Oggi 29 dicembre, il Presidente del Consiglio Mario Monti tiene la conferenza di fine d’anno. L’atmosfera è migliore del previsto, in quanto l’asta dei Bot di ieri è andata abbastanza bene (dato il contesto generale). I mercati, però, sono più volubili delle belle donne e non è detto che l’asta dei Btp di questa mattina confermi gli esiti di quella di ieri. Spieghiamo perché soffermandoci unicamente sulle determinanti principali (sono numerosissime e si intrecciano tra loro).



In primo luogo, occorre tenere presente che per il resto del mondo quello attualmente in carica non è un governo “tecnico”, ma una “grande coalizione” all’italiana sotto le guisa di “tecnici” in gran parte marcatamente “di area” che fanno riferimento ai tre principali gruppi politici dell’inusuale “rassemblement”: il Pdl, il Pd e il “terzo polo”. Differisce da una “grosse koalition” alla tedesca perché quale che sia l’attuale rappresentanza parlamentare, le forze politiche alla base della coalizione rappresentano non più del 60% dell’elettorato (secondo gli ultimi sondaggi). In quanto a peso elettorale proporzionale, quindi, hanno una forza più o meno pari a quella del centro-sinistra negli anni Ottanta. Dunque, la durata e, soprattutto, la capacità di dare indirizzo all’esecutivo dipendono dai rapporti tra i tre “soci” alla base di una “grande coalizione” con una base di supporto popolare non vastissima.



In questi giorni, nonostante alcune prese di posizione a fini mediatici, la “grande coalizione” all’italiana pare più coesa del solito per due ragioni: a) sondaggi elettorali che danno in crescita uno solo dei “soci” (il “terzo polo”); b) l’intenzione di tutti e tre i “soci” di avere un capro espiatorio (il governo “tecnico”ora in carica) quando si andrà alle urne. Le prospettive di stabilità, per quanto precaria e relativa, non possono che piacere ai mercati.

In secondo luogo, un’abile campagna di “persuasione occulta” ha preparato il Consiglio dei ministri di ieri, sollevando aspettative che un programma di crescita fosse effettivamente in fase avanzata di cottura. Lo stesso Corriere della Sera ha presentato come scoop un documento sul riscatto del debito che è stato discusso in seno al Cnel il 9 novembre scorso (e distribuito a fine ottobre) e che altri organi di stampa – Avvenire e Milano Finanza, oltre a ilsussidiario.net– hanno ampiamente dibattuto nelle ultime settimane. Dato che i mercati sono interessati alla crescita come strumento essenziale per ridurre il peso del debito (l’aumento della pressione fiscale ha effetti caduchi e, di solito, le manovre dirette alle entrate preludono a nuove manovre di aggiustamento della finanza pubblica), sta adesso al governo e alla “grande coalizione” all’italiana essere all’altezza delle aspettative sollevate. Altrimenti i mercati puniranno con una severità pari ai voti moderatamente buoni dati in base alle attese.



La carne messa al fuoco durante il Cdm è moltissima: liberalizzazioni, infrastrutture, revisioni delle regole catastali e via discorrendo. Forse troppa perché si corrisponda a quanto promesso e si avvii un effettivo processo di crescita. Non solo è essenziale essere selettivi, occorre anche mettere nel menu ciò che nessuno osa dire per timore di toccare mostri sacri: incidere nel negoziato europeo in corso sul futuro dell’eurozona e riuscire a rimettere in linea quello che è “il prezzo dei prezzi”.

Ilsussidiario.net lo ha già scritto il 24 dicembre: non si esce dalla crisi se non si ha un tasso di cambio che meglio dell’attuale rifletta sia la parità interna di potere d’acquisto, sia la scarsità di valuta di un Paese che da anni ha un disavanzo della partite correnti pari al 4% del Pil. Abbiamo un cambio sovrapprezzato a ragione di un serio errore tecnico commesso nel novembre 1989. Ammettiamolo una volta per tutte e poniamo il tema al centro della trattativa.