Pensionati e dipendenti costretti a pagare due volte per l’incremento delle accise sui carburanti introdotto dalla manovra Monti. A spiegarlo a Ilsussidiario.net è Gianmaria Martini, professore di Economia politica all’Università di Bergamo. Sommando i rincari di accise e Iva, l’aumento sul prezzo dovrebbe essere pari a 10 centesimi al litro per la benzina verde, 13,6 centesimi per il gasolio e 2,6 centesimo per il Gpl. Come sottolinea il docente, “tutte le volte che si introduce una tassa sul consumo si crea un cuneo tra la disponibilità a pagare dai parte dei consumatori e la loro possibilità di farlo realmente. Quindi tutte le tasse sul consumo sono tendenzialmente negative”.



Qual è quindi il motivo per cui la manovra Monti ha introdotto l’aumento dell’accisa sulla benzina, cui si aggiunge anche quello dell’Iva? Per Martini, “la causa è l’elevata evasione fiscale sui redditi da lavoro, che a portato a preferire la via della tassazione indiretta. L’aumento delle imposte indirette, come Iva, accise e tassa sul tabacco, è introdotto infatti perché su queste ultime l’evasione fiscale è impossibile. Chi non evade le imposte sul reddito sono infatti i pensionati e i lavoratori dipendenti, perché sono tassati alla fonte”. E così queste due categorie sono tassate il doppio rispetto alle altre. Come sottolinea l’esperto, “dal punto di vista dell’equità, la manovra Monti avrebbe dovuto restituire qualche punto percentuale sulle aliquote Irpef a lavoratori dipendenti e pensionati, cosa che non è stata fatta. Il recupero dell’evasione attraverso le imposte indirette come le accise sulla benzina quindi non è equo nei confronti di chi non evade le tasse, e cioè appunto i dipendenti e i pensionati”.



Il professor Martini ammette che il governo è stato in qualche modo costretto a prendere queste misure: “In un contesto caratterizzato da una crisi così grave del bilancio dello Stato e della finanza pubblica, chi dovrà subire questa parziale ingiustizia sarà anche disposto ad accettare un sacrificio, sperando che in futuro si riesca comunque a recuperare l’enorme evasione che è il vero problema italiano”.

Secondo Martini, “l’incremento del prezzo della benzina ha però anche un altro effetto, in questo caso positivo per il benessere collettivo: quello di ridurre il consumo e quindi anche l’inquinamento. I cittadini infatti quando il prezzo del carburante sale, prendono seriamente in considerazione l’ipotesi di utilizzare altri mezzi. Poi non è detto che lo facciano, almeno nell’immediato. Io stesso per fare un esempio, che devo spostarmi per lavoro, sto valutando di passare ai mezzi pubblici, e in autostrada vado più piano perché così consumo di meno. È quindi evidente che il prezzo produce delle conseguenze sui comportamenti. È sufficiente osservare quanto sta avvenendo in questo momento nelle grandi città, dove comunque la gente è costretta a utilizzare altri mezzi, perché per esempio nell’intera zona di Milano i diesel euro 3 non possono circolare. L’incremento delle accise quindi è comunque una misura che ci porta a pensare che in futuro dovremo creare un sistema di trasporti diverso da quello attuale”.



 

(Pietro Vernizzi)