«L’aumento del prezzo della benzina è dovuto principalmente alla manovra fiscale, perché ormai in questo settore la speculazione è molto limitata, quindi è necessario che in qualche modo i consumatori si mettano il cuore in pace: la benzina non costa molto perché le compagnie petrolifere vogliono guadagnarci sopra, ma perché la manovra ha decisamente aumentato le accise e portato quindi il prezzo della benzina in Italia a un livello che è oramai il più elevato in Europa». A spiegarlo a Ilsussidiario.net è Gianmaria Martini, professore di Economia politica all’Università di Bergamo.



Nonostante la tregua avvenuta nei giorni di Natale, la fine dell’anno sarà caratterizzata da una nuova batosta per gli automobilisti italiani, con il prezzo della benzina che raggiunge nuovi livelli da record, arrivando a 1,722 euro al litro negli impianti Eni, che ha aumentato i prezzi raccomandati di benzina e diesel rispettivamente di 1 centesimo e 0,5 centesimi, mentre oggi a livello Paese il prezzo medio praticato dalla benzina va da 1,716 euro/litro degli impianti Shell a 1,722 di quelli Eni. Il professor Martini ci spiega che «questo è dovuto alla manovra fiscale, e le variazioni quotidiane del prezzo della benzina rappresentano le oscillazioni che il prezzo subisce per effetto del costo del greggio. Si possono eventualmente incolpare distributori e compagnie petrolifere, perché con il meccanismo che utilizzano gli aumenti si risentono subito sul pieno, mentre un calo delle quotazioni del petrolio arrivano sul prezzo finale con grande rilento. Questo si può considerare un comportamento opportunistico su cui si potrebbe sorvegliare maggiormente, ma stiamo comunque parlando di aspetti marginali. La questione principale resta sempre quella della componente fiscale, che porta in questo momento l’Italia ad avere un prezzo del carburante più elevato d’Europa».



Il professor Martini è convinto che questa situazione debba per forza «portare i consumatori a capire che la tendenza sarà sempre quella di un aumento del prezzo della benzina, quindi  dovranno inevitabilmente riconsiderare la cultura e le proprie abitudini rispetto alla mobilità: innanzitutto riconsiderare l’utilizzo dell’automobile, e successivamente, qualora sia proprio necessario utilizzarla, soprattutto fuori dalle grandi città, è necessario convergere su automobili che permettano di utilizzare fonti di energia differenti dalla benzina, con la speranza che molte case automobilistiche producano nei prossimi anni molte citycar con motore elettrico con un’autonomia di circa 150 chilometri, che potrebbero rappresentare una valida alternativa per chi ha la reale necessità di utilizzare la macchina».



In estrema sintesi, conclude Martini, «il problema della benzina in Italia non è assolutamente da attribuire ai soggetti privati. Se questo poteva essere vero quindici o venti anni fa, oggi non è più così, anche se ci sono ancora tanti distributori, più che in molti altri paesi. E la vera grande scommessa, su cui sarà necessario prima o poi riflettere, consiste nel modificare le proprie abitudini riguardo la mobilità, soprattutto nelle grandi città, magari prendendo come modello qualche altro Paese europeo, come l’Olanda o la Germania, dove l’utilizzo della bicicletta è molto più ampio e dove anche il trasporto pubblico è adeguato alle esigenze dei cittadini».

 

(Claudio Perlini)