Nessuna persona seria può sostenere che chi sgomita per avere maggiore potere in Rizzoli lo fa per la sua redditività. Passata, presente e nemmeno futura. In parte, lo stesso vale per le Generali.
Vediamo i numeri. Il deficit di redditività della Rcs (sia capogruppo che la Quotidiani) associa sia il periodo pre 2004 (era Romiti) che quello post. Il fatturato è più o meno lo stesso di sette anni fa. Come ha ricordato Alessandro Penati, dal 2004 a oggi i margini della Rcs sono stati meno della metà della media dei suoi concorrenti europei (5,6% rispetto al 13,8%) e più bassi ancora di quelli italiani (9,8% Mondadori, 6,8% Caltagirone e 13,5% Espresso), mentre la quotazione del titolo è rimasta sostanzialmente stabile a un anno (1,1 euro circa), soprattutto grazie all’aumento di valore degli ultimi giorni.
Per quanto riguarda Generali, la raccolta vita aumenta, il comparto danni è in defict (sono stati chiesti incentivi governativi), il risultato operativo cresce, ma il fatturato resta il più basso tra quelli delle grandi concorrenti europee: 70 miliardi contro i 90 di Allianz e i 97 di Axa. I costi della compagnia, tra i quali occorre considerare quello, davvero notevole, del Consiglio d’amministrazione (15 milioni), sono i più alti e il titolo è passato, in un anno, da 16,9 a 16,2 euro.
Recentemente Goldman Sachs, Ing, Credit Suisse hanno abbassato il target price. Lo ha fatto anche Equita che ha significativamente cambiato idea nel giro di pochi mesi: a novembre lo aveva alzato e a febbraio lo ha ridotto, nonostante l’uscita dei dati dei primi 9 mesi 2010 (+46% l’utile netto).
Entrambe le società sono finite nel mirino di Diego Della Valle, azionista di entrambe e che in entrambe ha scatenato, con dichiarazioni politically uncorrect, una battaglia di nervi contro il sistema che ha garantito fin qui la stabilità dei due azionariati che fanno perno, in Generali, sulla figura del presidente Cesare Geronzi, e in Rcs su quella del presidente di Banca Intesa, Giovanni Bazoli.
Contro entrambi Della Valle, che li ha definiti “arzilli vecchietti”, ha deciso di opporre una propria visione alternativa del business. Cioè: secondo il proprietario della Tod’s, sia Generali che Rcs sono ingessate nel loro sviluppo proprio da un sistema di comando pletorico, che blocca iniziative e decide investimenti con criteri del tutto avulsi dalla necessità di tornare a far crescere il business caratteristico.
Per quanto riguarda Generali, che oggi riunisce il Consiglio d’amministrazione, questa impostazione è condivisa da molti. Primo fra tutti Leonardo Del Vecchio, fondatore della Luxottica, che si è rumorosamente dimesso dal Cda dopo che il presidente Geronzi aveva disegnato, in un’intervista a un giornale straniero, le prossime mosse della compagnia senza avere il mandato dell’organo di governo. Ma è condivisa anche da quella pattuglia di investitori veneti raccolti nella finanziaria Effeti, che, insieme a Ferak, detiene circa il 4% del Leone e che è controllata da imprenditori e finanziari veneti capitanati da Enrico Marchi.
Se Della Valle, in attesa che esponga quali sono le sue opinioni sul futuro della compagnia, volesse coagulare il fronte delle opposizioni a Geronzi, troverebbe nella finanziaria veneta una sponda importante e in Giovanni Perissinotto, Ceo del gruppo e amico di vecchia data di Marchi, l’uomo da far crescere.
Ma il punto resta, appunto, che Della Valle, per il momento, oltre a qualche dichiarazione, a qualche intervista e a un’evidente insofferenza, non ha spiegato in che cosa consisterebbe questa “visione alternativa” per il futuro delle Generali. Fino a quando non lo spiega le sue uscite rischiano di essere catalogate tra quelle di chi vorrebbe ma non può.
www.marcocobianchi.wordpress.com