La vicenda Fiat rischia di assumere toni sempre più forti. Ricapitolando: lunedì la Fiom ha depositato presso il Tribunale di Torino un ricorso contro la newco di Pomigliano d’Arco; ieri si è tenuto un incontro importante, alla presenza dei tre segretari confederali (Angeletti, Bonanni e Camusso), sullo stabilimento ex Bertone di Grugliasco, in cui Marchionne vorrebbe applicare lo stesso contratto di Mirafiori e Pomigliano, altrimenti le Maserati e i 500 milioni di euro di investimenti (oltre alle prospettive occupazionali) andranno altrove; a questo punto, nel tardo pomeriggio di ieri, le Rsu di Grugliasco hanno deciso all’unanimità di convocare per il 2 maggio l’assemblea dei lavoratori e di indire, per lo stesso giorno, il referendum sulla proposta di Fiat. Ma non è tutto, perché sempre nell’incontro coi sindacati di ieri, l’amministratore delegato di Fiat ha spiegato – come ci racconta in questa intervista Bruno Vitali, Segretario nazionale Fim-Cisl responsabile per il settore auto e moto – che l’azione legale della Fiom rischia di frenare tutto il piano Fabbrica Italia.



Vitali, lei era presente all’incontro al Lingotto: ci può raccontare com’è andato?

L’incontro è stato importante, perché ha tolto qualsiasi margine di ambiguità sul “tormentone” della ex Bertone. Fiat ha spiegato che la trattativa è finita e che le condizioni sono quelle degli accordi di Mirafiori e Pomigliano. Noi – Fim, Uilm, Fismic, Cisl e Uil – abbiamo detto che, avendo già firmato quegli accordi, siamo pronti a sottoscriverli anche a Grugliasco. La Fiat ha detto che attende pochi giorni per una risposta e ha fatto capire che se avrà una risposta negativa farà costruire altrove le Maserati e che se non riceverà una risposta per tempo la considererà come un no.



E dove sposterebbe nel caso la produzione?

Visto che il mercato di riferimento per il prodotto Maserati è il Nord America, e che il dollaro è a questi livelli, Marchionne ha spiegato che è conveniente produrre direttamente in loco. Noi abbiamo detto che nel caso vorremmo che si facesse comunque in Italia, in un altro sito, ma non abbiamo fatto nomi.

Lunedì la Fiom ha presentato ricorso al Tribunale di Torino contro la newco di Pomigliano. Se n’è parlato nell’incontro?

Sì e Marchionne ha detto che a questo punto non è in grado di garantire il prosieguo del piano di Fabbrica Italia, spiegando che andrà avanti a Pomigliano e Mirafiori (perché gli accordi sono stati votati e firmati e l’investimento è partito), affrontando la causa legale, ma che non vuole prendere in considerazione gli altri siti, perché non vale la pena fare investimenti se poi questi vengono ostacolati dal punto di vista giuridico. Noi abbiamo espresso la nostra preoccupazione e spiegato che vogliamo che il piano vada avanti. Resta quindi un grosso margine di incertezza, ma il pallino è in mano alla Fiom.



Dunque l’azione legale della Fiom assume a questo punto un ruolo molto importante.

Sì, la Fiom ha questa importante responsabilità. C’è il rischio che una minoranza metta a rischio tutti gli altri lavoratori della Fiat. Considerando che ci sono in ballo ancora tre stabilimenti importantissimi (Cassino, Melfi e Val di Sangro), si tratta di quasi 18.000 lavoratori, più l’indotto, tutti a rischio. La Fiom non vuole assumersi responsabilità firmando accordi, ma in realtà se le assume in altro modo.

Data la situazione, come sono i rapporti tra le organizzazioni dei lavoratori?

La Fiom è asserragliata nel suo fortino. Oggi (ieri, ndr) nemmeno la presenza della Cgil, con il segretario generale Susanna Camusso, ha portato a qualche cambiamento di posizione. La situazione dei rapporti è questa: la Fiom resta per conto suo e noi siamo dall’altra parte. Loro continuano a dire che gli accordi siglati violano le leggi e noi continuiamo a rispondere che non è vero, che sono stupidaggini. Sono tutti discorsi che stanno facendo perdere tempo all’investimento.

In un’intervista pubblicata ieri su queste pagine, Giorgio Airaudo ha spiegato che la Fiat, oltre a essere responsabile della divisione dei sindacati, non ha un problema con la Fiom, ma con la maggioranza dei lavoratori di Fiat che finora si è espressa contro i cambiamenti che vuole apportare Marchionne. Cosa ne pensa?

Si tratta di affermazioni strumentali. Nei referendum abbiamo avuto situazioni in cui gli iscritti della Fim hanno votato no e quelli della Fiom sì. Quindi chi si arroga il diritto di rappresentare i sì e i no sbaglia. I lavoratori hanno fatto una scelta in base a un ragionamento molto pratico: a Pomigliano e Mirafiori non c’era futuro e c’è stata quindi una scelta difficile tra un “non futuro” e un futuro in un certo modo. La Fiom è poi abbastanza “adulta e vaccinata” per sapere di aver deciso da sola, nel senso che ha scelto liberamente cosa fare, così come abbiamo fatto noi e la Fiat in questo non c’entra nulla. Noi abbiamo scelto di provare a condizionare la Fiat, dato che facendo un accordo si resta in gioco e si ha sempre la possibilità di un’interlocuzione. La Fiom poteva decidere di restare in gioco e provare a modificare ulteriormente l’accordo, ma non l’ha fatto.

Resta però il fatto, certificato dai dati europei diffusi ieri, che Fiat continua a perdere quote di mercato.

Marchionne ci ha spiegato che, adesso che il mercato comincia a riprendersi, Fiat arriverà con i nuovi modelli, dalla Ypsilion alla Panda, fino al Suv Jeep. Da parte nostra, gli abbiamo spiegato che ha ritardato un po’ troppo l’uscita dei nuovi modelli, determinando questa perdita di quota di mercato.

Negli ultimi tempi si è aperto un dibattito sulla possibilità che la “testa” di Fiat si sposti a Detroit. Lei cosa ne pensa?

È un tema che non mi appassiona, perché già da tempo la multinazionale globale che è Fiat ha la maggioranza dei suoi dipendenti fuori dall’Italia. Penso che il punto nevralgico rimarrà per lungo tempo qui: non dobbiamo dimenticare che Fiat ha preso Chrysler proprio grazie alla tecnologia che è sviluppata a Torino. Il know how è quindi qui in Italia e ritengo che se avremmo una Fabbrica Italia forte avremo ancora una Fiat italiana. Se le fabbriche italiane chiudono o si indeboliscono, è chiaro che pian piano tutto si sposta da un’altra parte. Quindi dobbiamo far rimanere forte la presenza in Italia per far restare l’azienda italiana. Ma la Fiom sembra fare un gioco contrario.

 

(Lorenzo Torrisi)

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