Si parte. Come previsto, infatti, oggi le autorità monetarie dei Paesi Ue distribuiranno l’elenco delle banche interessate agli stress test e gli scenari macro individuati per la simulazione. Il mese prossimo il quadro si completerà con i principi generali di metodo da adottare per far dimenticare l’esito imbarazzante del primo esame: solo 7 istituti bocciati su 91, tra cui nessuna banca irlandese, comprese quelle che pochi mesi dopo avrebbero richiesto un gigantesco salvataggio di Stato da cui Dublino non si rimetterà tanto presto.



E sarà, quello della metodologia, il punto chiave per giudicare la serietà di intenti da parte di tutti i protagonisti: è necessario che siano adottati metodi comuni, in modo da individuare le terapie più adeguate. Per questo, c’è molta attesa sulle scelte della European banking authority (Eba) cui tocca guidare la prova per misurare il vero grado di resistenza delle banche agli shock, una missione benedetta dall’Eurogruppo che ha deciso di istituire “regolari e rigorosi stress sulle banche, coordinati a livello europeo”, insieme con il monitoraggio, in ogni Paese, del livello del debito privato di banche, famiglie e imprese non finanziarie.



A sottolineare l’urgenza e l’importanza di questo esame ci si è messa l’ennesima bocciatura di un debito sovrano: è toccato al Portogallo, punito da Moody’s , che ha dovuto pagare per collocare il proprio debito un rendimento del 4,30%, 28 bp in più della vigilia, anche se assai meno della punta di dicembre (5,30%).

Per capire quanto possa impattare il saliscendi delle emissioni di un debitore dell’area euro sui conti bancari basti dire che, a differenza di un anno fa, gli stress test dovrebbero prendere in considerazione un aumento di 75 punti base nei redimenti a lungo termine dei bond governativi dell’eurozona, evento che costringerebbe le banche a svalutare i titoli che detengono in gran quantità nei portafogli. L’esame del 2010 non teneva conto di questa prospettiva, cosa che ha favorito la promozione, immeritata, delle banche irlandesi.



Almeno da questo punto di vista il test sarà più affidabile, anche se non del tutto. Per due motivi: primo, le oscillazioni in materia di valutazione dei debiti sovrani rischiano di essere ben più violente, a giudicare dalle esperienze passate. Secondo, causa la strenua opposizione della Germania non è stata, infatti, eliminata la differenziazione, già ampiamente criticata un anno fa, fra i bond che sono detenuti a scopo di negoziazione (trading book) e quelli che invece sono destinati all’attività proprietaria (banking book), nonostante rappresentino una fetta non indifferente del portafoglio.

 

Si è deciso di sottrarre questo stock di titoli al mark to market, una scelta che non gioca certo a favore della fiducia nelle banche più coinvolte, in particolare i grandi istituti tedeschi e francesi, su cui gravano enormi stock di titoli greci in magazzino a valori più alti dei prezzi di mercato.

 

Non mancano però le note positive. I prossimi stress test, assicura l’Eba, includeranno tra gli scenari negativi lo shock sulla liquidità e un’eventuale crisi del settore immobiliare, temi colpevolmente ignorati nel 2010. Tra le possibilità di cui si dovrà tenere conto per misurare la solidità delle banche nei prossimi due anni figurano, oltre che una contrazione dell’economia dello 0,5% nel 2011 e dello 0,2% nel 2012, anche un calo del 15% delle Borse europee, un tracollo del mercato immobiliare e, soprattutto, un aumento dei tassi di interesse sui prestiti interbancari di 125 punti base.

 

Uno scenario che, vista l’emergenza sul fronte dei prezzi petroliferi, a detta dei più critici si rivela comunque già oggi troppo ottimista: i mercati, dopo le ultime dichiarazioni in arrivo dalla Bce, scontano un rialzo del tasso Euribor di oltre 160 punti base da oggi (1,18%) a fine 2012 (2,85%). Insomma, non è ben chiaro se le prove avranno i requisiti chiesti dal governatore Mario Draghi che ha sollecitato severità degli scenari ipotizzati, vaglio dei risultati con una metodologia comune, piena trasparenza e individuazione delle azioni di correzione.

Eppure, è su questo terreno, più che su altri, che si gioca il futuro dell’Eurozona. È importante che dai test emerga al più presto l’importo delle necessità di capitale delle banche europee prima che si entri in una nuova stagione di turbolenze. Non si deve dimenticare che il disordine delle finanze pubbliche europee è figlio dei problemi ereditati dal sistema bancario: l’eccessiva leva utilizzata per finanziare il boom immobiliare di Dublino, Madrid o Barcellona piuttosto che la speculazione sui titoli high yield dell’area euro.

 

Finché non verranno rimossi i frutti di questi eccessi il rischio di nuove lacerazioni e nuovi buchi resterà come una pericolosa spada di Damocle che pende sulle prospettive della finanza degli Stati. Per questo, forse, sarebbe stato più opportuno partire dai bilanci delle banche per arrivare ai “tetti” sulla finanza pubblica che, su richiesta tedesca, verranno sanciti dal vertice di fine mese.

 

In questa cornice, c’è da augurarsi che l’Italia faccia proprio il suggerimento del governatore Draghi: “Appare comunque inevitabile, non appena le condizioni lo consentiranno, che si ricorra al mercato dei capitali”. L’Italia ha evitato il collasso finanziario grazie alla stabilità delle banche al culmine della crisi. Ma ora occorre un’iniezione massiccia di mezzi per istituti che stanno subendo il peso della congiuntura, a fronte di clienti che scricchiolano.

 

Dal caso Ligresti alla partita Parmalat, passando per Edison, è ormai evidente che le banche italiane sono e saranno sempre più chiamate a uno sforzo straordinario in termini di equity per tutelare un apparato produttivo comunque indebolito. Guai ad arrivare in ritardo all’appuntamento con i mercati, già alle prese con altre emergenze.