Allontanate quell’impresentabile di Silvio Berlusconi da Palazzo Chigi così la credibilità internazionale dell’Italia sarà ristabilita e lo spread fra Btp e Bund calerà. Berlusconi si è defilato, la credibilità dell’Italia secondo il presidente della Repubblica è stata ripristinata, eppure gli effetti del governo guidato da Mario Monti sullo spread non sono troppo evidenti. Perché?
Le dietrologie, o meglio le interpretazioni più o meno maliziose, continuano a imperversare a Palazzo Chigi, nonostante l’uscita di Berlusconi. Il sempre ben informato Fabio Martini de La Stampa sabato 24 dicembre ha riferito che Monti ha detto agli esponenti del Terzo polo: “Lo spread? Da quando abbiamo varato la manovra, la Banca centrale europea ha ridotto gli acquisti dei nostri titoli”. Nessun complottismo anti-italiano. I dati pubblicati dalla Bce degli acquisti sul mercato secondario dei titoli di Stato nella terza settimana (19 milioni di euro) sono in flessione rispetto alle prime due settimane di dicembre. Evidentemente l’Istituto di Francoforte ritiene che Spagna e Italia stanno facendo i compiti a casa e non è indispensabile il suo sostegno.
L’ottimismo del Colle sul governo Monti lambisce anche la Banca d’Italia. Rossella Bocciarelli e Fabrizio Forquet de Il Sole 24 Ore hanno chiesto sabato scorso al governatore di Palazzo Koch, Ignazio Visco: “La manovra italiana non è bastata a far calare lo spread Btp-Bund in modo stabile. Ieri si è superata di nuovo la soglia dei 500 punti”. Risposta del governatore della Banca d’Italia: “Noi non osserviamo lo scenario controfattuale, non teniamo presente cosa sarebbe successo, dove si sarebbe potuti arrivare senza la manovra del governo. L’Italia ha fatto la sua parte”.
Bene. E la Bce ha fatto la sua? Chissà se il bazooka da 500 miliardi di euro che ha usato la Bce avrà davvero gli effetti vaticinati ben prima del 21 dicembre, giorno in cui l’Eurotower ha allestito l’asta per i prestiti illimitati a 3 anni alle banche, da Eugenio Scalfari. Il fondatore di Repubblica era sicuro: i finanziamenti illimitati alle banche affluiranno all’economia reale perché il credito costerà meno agli istituti, i quali potranno prestarlo più di prima e a costo inferiore a famiglie e imprese.
È andata proprio così? I numeri e altre opinioni ne dubitano. Il giorno in cui gli istituti di credito hanno effettivamente incassato i 489 miliardi di euro dei prestiti di Francoforte le stesse banche hanno depositato in Bce 346,9 miliardi di euro: 82 miliardi in più rispetto al giorno precedente. Si dirà: l’aumento dei depositi è un modo per parcheggiarli, non si possono erogare subito i prestiti ricevuti. Vero. Ma è anche vero che gli istituti di credito registrano una perdita quando depositano i propri denari a Francoforte: “È dunque illogico – ha scritto Morya Longo de Il Sole 24 Ore – prendere denari in prestito all’1% per depositarli dove si guadagna solo lo 0,25%. Questa illogicità è dunque spiegabile in un solo modo: le banche preferiscono perdere piuttosto che rischiare a prestare quei denari a qualche altra banca o a qualche impresa”.
Pure il fondatore di Repubblica, in dissenso da Scalfari, non è convinto del successo del bazooka azionato da Mario Draghi: “Anche l’ennesimo cannone ha sparato a salve – ha scritto Carlo De Benedetti su Il Sole 24 Ore del 24 dicembre – Il D-day è passato e ormai possiamo dire che l’operazione di liquidità a tre anni effettuata dalla Bce è passata senza alcun effetto sui mercati. Le Borse sono sempre lì, gli spread sono sempre più in tensione, il cambio euro/dollaro è fermo, l’oro è fermo: in sostanza un non evento”. L’offerta dell’istituto di Francoforte, 489 miliardi, è stata del resto ripartita in ben 523 istituti, quindi nella media 1 miliardo a banca: “Questo era il cannone -conclude De Benedetti – Inevitabile che il suo effetto fosse deludente. Tanto più che l’afflusso massiccio delle banche che si sono messe in coda ha contribuito a evidenziare una volta di più ai mercati la gravità dei problemi del settore bancario. Non è così che si uscirà da questa crisi di fiducia. Serve ben altro”.
Serve ben altro, magari dall’Europa. È quello che pensa pure Monti, secondo il Corriere di sabato scorso: per il premier “non ci sarà una soluzione di lungo periodo sino a quando l’Europa tutta ricomincerà a fare politica economica destinata in modo specifico alla crescita”. Ah già l’Europa. Certo. Ma il problema dell’Italia non era il governo del Cav.?
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