Domani a Bruxelles prenderà il via un vertice di due giorni del Consiglio europeo che esaminerà la situazione dell’Eurozona e le possibili soluzioni alla crisi che la attanagliano. Mario Monti si presenterà forte della manovra varata domenica, che ha l’obiettivo di garantire l’azzeramento del deficit nel 2013. Ma le vere decisioni sul destino dell’euro restano salde nelle mani di Nicolas Sarkozy e, soprattutto, di Angela Merkel. È sempre più quest’ultima, infatti, a guidare il direttorio franco-tedesco dell’Europa e Berlino non sembra intenzionata a fare sconti a nessuno. Infatti, come ci spiega Joachim Starbatty, Professore emerito di economia politica all’Università di Tubinga, «la Germania non è responsabile delle difficoltà dei singoli Paesi».



Professore, l’Eurozona appare in difficoltà. Secondo lei, l’euro sopravviverà?

 

C’è una frattura nell’Unione monetaria europea: da una parte i sei paesi “a tripla A“ (Germania, Finlandia, Francia, Lussemburgo, Olanda e Austria) e dall’altra i restanti paesi. Di questi ultimi, già tre hanno dovuto cercare rifugio nel fondo di salvataggio – Grecia, Irlanda e Portogallo – e ci si può aspettare che altri due – Spagna e Italia – vi debbano ricorrere. Così l’entità del fondo di salvataggio diventa insufficiente, anche dopo il suo innalzamento. La conseguenza è che l’euro sopravviverà solo parzialmente, se i Paesi a “tripla A” si staccheranno.



 

Pensa che i problemi dell’euro siano nati con la questione greca oppure che ci siano stati degli errori già nella nascita della moneta unica?

 

Le difficoltà dei Paesi debitori sono sorte mentre essi facevano parte dell’Eurozona. Se fossero rimasti fuori dall’euro, avrebbero dovuto pagare tassi d’interesse più alti, non ci sarebbe stata nessuna bolla immobiliare e avrebbero potuto svalutare in proporzione alla loro declinante capacità competitiva. Nel 1995, cioè prima dell’entrata nell’Unione monetaria, l’Italia aveva una quota del 6,5% del commercio mondiale, quota che si è ridotta al 2,8% nel 2010. Si sono così persi anche molti posti di lavoro nelle imprese esportatrici.



A proposito di Italia, cosa pensa della sua situazione? Sarà capace di sistemare i propri conti pubblici e di resistere alle tensioni sui propri titoli di stato?

La situazione dell’Italia è critica, soprattutto per la sua perdita di competitività internazionale. Se l’Italia finisce sotto “l’ombrello” del fondo di salvataggio, i creditori privati verranno sostituiti da quelli statali, e l’Italia affonderà ancor più nella trappola del debito. Il risanamento del bilancio italiano attraverso l’aggravamento dell’imposizione fiscale e la riduzione della spesa, invece, porterebbero l’Italia in recessione. Non si può dire se questo porterebbe a scioperi e conflitti come in Grecia, ma non lo si può neppure escludere.

 

Riforma del ruolo della Bce, Eurobond, intervento del Fmi, Unione fiscale a livello europeo: in queste settimane sono tante le ipotesi che si sono rincorse per cercare di risolvere la crisi. Cosa ne pensa?

 

Tutte queste ipotesi o terapie non possono eliminare il problema fondamentale dei Paesi debitori, la perdita nella loro capacità di competere a livello internazionale. L’Economist ha scritto sulla Grecia: “L’economia moribonda della Grecia non ha nessuna speranza di poter competere”. Nessuna delle ipotesi citate può fornire ai paesi in difficoltà un modello di business durevole. Questi Paesi possono recuperare la capacità di competere sul piano internazionale solo uscendo dall’Unione monetaria e svalutando le proprie monete nazionali.

 

Se la crisi dovesse aggravarsi, le ipotesi sono tre: potrebbe nascere un nuovo euro con Germania e altri paesi del nord Europa; solo la Germania uscirebbe dall’euro; tutti i paesi tornerebbero alle loro monete nazionali. Quale pensa sarebbe la migliore?

 

Sui mercati si discute spesso di un possibile crollo dell’euro. Il Financial Times, in particolare, ne scrive frequentemente. La cosa più probabile sarebbe un raggruppamento dei sei Stati a “tripla A”. Se fosse la Germania ad abbandonare l’Eurozona, il risultato sarebbe lo stesso, perché gli altri Stati a “tripla A” la seguirebbero. Per ragioni politiche, tuttavia, sembra escluso che sia la Germania a prendere l’iniziativa. Se fosse la Francia a uscire, il risultato non cambierebbe. Se invece fosse la Grecia a tornare alla dracma, altri Paesi si ritirerebbero probabilmente dall’euro. Ma anche questo finirebbe per dar luogo a un’Eurozona dei sei stati a “tripla A”.

 

Se l’euro crollasse, cosa accadrebbe alla Germania?

 

Il crollo dell’euro scatenerebbe una crisi finanziaria ed economica mondiale. Se il superamento di questa crisi non avvenisse contro le leggi dell’economia, l’economia mondiale potrebbe riprendersi nel giro di due o tre anni. Quella tedesca, fortemente indirizzata all’esportazione, sarebbe colpita duramente, ma la Germania trarrebbe particolari vantaggi da una ripresa del commercio mondiale.

 

Senza l’euro o con gli altri partner europei (Francia e Italia in particolare) in crisi, quali sarebbero le conseguenze per l’export della Germania?

Se l’Italia o la Francia uscissero dall’Eurozona e svalutassero, gli esportatori tedeschi dovrebbero rivedere almeno in parte le loro strategie.

 

Si dice che il crollo dell’euro porterebbe a grandi problemi e costi dato che crediti, debiti, valori dei titoli di stato sono espressi in euro. Cosa ne pensa?

 

Il crollo dell’euro o una sua divisione sarebbero una fine paurosa, sì, una fine con un grande shock. Ma l’attuale politica di salvataggio, che in realtà corrisponde a una dilazione del fallimento degli Stati, sarebbe uno shock sempre più grande e senza fine.

 

Gli altri paesi sembrano guardare alla Germania come leader dell’Europa e quindi la incolpano della situazione critica che tutta l’Eurozona affronta. Accusandola anche di eccessivo “egoismo”, di mancanza di “spirito europeo”. In Germania si sentono queste “proteste” che vengono dagli altri partner?

 

La Germania non è responsabile delle difficoltà dei singoli Paesi. I responsabili sono la costruzione sbagliata dell’euro e la politica del denaro a buon mercato della Banca centrale europea. L’accresciuta capacità competitiva della Germania – soprattutto grazie a sindacati pienamente responsabili – consente alla Cancelliera di tenere una posizione forte. Le soluzioni proposte (gli Eurobond e la Bce come finanziatrice dei deficit statali) non risolvono i problemi dell’Eurozona (di un’Eurozona divisa), bensì trascinano anche la Germania nella palude dei debiti. Perciò la Cancelliera dice “no” a queste proposte, anche se ci si può chiedere fino a quando dirà “no”.

 

(Lorenzo Torrisi)

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