Lactalis ha il 29% di Parmalat: la multinazionale del latte e derivati francese così di fatto la controlla. Non ha interesse a lanciare un’Opa, in quanto il 29% le basta per comandarvi e integrarla nel suo gruppo. Il decreto legge varato dal governo si limita a prorogare i termini per le assemblee e quindi non genera alcuna distorsione della concorrenza, anzi ne migliora le condizioni, perché nei due mesi di tempo si può formare una cordata di operatori diversi da Lactalis, che potrebbero lanciare un’Opa su di essa. Ma il decreto legge è emendabile. E il Governo o parlamentari della maggioranza e della minoranza potrebbero introdurvi un articolo che stabilisce che la Consob o l’esecutivo possono porre il veto al controllo da parte di un soggetto estero, anche europeo, di un’impresa di interesse nazionale.



Ma ciò non sarebbe consentito dalla legislazione comunitaria. Infatti, la legislazione francese tutela l’interesse nazionale con una normativa ambigua e astuta, in cui non è presente, né direttamente, né indirettamente, il settore alimentare o il suo comparto del latte e derivati. Il Governo di Parigi intervenne a salvaguardia del gruppo lattiero Danone, in quanto esso possedeva anche delle case da gioco. E per la legge francese queste sono “di interesse nazionale”: tesi assai curiosa, in quanto il gioco d’azzardo non effettuato in case o altri siti di gioco appositamente autorizzati, viene generalmente vietato, mentre l’autorizzazione a svolgerlo comporta una sorveglianza pubblica della sua onestà. Sicché l’interesse pubblico rilevante in questo caso, cioè la tutela dell’ordine pubblico, può essere adeguatamente tutelato mediante tale vigilanza. E comunque l’esempio fatto mostra che il principio della tutela dell’interesse nazionale permette allo Stato di intervenire arbitrariamente nell’economia.



Tuttavia, in un sistema di economia di mercato, con regole a essa conformi che assicurano la concorrenza corretta e leale, questa non può essere turbata da interventi pubblici basati su tale ambigua nozione. Tanto più ciò dovrebbe essere vietato nell’Unione europea , il cui Trattato si basa sul principio del libero movimento di capitali e di beni, servizi e persone, fra uno stato e l’altro della comunità. Ciò nonostante, purtroppo, il Consiglio e la Commissione europea hanno tollerato molte eccezioni a tale legislazione. La Francia difende dalla concorrenza le sue imprese con l’ambigua legge appena indicata e con un vastissimo settore di imprese pubbliche o controllate dalla mano pubblica, la Svezia lo fa ammettendo le azioni a voto plurimo e la Germania ha stabilito una barriera mediante i poteri del consiglio di sorveglianza, che sta sopra il consiglio di amministrazione e può bloccare gli investimenti.



L’Italia potrebbe varare una legge come quella francese, solo nei riguardi degli stati che la applicano, allo scopo di stabilire una reciprocità, volta ad assicurare la lealtà della gara. Ma, come si nota, essa non potrebbe servire nel caso Parmalat. Potrebbe servire per altri settori, che si possono considerare strategici, per la sicurezza nazionale. In tal caso, però, sarebbe meglio fare riferimento alla legge degli Usa, che consente deroghe alla concorrenza solo nei casi limitati alla sicurezza nazionale. Ciò non sarebbe contrario ai principi del mercato di una società libera, con riferimenti etici, in quanto non si può asservire alla logica del mercato la tutela della sicurezza personale dei cittadini (vedi disastro di Fukushima) e la loro appartenenza a una nazione indipendente. Però, il decreto potrebbe essere emendato in altri modi, conformi al principio della concorrenza e a quelli etici sui diritti non negoziabili.

Infatti, risulta che Lactalis possiede indirettamente più del 30% di Parmalat tramite contratti di equtity swap con banche amiche, riguardanti un altro 3% della società di Collecchio. In sé questo contratto non dà il diritto di proprietà delle azioni, ma solo un’opzione a esercitarlo e Lactalis lo potrebbe fare in qualsiasi momento, togliendo le azioni alla controparte. Questo contratto, così, si può configurare nella sostanza come un patto di sindacato improprio fra chi ha l’opzione e chi ha la proprietà delle azioni, posto che si tratti di un soggetto legato da interessi comuni. E obbligando Lactalis a esercitare l’Opa si potrebbe fare chiarezza sull’operazione, tutelando gli interessi del pubblico degli azionisti, che sono in gran parte i vecchi titolari di obbligazioni Parmalat, che ne hanno perso gran parte del valore con il suo fallimento.

Che Parmalat sia controllata da un gruppo francese o da un gruppo italiano, poco importa se gli altri azionisti non sono danneggiati ingiustamente, con trucchi giuridici, che violano la sostanza dei principi di un leale mercato di concorrenza. Ovviamente, c’è anche la tutela dei lavoratori, in base alle leggi vigenti, e quella di coloro che conferiscono il latte e dei consumatori . Da questo ultimo punto di vista, si presenta una questione di potere di monopolio di Lactalis su una parte sostanziale del mercato europeo, che è sotto l’esame della Commissione europea, competente in questo caso, trattandosi di una quota dell’intero mercato comunitario. Non ho alcun elemento per sapere se questo potere di mercato esista oppure no. Probabilmente non c’è. Ma mi pare importante tenere presente che mentre la tutela dell’interesse nazionale viola i principi generali del mercato di concorrenza, la tutela dai poteri di monopolio e da quelli di controlli occulti delle imprese in violazione dei risparmiatori e degli azionisti ne fa parte a pieno titolo.

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