All’inizio di marzo, Alitalia ha raggiunto un accordo coi sindacati per la cassa integrazione su base volontaria di 700 lavoratori, accompagnata da una sorta di “partita di giro” che farà rientrare in servizio circa 160 dipendenti fermi ai “box” della cigs da più di due anni. Un accordo che fa contenti tutti, sindacati e azienda, ma un po’ meno i lavoratori.



Non si tratta, però, del primo “ridimensionamento” del personale che viene programmato quest’anno da una compagnia aerea italiana. Infatti, Meridiana fly, all’inizio del 2011, ha annunciato una razionalizzazione delle sue attività e un miglioramento della sua struttura dei costi. Traduzione: 900 esuberi su 2100 dipendenti circa e messa a terra di 9 aeromobili sui 37 che compongono la flotta per cercare di far fronte a una situazione già difficile per l’azienda dell’Aga Khan (sono almeno quasi tre anni che si parla di crisi). E poco più di un mese fa sono state avviate le procedure di mobilità nei confronti dei lavoratori.



Ma gli accostamenti possibili tra Alitalia e Meridiana fly non sono finiti qui. Proprio per lo stato in cui si trova quest’ultima, in molti si sono fatti tentare dall’idea che potesse finire nelle mire di un vettore più grande, dato che la parola “fusione” è ormai diventata un mantra nel mondo delle compagnie aeree (tanto più che la stessa Meridiana fly è frutto della fusione, avvenuta più di un anno fa, tra Meridiana ed Eurofly). E perché non pensare proprio ad Alitalia nei panni di acquirente?

Verso la metà di febbraio, infatti, si sono fatti insistenti i rumors su questa ipotesi, tanto che in borsa il titolo di Meridiana fly ha raggiunto il 18 febbraio quota 0,95 centesimi, quando fino all’11 febbraio stazionava da ormai tre mesi a quota 0,45 centesimi. Cosa che ha costretto i vertici dei due vettori a rilasciare dichiarazioni sull’argomento. Da parte sua, la compagnia dell’Aga Khan ha smentito l’ipotesi di fusione, confermando solo che con Alitalia sarebbero in corso trattative per un’eventuale partnership. Anche Roberto Colaninno ha detto che si è solo all’inizio di una valutazione sulla fattibilità di una simile operazione.



Il titolo di Meridiana fly da un mese a questa parte è rimasto però su una quotazione intorno agli 0,7 centesimi (riportandosi negli ultimi giorni sopra quota 0,8). Il motivo è semplice: se non sarà Alitalia, sperano gli investitori, è probabile che verrà qualcun altro a prenderla (e in molti fanno il nome di Lufthansa). La fusione tra Meridiana ed Eurofly ha infatti avuto un costo e, data la razionalizzazione di dipendenti e velivoli intrapresa, è difficile che i vertici vogliano iniettare altri liquidi nell’azienda (non credo che il cda convocato oggi per approvare il bilancio del 2010 darà indicazioni in tal senso contrarie). Anzi, i sindacati temono che dopo la “cura dimagrante” vogliano cedere marchio, tratte e aerei a un’altra compagnia.

Non dobbiamo dimenticare che Meridiana fly rappresenta il 16% del mercato interno e che il numero dei passeggeri trasportati (compresi i voli charter) nei primi nove mesi del 2010 è stato superiore a 3,7 milioni. E la “polpa” più interessante è senza dubbio costituita dalle sue rotte: Olbia e Cagliari da Linate e Fiumicino, oltre che da Parigi, Amsterdam, Mosca e Barcellona. Insomma, gli aerei pieni di turisti da portare in Costa Smeralda o a godersi le vacanze in Sardegna. Senza dimenticare le altre destinazioni tipicamente turistiche, quali Zanzibar, Mauritius, Maldive, Tenerife, Fuerteventura, Sharm el Sheikh, Mykonos e Santorini.

Ma la vera perla nel “forziere” di Meridiana fly è costituita dagli slot sulla Linate-Fiumicino (una rotta che Lufthansa, come tante altre compagnie, anela da tempo), che però non sono più stati utilizzati dall’aprile del 2009 per protestare contro la posizione dominante (98% dei voli) di Alitalia-AirOne su tale tratta (decisione che ha portato al monopolio di fatto della compagnia di bandiera).

Da quanto appena esposto si capisce bene perché in tanti si siano lasciati solleticare la mente dall’idea che Meridiana fly potesse essere una preda perfetta per Alitalia. Con questa fantomatica fusione, infatti, Colaninno e soci aumenterebbero il loro predominio sul mercato interno e potrebbero dar ulteriore impulso alla strategia di sviluppare AirOne come marchio “low cost” legato a tratte turistiche e stagionali. Inoltre, non bisogna dimenticare che per due aziende che hanno intrapreso una politica di ristrutturazione, una fusione può essere una buona occasione per rivedere ancora organico, struttura e mezzi.

Non è un caso che Il Messaggero (sempre ben informato sulle vicende della compagnia di bandiera) giovedì scorso abbia rilanciato l’ipotesi di fusione Alitalia-Meridiana fly, arricchendola di dettagli (in seguito smentiti dal vettore sardo): l’Aga Khan, dopo aver lanciato un’Opa residuale sulla sua azienda, dovrebbe “scucire” tra i 15 e i 30 milioni di euro per avere in cambio il 5-7% di Cai, cedendo simultaneamente la sua compagnia. L’accordo finale, sempre secondo il quotidiano romano, potrebbe già essere raggiunto ad aprile e già entro fine anno si dovrebbero celebrare le “nozze”. Che avrebbero anche la benedizione di Air France, dato che ostacolerebbero ulteriormente i piani di espansione nell’Europa meridionale di Lufthansa.

Ma c’è un problema, che anche Il Messaggero sembra dimenticare: allo stato attuale, nemmeno la fatidica legge 166/2008 (tanto per intenderci, quella usata per celebrare il “matrimonio” Alitalia-AirOne sotto l’egida di Cai, nonostante la posizione dominante su molte tratte) potrebbe negare l’intervento dell’Antitrust contro un’operazione dal forte sapore anti-concorrenziale.

L’Italia è, però, un Paese strano. Proprio 25 anni fa, l’Iri ha ceduto Alfa Romeo (che comprendeva da poco anche Lancia) a Fiat, anziché a Ford, per formare un unico grosso gruppo italiano nel settore automobilistico, di fatto monopolista nella produzione sul territorio nazionale, dato che in Italia (a differenza di altri paesi) non ci sono ancora stabilimenti di marchi stranieri. Oggi si vedono i frutti di questa scelta, con una Fiat che è sempre meno italiana (leggi Chrylser), cosa di cui risente anche il sistema produttivo e occupazionale.

Le assonanze con il caso di Alitalia (nei panni di Fiat) e Meridiana (nei panni di Alfa Romeo, con Eurofly in quelli di Lancia) non mancano (nemmeno per il partner straniero, che in un caso è Chrsyler, nell’altro Air France). Certo, si potrà dire, nel 1986 non c’erano le normative comunitarie a salvaguardia della concorrenza. Ma, è bene ricordare, queste c’erano due anni fa, quando si decise di salvare un vettore in crisi e mantenerne l’italianità dandogli anche un aiutino attraverso una legge ad hoc (la 166/2008, appunto).

Non resta quindi che aspettare di vedere come passerà questo 2011 che si preannuncia cruciale, ricordando in particolare che: il 31 dicembre dovrebbero venir meno i “lacci” anti-concorrenza della legge 166/2008; il rialzo del prezzo del petrolio registrato negli ultimi mesi potrebbe pesare sui conti delle compagnie aeree e Alitalia punta a chiuderli in pareggio proprio quest’anno; dei 29 aerei di Meridiana fly che sicuramente continueranno a volare ben 8 sono MD-82, famigerati “mangia carburante”.

Allacciate dunque le cinture, e guardatevi bene intorno: da Parigi (come da Detroit) gli occhi sono più che mai puntati sull’Italia. Sempre che a Colonia, come a Wolfsburg (leggi l’interesse di Volkswagen per Alfa Romeo), non si decida di entrare pesantemente in gioco. Del resto, pare che il governo voglia salvaguardare dalle mire straniere quattro settori strategici: l’agroalimentare, l’energetico, le telecomunicazioni e la difesa, ma non quello dei trasporti. E pensare che nel 2008 sembrava assolutamente vitale mantenere l’italianità di una compagnia aerea…