Abolire le Province rischia di fare lievitare i costi degli enti pubblici invece di ridurli. È quanto emerge dalla ricerca “Una proposta per il riassetto delle Province”, realizzato dal Certet Bocconi e presentato nel corso dell’Assemblea annuale dell’Unione delle Province Italiane che si è svolta ieri a Roma. Ilsussidiario.net ha contattato Lanfranco Senn, coordinatore scientifico dello studio e direttore di Certet. Per il professore della Bocconi, «uno dei motivi per i quali togliendo le funzioni alle Province e trasferendole ai Comuni i costi rischiano di aumentare, è il fatto che l’efficienza dei secondi, cioè l’incidenza della spesa di gestione sul totale delle spese correnti, è superiore a quella delle prime. Questa incidenza è pari al 32% per i Comuni e al 26% per le Province. Il che vuol dire che costa di meno attribuire le stesse attività alle Province piuttosto che ai Comuni».



Per Lanfranco Senn, «esistono dei forti dubbi anche sulla reale possibilità di una riduzione dei costi trasferendo le competenze dalle Province alle Regioni. I costi del personale nelle Regioni sono infatti più alti. Occorre tenere conto del fatto che non si possono eliminare le attività o i servizi, ma bisogna semplicemente spostarli da un ente amministrativo all’altro. Il personale delle Province che andrebbe a lavorare in Regione avrebbe diritto a degli aumenti di stipendio, con la conseguenza di un aumento di costo invece che di una diminuzione». Nelle Province poi «il costo dell’amministrazione, cioè delle attività di gestione e di controllo, è pari all’1,4% del totale delle spese correnti. È una cifra decisamente ridotta, in assoluto la più bassa in termini percentuali rispetto al totale delle amministrazioni decentrate. Sul totale di Regioni, Comuni e Province, queste ultime pesano solo per il 4,5%, quindi molto poco».



Come sottolinea il direttore Certet, «è difficile immaginare che tutte le attività svolte dai dipendenti delle Province, pari ad alcune decine di migliaia di persone, possano essere coperte senza cambiamenti di organico da parte delle Regioni e dei Comuni».

Per Senn quindi «ci sono servizi alla persona e alla viabilità che non potrebbero essere svolti da altri soggetti. Sarebbe quindi necessario affidarli a ex dipendenti provinciali, che passano ad altre amministrazioni, oppure formare da zero i dipendenti regionali, che hanno comunque anche altri compiti da svolgere, in modo che possano occuparsi anche della viabilità. Escludo che senza trasferimento di personale si possano gestire le stesse attività da altre amministrazioni. In aggiunta, siccome si parla di alcune decine di migliaia di dipendenti delle Province, con un taglio troppo repentino rischierebbero di restare disoccupati. Anche risparmiando sui conti pubblici, si creerebbe così un problema sociale colossale».



Come sottolinea il professore della Bocconi, «la prima delle proposte presentata dal Certet è quindi quella di rendere più efficienti le Province che non lo sono abbastanza. È vero infatti che all’interno esistono differenze notevoli tra l’una e l’altra in base al territorio nazionale. Si tratta quindi di far muovere le Province poco efficienti verso i livelli di efficienza di quelle più virtuose. E in questo caso si potrebbero risparmiare fino a 540 milioni l’anno. In secondo luogo c’è un problema di riordino delle funzioni. I compiti fondamentali svolti dalle Province non si possono certo abolire, ma tutt’al più trasferire. E poi esistono altre attività, il cui peso è pari circa a un sesto di quelle fondamentali, che potrebbero essere riallocate e riordinate. Evitando così i doppioni e specializzando i vari enti locali e le amministrazioni pubbliche. Il terzo suggerimento è quello di riaccorpare le Province troppo piccole, in modo tale che si possa arrivare a raggiungere delle economie di efficienza e di scala, sulla base di 350mila abitanti per ogni ripartizione territoriale».