Il vertice di Bruxelles, alla fine, ha partorito un accordo al ribasso. Non ci sarà alcun nuovo trattato, ma un accordo intergovernativo tra gli stati dell’Unione per attuare una disciplina fiscale comune e inserire nelle proprie Costituzioni norme severe sul bilancio. La Merkel e Sarkozy parlano di successo. Ma può dirsi tale se la Gran Bretagna ha deciso di sfilarsi dall’intesa? «Mi sembra che l’Unione europea sia riuscita nel miracolo di creare una nuova crisi senza risolvere la precedente», afferma, interpellato da ilSussidiario.net il giornalista economico Mauro Bottarelli. Che, illustrando i nodi principali che emergono dal documento del Consiglio europeo relativo al compromesso a 26, spiega: «sostanzialmente, si è arrivati a decidere una bozza di unione fiscale che verrà decretata ufficialmente il prossimo marzo. Non mi sembra che gli spread di Spagna e Italia, tuttavia, fossero schizzati alle stelle per problemi di questo genere». Secondo Bottarelli, quanto deciso in sede europea non darà soluzione ai problemi reali. Anzi, «si sta dando vita a un nuovo assetto fiscale che determinerà una continua e costante conflittualità tra Unione europea ed Eurozona su numerosissimi argomenti, come le regole base del lavoro o il coordinamento delle politiche fiscali».
Non solo. «In merito al Fondo salva-Stati, si è scelto di attendere sino a luglio per decidere il da farsi. Si tratta di tempi siderali per i mercati. Lo si porta, inoltre, a una disponibilità di 500 miliardi. Francamente, passando da una disponibilità di 440 non mi pare uno sforzo epocale. Né credo che 60 miliardi di euro si possano definire, come ha fatto Mario Monti, un “Firewall”, dal momento che tre quarti degli economisti europei e di chi lavora sui mercati ha detto chiaramente che per dotarsi di un argine agli attacchi speculativi, il fondo dovrebbe dotarsi di almeno di mille miliardi e mezzo di euro». Si è parlato, in ogni caso, di successo: «Sul piano formale – continua Bottarelli -, l’unica vincitrice è la Merkel. Sarkozy si è dovuto accodare, perché ha capito che da solo non avrebbe potuto fare niente. Tuttavia, si potrebbe rilevare la classica vittoria di Pirro. Resta da vedere, infatti, cosa accadrà lunedì quando i mercati avranno effettivamente digerito il documento». C’è, poi, la questione della Gran Bretagna. Che creerà non pochi problemi.
«Io penso, come avevo già scritto due anni fa, che la Gran Bretagna, nel 2012, si tirerà fuori completamente dall’Unione europea per tornare nell’Efta. L’Eurozona, con la Gran Bretagna chiamata completamente fuori, si ritroverà con una disciplina fiscale comune, politiche coordinate a livello di tassazione, ma priva del mercato finanziario principale. A meno che non si inventino Amburgo o Francoforte come la nuova City».
Londra, dal canto suo, non poteva fare altrimenti. «Cameron è stato molto onesto, e aveva detto che avrebbe posto il veto laddove le decisioni fossero andare contro l’interesse del suo Paese. Il non consentire alla City di avere uno status diverso dagli altri su determinate legislazioni, come accade per tutti i grandi centri finanziari mondiali, significa azzopparla. Siccome la Merkel e Sarkozy sono andati a Bruxelles per difendere i propri privilegi – conclude -, non si capisce perché la Gran Bretagna non avrebbe dovuto fare altrettanto».