggio sia stato vantaggioso per Fiat. Per i molti dipendenti Chrysler che hanno conservato il posto di lavoro il risultato della fusione è stato senz’altro del tutto vantaggioso. La fusione ha avuto effetti positivi anche per i numerosi fornitori di componenti per i vari modelli prodotti dalla Chrysler, che hanno potuto così mantenere in vita le proprie aziende e continuare a dar lavoro e reddito ai propri dipendenti.

 

Fiat si è comportata in modo leale all’interno del mercato automobilistico americano?

 

È difficile rispondere a questa domanda. Alcuni esperti ritengono che Fiat abbia salvato Chrysler dal crollo definitivo; altri considerano la fusione come una sorta di “cerotto” per fermare l’emorragia dei debiti.

 

La scommessa di Fiat al momento di entrare in Chrysler è stata che il predominio Usa del mercato automobilistico mondiale durerà a lungo. Ritiene che sarà davvero così?

 

Non sono sicuro che l’America abbia ancora il predominio nel mercato automobilistico globale. Il fallimento o il successo di Fiat con Chrysler dipenderà dalla capacità di integrare le due aziende, di controllare i costi, mantenere in attivo le linee produttive e progettare e produrre veicoli attraenti per il mercato americano.

 

Secondo lei quali sono i modelli con maggiori probabilità di successo negli Usa?

Il punto è che Fiat deve superare una persistente opinione negativa sull’affidabilità delle sue auto. E ricordo che nel censimento del 2000, 35 milioni di americani risultavano avere più di 65 anni, e il 53% di essi si trova nella classe 65-74 anni. Se molti dei membri di questa classe d’età non sono probabilmente da considerare possibili acquirenti di auto Fiat/Chrysler, molti di loro ricorderanno però i primi tentativi di Fiat di vendere con successo auto negli Stati Uniti, quando l’acronimo Fiat veniva tradotto con “Fix It Again Tony” (aggiustala un’altra volta,Tony).

 

Fiat/Chrysler è riuscita a produrre dei veicoli di successo caratterizzati da piccole dimensioni e basso consumo di benzina?

 

Storicamente, i costruttori di auto negli Stati Uniti non hanno mai dimostrato entusiasmo per sviluppare e produrre auto a basso consumo o con carburanti alternativi. La progettazione e la produzione sono state per molto tempo legate alla disponibilità e al prezzo della benzina e non è un segreto che molti americani provano orgoglio nel guidare auto potenti, le cosiddette “muscle cars”.

 

Obama però ha tentato di invertire questa tendenza …

 

Nel 2009 l’Amministrazione Obama ha invitato i produttori Usa ad aumentare l’efficienza delle auto vendute negli Stati Uniti a 35,5 miglia per gallone (circa 15 km/l) entro il 2016, quattro anni prima di quanto imposto dalle leggi federali. Si prevede che la tecnologia necessaria per raggiungere questo obiettivo di consumo di carburante per auto e camion porterà a un incremento di circa 1.300 dollari al prezzo medio delle auto. Attualmente, Chrysler reclamizza per le sue auto un consumo di circa 17 miglia per gallone (circa 7,2 km/l) in città e di 31 (13,2 km/l) in autostrada, consumi che sembrano in linea con gli standard americani. L’agenzia governativa Epa per il 2012 elenca 10 modelli leader sotto il profilo del consumo di carburante: Chevy Volt, un ibrido plug-in è al quarto posto, tutti gli altri modelli sono stranieri.

 

L’Europa è ora considerata il centro della crisi finanziaria a livello globale. Che cosa possiamo imparare dal fatto che la Fiat, un’impresa europea, ha reso possibile il salvataggio di Chrysler, una società Usa?

 

L’investimento della Fiat in una società americana ha creato molto rumore in tutto il mondo, ma non è di certo l’unico investimento fatto da società straniere in imprese statunitensi. E non ho nessun elemento che mi possa portare a dire che le difficoltà finanziarie europee abbiano alcuna relazione con investimenti esteri negli Stati Uniti.

 

(Pietro Vernizzi)