La tassa sulla prima casa, ex Ici e ora Imu, continua a essere al centro del dibattito politico, in vista dell’approvazione della manovra anti crisi del governo Monti. Una tassa che, insieme alla riforma delle pensioni, colpirà milioni di famiglie italiane. In molti hanno già lanciato un grido di allarme: si rischia di portare sotto la soglia della povertà milioni di famiglie. Per scongiurare questo pericolo, ci si sta muovendo con richieste di cambiamenti in merito alla tassa sulla prima casa. Tra i molti che si sono attivati c’è Il Forum delle associazioni familiari, che ha chiesto che l’Imu venga alleggerito mediante un diretto collegamento e calcolo in base al nucleo familiare. IlSussidiario.net ha chiesto direttamente a Francesco Belletti, Presidente del Forum delle associazioni familiari, di spiegare la loro proposta e perché è così necessario arrivare a rivedere quanto ha deciso il governo nella sua manovra
Belletti, ci spieghi il significato della vostra proposta.
La nostra richiesta è un passaggio doveroso e necessario. In sostanza, chiediamo una detrazione maggiore per i nuclei familiari numerosi. Il bene casa infatti è inevitabilmente commisurato alla famiglia, quindi 100 metri quadri sono un bene di lusso se ci abitano dentro due persone, ma se ci vivono in sei sono a malapena sufficienti.
Nei giorni scorsi si era proposto di alzare la franchigia dell’esenzione Ici-Imu sulla prima casa dai 200 euro attualmente previsti ad almeno 300. Pensa sia una misura sufficiente?
No, perché è solo commisurata al livello di reddito. Il problema è che in Italia nelle politiche, parlando di equità, non viene mai introdotto il carico familiare. Se invece si introdurrà un fattore famiglia come lo chiamiamo noi o una detrazione commisurata agli effettivi membri della famiglia finalmente entreremo in una logica di cui ha bisogno il Paese.
Quale?
Quella di sostenere le famiglie con figli o coloro che hanno altri carichi familiari.
Secondo lei, dunque, come dicono in molti, la manovra Monti non ha preso in considerazione il fattore famiglia?
Assolutamente no: questa manovra ha tradotto semplicemente la parola famiglia con le singole categorie. E cioè: sostegno per le donne e per i giovani, i quali sono ovviamente interventi necessari, ma se non sono tradotti con una politica familiare diventano vecchi. Diventano vecchi modelli di welfare scandinavo che oggi anche i Paesi scandinavi non stanno più utilizzando.
Che cosa allora è importante che si faccia, per cambiare questa situazione?
C’è oggi una sfida culturale che questa manovra rende evidente e necessaria più che mai. Con tutti gli atti che il Paese dovrà assumere nei prossimi mesi bisogna pensare le politiche secondo le dimensioni familiari. Anche perché non riusciamo altrimenti a proteggere quella grande massa di famiglie sulla soglia della povertà che rischiano di venire buttate sotto tale soglia proprio da queste manovre.
Le risulta che grazie all’introduzione dell’Imu un milione e 600mila famiglie andranno a finire sotto la soglia di povertà?
Sono numeri difficili da ricostruire senza le banche dati che ha a disposizione il governo. È piuttosto credibile che l’impatto si scatenerà proprio sulle famiglie, in particolare quelle che hanno investito molti dei loro risparmi futuri sul bene casa. Si colpisce uno dei motori fondamentali che ha il Paese, la capacità di risparmio, di accantonamento e di investimento sul futuro delle famiglie.
Che cosa avrebbe e potrebbe fare il governo per rimediare a questa situazione?
È una situazione estremamente grave. Probabilmente non si poteva non mettere mano all’Ici, ma avremmo preferito misure più forti sui costi della politica e sui redditi più alti anziché una manovra generalizzata sul bene casa che colpisce l’80% delle famiglie italiane. Però anche in questa situazione si può introdurre un fattore famiglia che migliora l’equità della manovra.