Il “semestre europeo” è iniziato in sordina – almeno a giudicare dalla scarsa eco che al tema dedica la grande stampa. Si tratta, invece, di un’innovazione non di procedura ma di metodo nel “fare politica economica”, quanto meno nell’area ormai denominata giornalisticamente “l’eurozona”. Dagli esiti dell’innovazione dipenderanno, in gran misura, i modi e i tempi in cui l’eurozona uscirà dalla crisi finanziaria che la attanaglia dal 2007 e, soprattutto, se l’eurozona resterà quella che conosciamo oggi o se dovrà essere modificata – ad esempio, con l’uscita di alcuni Stati membri oppure con l’adozione di un’area a cerchi concentrici, e a differenti velocità.



L’innovazione forte del “semestre europeo” è la preparazione e approvazione congiunta e parallela, in tutti gli Stati dell’area, sia del Programma di Stabilità Finanziaria (Psf) sia del Programma Nazionale di Riforme (Pnr). Quindi, gli obiettivi e le strategie di riassetto della finanza pubblica vengono coniugati con obiettivi e strategie di riforme economiche, necessari per la crescita e per una migliore distribuzione dei suoi frutti.



Dato che ciò avviene parallelamente in tutti gli Stati (ora 17 dell’area) armonizzando le tempistiche delle procedure parlamentari, nonché sulla base di un’analisi sul potenziale di crescita condotto dalla Commissione Europea e diramato all’inizio dell’anno, ciò dovrebbe promuovere politiche economiche convergenti e, quanto meno, non divergenti o addirittura contrastanti.

Partire bene con il “semestre europeo” è necessario per due ragioni: da un lato, se ci sia avvia con il piede sbagliato c’è il pericolo che l’intero assetto, in questi mesi traballante, possa avere danni irrimediabili; da un altro, come esaminato il 18 febbraio su queste pagine, sul “semestre” 2011 incombe un “patto” franco-tedesco denominato “per la competitività” che potrebbe mettere in serie difficoltà Stati come l’Italia (imponendo massicce misure di finanza straordinaria o il rischio di pesanti penali).



Abbiamo cominciato con il piede giusto? È difficile dare una risposta netta. Da un lato, il Consiglio dei Ministri ha approvato il 5 novembre scorso, sulla base del lavoro coordinato dall’allora Ministro per le Politiche Europee, un Pnr. Il documento, come peraltro quelli presentati da gran parte degli altri Stati dell’eurozona, non è stato accolto con soddisfazione dalla Commissione europea, il cui documento sulla crescita potenziale avrebbe dovuto precedere non seguire i Pnr dei singoli Stati.

 

Si è posto, quindi, il problema dell’aggiornamento del documento. La normativa italiana (legge 11/2005, conosciuta come Legge Buttiglione dal nome del titolare dell’incarico quando è stata varata) affida il compito al Ciace (Comitato Interministeriale per gli Affari Comunitari – un comitato di Ministri) e ai suoi supporti tecnici (il Dipartimento delle Politiche Europee presso la Presidenza del Consiglio e dirigenti nominati dagli altri Ministri che compongono l’organo).

 

In effetti, una delega (pare informale) sarebbe stata data dal Ministro ad interim da metà dicembre (Silvio Berlusconi) al Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef). Il Mef dispone di una strumentazione econometrica per simulare non solo andamenti macroeconomici, ma anche effetti di politiche di riforme: la documentazione è stata messa on line sul Social Science Research Network il 7 marzo; è riassunta nel paper “Macroeconomic Modelling and the Effects of Policy Reforms: An Assessment For Italy Using Item and Quest” Government of the Italian Republic (Italy), Ministry of Economy and Finance, Department of the Treasury Working Paper No. 1 di cui sono autori dirigenti del Mef e docenti all’Università di Roma La Sapienza. Dal prossimo anno, a ragione di una modifica alla legge 11/2005 in corso di discussione in Parlamento, tanto il Psf quanto il Pnr saranno probabilmente nelle mani di un unico conducente: il Mef.

I tempi stringono: il Pnr è atteso a Bruxelles a metà aprile, ma i contenuti delle politiche di stabilità e riforma verranno già discussi in un Consiglio straordinario dei Capi di Stato e di Governo il 24 marzo. Prima del varo, inoltre, il Pnr richiede le “osservazioni e proposte” del Cnel, consultazioni con le parti sociali e risoluzioni da parte del Parlamento.

 

L’Italia ha urgente bisogno di un programma per riprendere a crescere. In mancanza di un documento ufficiale del Governo, oggi il Cnel esaminerà un documento di 15 pagine in cui le “osservazioni e proposte” sono essenzialmente auspici di ciò che dovrebbe essere contenuto nel Pnr. Le Commissioni Bilancio di Camera e Senato si stanno orientando nello stesso senso, forti dello stimolo dell’Intergruppo Europa 2020, composto di 70 deputati e con un braccio tecnico, l’Osservatorio per la Crescita e l’Occupazione in Europa.

 

È un quadro in cui in sostanza si confida molto nella buona volontà e nello stellone italico per la buona sorte- un po’ da Noi speriamo che ce la faremo. Merita di essere seguito con attenzione, non trascurato come, sui media, avviene da settimane.