Il senatore Mario Baldassarri, un economista che è stato un pupillo del premio Nobel Franco Modigliani, guarda con una certa apprensione alla manovra che Mario Monti potrà “sfoggiare” domani al vertice del Consiglio europeo che si terrà a Bruxelles. E la giudica un intervento “tampone”, con il rischio che diventi una “manovra dimezzata”.



Senatore, come le sembra nel suo complesso questa manovra?

Non c’è dubbio che in questa manovra prevalgono le tasse e, quindi, non può di certo far crescere l‘economia italiana. Direi sostanzialmente che il primo punto ispiratore del governo Monti, quello del rigore, è stato ampiamente rispettato. Ora, però, a questa “locomotiva” del rigore bisogna agganciare il vagone dell’equità e, soprattutto, quello della crescita. È senza dubbio positivo che questo “intervento tampone” abbia convinto i mercati, che sinora hanno risposto bene. Ma non possiamo assolutamente fermarci a questo punto.



Lei ha sempre promosso e suggerito politiche di tagli, lotta agli sprechi e, soprattutto, dismissioni del patrimonio immobiliare pubblico. Cose di cui in questa manovra non c’è traccia.

Infatti, da questo punto di vista, mi viene da pensare che più che la prima manovra di Monti, questa sia una nuova manovra di Tremonti. A mio parere, occorreva istituire il “Fondo immobiliare italiano”, dove far conferire le proprietà pubbliche. Questo fondo potrebbe valutare bene le dismissioni, emettendo azioni e nel tempo collocare sul mercato il patrimonio immobiliare. Facciamo il caso di una caserma inutilizzabile che può diventare un grande albergo. Una simile operazione farebbe acquistare valore e alla fine si potrebbero convertire le azioni del fondo in titoli di Stato. È questo, a mio modo di vedere, il mezzo migliore per reperire risorse. Poi ci sono i tagli da fare e qui il discorso va precisato bene.



In che senso?

Si continua a parlare di taglio dei costi della politica. Se noi dimezzassimo i parlamentari e allo stesso tempo i loro stipendi, riusciremmo a risparmiare 600 milioni di euro. Se abolissimo le Province, ricaveremmo un miliardo e mezzo di euro. Ma se noi tagliassimo i cosiddetti consumi intermedi, quelli che la Pubblica amministrazione continua imperterrita a fare, si risparmierebbero 50 miliardi di euro di sprechi e malversazioni. Questo è quindi il vero punto su cui si deve tagliare. È su questa spesa che ha una voce annua di 150 miliardi di euro che occorre intervenire. Se ci limitiamo a parlare degli stipendi dei deputati e dei senatori gettiamo solo fumo negli occhi dei cittadini.

Ritiene che la manovra vada corretta?

No, non è possibile perché si allungherebbero i tempi. La manovra va vista come un “tampone” a una situazione che ci stava portando al tracollo. Al momento occorre vararla al più presto, in modo che l‘impatto positivo già avuto sui mercati continui. Ma certo non si deve dimenticare il resto, cioè l‘equità e la crescita, altrimenti ci troveremmo con una manovra “dimezzata”.

 

C’è però il problema della deindicizzazione delle pensioni che sta pesando come un macigno, non solo per i sindacati, ma per quasi tutte le forze politiche.

 

È vero, questo è un problema che a mio avviso occorre sistemare. Indubbiamente l‘intervento sul sistema pensionistico, con il passaggio al contributivo per tutti, attraverso il pro-rata, è un passo importante che bisognava fare già ai tempi della riforma Dini. La deindicizzazione è invece un pugno nello stomaco se si considera il principio di equità.

 

Che cosa si aspetta dal vertice del Consiglio europeo che inizia domani a Bruxelles?

 

Al proposito mi permetta di essere piuttosto lapidario: spero solo che l‘Europa rinsavisca.

 

(Gianluigi Da Rold)