La crisi libica ha un grave impatto su molte imprese e di queste la gran parte sono italiane. Il problema tecnico della Borsa di Milano di settimana scorsa “puzza un po’”, come ha sottolineato Oscar Giannino. L’instabilità e l’incertezza sul futuro di tutti i Paesi dell’area provoca molti timori a tutte le Borse europee, ma certo non la chiusura tecnica. Lunedì scorso Piazza Affari è stata colpita da un ciclone, vista la guerra civile che si sta scatenando in Libia e la feroce repressione del regime di Gheddafi, con una caduta dell’indice di oltre il 3%.



Un settore che non è toccato direttamente dalla crisi, come quello energetico, ma che vede ripercuotersi gli effetti delle rivolte in atto, è il trasporto aereo. L’instabilità del Medio Oriente sta portando a un incremento repentino dei prezzi del petrolio che sono saliti settimana scorsa fino a sfiorare i 120 dollari al barile per il brent. I costi delle compagnie aeree sono estremamente legati all’andamento del prezzo del petrolio, dato che incidono per tutte le compagnie per oltre il 30% dei costi totali.



Air France-Klm, che è leader nel mercato del Maghreb, sta soffrendo maggiormente e nella mattinata di martedì il titolo era arrivato a perdere oltre il 5%. In questo caso, l’azienda francese, non solo ha un impatto sui lati dei costi, ma rischia di vedere una caduta drastica dei ricavi. La rivolta popolare medio-orientale (ottima per l’aumento delle libertà personali) potrebbe estendersi anche in Marocco e Algeria e questo aggraverebbe i problemi della compagnia aerea francese.

Il settore aereo aveva visto un buon recupero nel corso del 2010, soprattutto in termini di numero di passeggeri. La crisi che aveva colpito tutte le compagnie aeree nel 2009, con delle perdite oltre i 15 miliardi di dollari a livello globale, era stata in parte riassorbita. La crisi del 2009 era legata a due fattori: da un lato vi era stata la crescita dei prezzi del petrolio fino a settembre del 2008, che si era ripercossa nel 2009 a causa del sistema delle opzioni sul carburante; dall’altro lato era dovuta alla riduzione della domanda. Nei primi mesi del 2009, la caduta aveva superato il 30% in termini di ricavi per posto.



Una cosa è certa: gli shock esterni sono elementi tipici del business dell’aviazione civile e la rivolta di tutto il Nord Africa ne è l’ennesimo esempio. Se tutte le compagnie aeree verranno colpite da questa ennesima crisi, alcuni operatori soffriranno di più. Air France, come ricordato, è la compagnia più esposta, ma la stessa Alitalia ha una buona presenza verso il Nord Africa. La compagnia italiana, dopo aver chiuso il 2010 in perdita, rischia di non raggiungere il break-even a causa degli eventi esterni.

 

La compagnia ha fatto certamente un recupero rispetto al 2009, dato che le perdite nei primi tre trimestri si sono fermate a 125 milioni di euro, ma se il prezzo del petrolio dovesse rimanere elevato, il pareggio non sarebbe più raggiungibile. Se così fosse, al termine dei tre anni di blocco della concorrenza fatta dal Governo italiano per favorire Alitalia (scade a fine 2011), la situazione rischierebbe di precipitare.

 

La stessa compagnia ha beneficiato nel momento della rinascita dell’evoluzione favorevole del mercato del greggio. Iniziando a operare il 13 gennaio del 2009, Alitalia ha potuto acquistare e fare scorte di carburante a dei prezzi inferiori a 60 dollari al barile per buona parte del 2009. L’impatto positivo è continuato anche nel 2010, dato che i prezzi del carburante sono rimasti “relativamente” bassi.

Adesso che il panorama è cambiato, i rischi di business aumentano e non è facile prevedere quale sarà la reazione dei soci italiani. La vendita ad Air France, che tra le compagnie europee non è certo quella che gode della migliore salute, potrebbe di fatto avvicinarsi. Durante e in seguito le crisi, il settore aereo ha sempre risposto con tagli (è un settore molto concorrenziale) e con fusioni. E l’evoluzione dell’ultimo decennio è andata proprio in questa direzione: tagli e fusioni.

 

La prima parola è stata appena messa in atto da Alitalia, che ha deciso di mettere in cassa integrazione oltre 600 lavoratori, mentre la seconda potrebbe essere utilizzata a fine di questo anno. I cambi nel settore aereo sono veloci e imprevedibili, quasi come la rivolta del Nord Africa.