Buongiorno. Comunque andrà a finire, l’Immacolata del 2011 sarà ricordata come un grande giorno. E speriamo che la mano di Dio protegga l’Europa nel giorno delle scelte. Almeno quattro, destinate a condizionare il futuro di tutti noi e pure delle generazioni a venire. Troppa enfasi? Per fortuna, a differenza che in un passato meno remoto di quanto non appaia alla nostra memoria, le scelte cruciali pesano dalla mano dei banchieri e non delle armi, convenzionali o meno. C’è chi si lamenta di questo, sostenendo che l’arma dello spread ha oggi la stessa funzione dei carri armati sovietici o del Terzo Reich: fosse così (e ci sarebbe molto da obiettare) sarebbe comunque un grande passo in avanti a vantaggio delle vittime della storia.
Ma che cosa è in palio oggi a Bruxelles, con appendice a Francoforte (direttorio della Bce) e Londra (decisioni dell’Autorità bancaria europea sul capitale delle banche)? In buona sostanza, la famiglia europea dibatte le condizioni per continuare a stare assieme. Non meno importante, la possibilità di presentare una propria ricetta culturale e politica di fronte al resto del pianeta dove la democrazia, spesso, è un optional. La libertà di coscienza e d’espressione è un pericolo che la democrazia potrebbe spegnere con più violenza delle dittature: ultimo esempio, l’anatema contro le opere di Naguib Mafuz nell’Egitto “liberato”. Per questo, le scelte dell’Europa rischiano di avere una portata globale che va al di là del credit crunch o della minaccia di recessione.
La prima scelta che dovrà compiere l’Europa consiste nell’imboccare il bivio giusto tra stabilità, la richiesta chiave in arrivo dalla Germania, e solidarietà, di cui è alfiere, non proprio adeguato, la Francia di Nicolas Sarkozy. Frau Merkel insiste perché l’Europa adotti standard di bilancio severi e approvi le misure necessarie per controllarne l’effettiva applicazione. La Francia subordina queste richieste alla creazione di strutture sufficienti a difendere la comunità nel suo insieme dagli attacchi esterni. Entrambe le tesi hanno fondamento: la capacità di trovare la giusta sintesi può far la differenza e dare la misura di una leadership finora mancata.
La seconda possibile frattura riguarda i 17 paesi che hanno adottato l’euro e gli altri dieci che fanno parte dell’Ue, ma non dell’Unione monetaria. Il Regno Unito, in particolare, teme che criteri fiscali comuni nell’eurozona, sotto una rigida impronta tedesca, finiranno con l’isolare la via anglosassone allo sviluppo, a partire dalla leadership sulla comunità finanziaria della City. Si ripropone, in termini non cruenti, la geografia politica degli anni Quaranta, a partire da una singolare alleanza tra Londra e Varsavia, capofila dei Paesi che inevitabilmente gravitano nell’orbita economica della grande Germania, ma hanno perduto, di fronte alle difficoltà dell’economia, interesse a entrare nell’area euro. Sarà importante evitare la frattura all’interno del Vecchio Continente: l’eccezione inglese ha avuto un ruolo decisivo negli anni Quaranta del secolo passato.
Terzo, si ripropone a livello europeo un dibattito a noi ben noto: l’Europa deve essere diretta dai governi nazionali (dottrina De Gaulle) oppure c’è spazio per un’Europa più federale (dottrina tedesca)? La soluzione tedesca è l’inevitabile conseguenza di un’integrazione fiscale più stretta che toglierà spazio ai Parlamenti nazionali.
Il quarto quesito, connesso al terzo, riguarda la legittimità democratica delle strutture di controllo internazionali che detteranno la loro disciplina ai Parlamenti regolarmente eletti. Oggi, ma anche domani. Tra le garanzie chieste dalla Germania figura anche la possibilità di commissariare o, peggio, di espellere il Paese che un domani verrà meno ai principi stabiliti in questo weekend storico. È un grande sacrificio. O forse una grande conquista: l’Europa non ha ancora esaurito il suo compito di fronte all’assolutismo di stampo asiatico. È un bivio cruciale che ci riguarda tutti quanti: al di là della retorica, è il caso di stabilire se esiste un dna comune per l’Europa oppure se si preferisce giocare in ordine sparso, vendendo pezzo a pezzo parti della sovranità nazionale al comunismo di Stato cinese.
È importante smentire nei fatti le profezie di Niall Ferguson, lo storico inglese che ha così previsto gli assetti dell’Europa nel 2021: Regno Unito e Irlanda staccate dall’Ue, residenza a basso costo fiscale per ricchi cinesi; Scandinavia separata in un’area a sé; Est Europa, zona grigia di “manufacturing” a basso costo per la Germania; Use, ovvero United States of Europe federali, in cui saranno unificati mondo tedesco (base Vienna, non più Bruxelles) ed Europa del Sud. Una necessità storica per avere un peso sufficiente verso il sud del Mediterraneo, prima preoccupazione dei nuovi Crociati, chiamati a evitare l’ecatombe atomica tra Israele e mondo arabo.
L’assetto economico? Qualche trasferimento da Nord a Sud, indisciplina fiscale nel Mezzogiorno. L’Italia, assicura Ferguson, camperà abbastanza bene tra pensioni, trasferimenti fiscali, lavoro nero: il futuro dei nostri figli sarebbe fare i giardinieri per le seconde case dei tedeschi. Proviamo a immaginare un epilogo diverso. Danke.