Dopo le dichiarazioni di Emma Marcegaglia della scorsa settimana (“Mai come in questi momenti gli imprenditori si sentono soli”), ieri il direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli, ha parlato davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, spiegando di ritenere “deludente” il Programma nazionale di riforma ed “estremamente ambizioso” lo sforzo di risanamento dei conti pubblici proposti dal Governo. Ma cosa sarebbe necessario, secondo le imprese, per smuovere l’economia del nostro Paese? Ne abbiamo parlato con Bernhard Scholz, Presidente della Compagnia delle Opere (Cdo).



Qual è il suo giudizio sulla politica di rigore dei conti pubblici? Ritiene il Programma nazionale di riforma soddisfacente?

La tenuta dei conti pubblici è stata ben curata e penso che il Programma nazionale di riforma tocchi i punti giusti, quelli fondamentali su cui occorre lavorare: riduzione del debito pubblico, rilancio della competitività, sostegno al mercato del lavoro e alle imprese e attenzione all’innovazione. Adesso bisogna, però, anche attuarlo in ogni suo punto. In particolare, su competitività, occupazione e innovazione non possiamo rimanere al livello delle buone intenzioni.



Ritiene che sia più apprezzabile quanto programmato per il contenimento della spesa o la parte relativa alle riforme utili allo sviluppo?

L’arte della politica in questo momento sta proprio nel fatto di riuscire a fare ambedue le cose: da un lato controllare la spesa e dall’altro realizzare investimenti mirati alla crescita. Sappiamo tutti che è difficile, perché dobbiamo tenere d’occhio e cercare, per quanto possibile, di ridurre il debito pubblico. D’altro canto, le entrate fiscali necessarie per raggiungere questo obiettivo saranno disponibili solo se le aziende funzionano bene, cioè se l’economia cresce. Ma proprio per questo, riteniamo indispensabili alcuni interventi di defiscalizzazione, in particolare su innovazione e internazionalizzazione.



Che tipo di interventi ha in mente?

Penso a incentivi fiscali, molto semplici e agili, mirati alla detassazione delle risorse che un’impresa destina a interventi, che comportano sempre un certo rischio, di ricerca di nuovi spazi di mercato all’estero e di chi investe in innovazione.

La scorsa settimana il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, ha evidenziato come il Pil debba crescere almeno del 2% per evitare che l’Italia resti schiacciata dal suo debito pubblico.

Senza una crescita delle esportazioni non è possibile ottenere questo risultato. L’internazionalizzazione, per le imprese italiane, è una conditio sine qua non per arrivare a un Pil che possa rispettare le richieste necessarie a ripagare il debito pubblico. Questo risultato sarà raggiungibile più facilmente se le aziende si metteranno in rete. Ecco perché l’agevolazione fiscale introdotta dal Governo sui contratti di rete è un primo segnale positivo in questa direzione.

Ci sono mercati particolarmente promettenti o dove ci può essere più sviluppo per l’export italiano?

L’export italiano tradizionalmente è diretto verso i paesi europei, la Germania in particolare. Ma ci sono grosse possibilità anche in Brasile, Cina e Russia. Non a caso, a fine giugno, Cdo organizza la prima edizione del Matching a Mosca, un evento in cui cento aziende incontreranno nuovi possibili partner per ampliare il proprio business.

Nicola Porro, in un’intervista su queste pagine, segnalava che le Pmi vorrebbero meno tasse e meno burocrazia. Condivide questa osservazione? Sono necessari, secondo lei, altri interventi?

Tutte le associazioni imprenditoriali riconoscono questi due punti come fondamentali. Sulla deburocratizzazione registriamo i primi segnali, anche se deboli. Mi aspetto che lo Statuto delle imprese, approvato all’unanimità alla Camera, divenga legge a tutti gli effetti il più presto possibile. Ma c’è anche un altro punto importante.

Di che cosa si tratta?

La pubblica amministrazione deve pagare le imprese nei tempi giusti. Oggi questo non avviene sempre, provocando difficoltà enormi alle aziende. Rispetto alla stessa pubblica amministrazione è necessario andare nella direzione di un suo dimagrimento ed efficientamento, anche per evitare spinte opposte. Più in generale, occorre poi che si possa respirare un nuovo clima di collaborazione, che favorisca l’espressione di quella passione che porta a crescere. Le difficoltà certamente esistono, ma devono essere accolte come una sfida dagli imprenditori e non come un condizionamento che li schiaccia.

Come ci si prepara a questa sfida?

Dobbiamo aiutarci evitando qualsiasi tipo di spaccatura. Occorre un clima di audacia, di coraggio, che non vuole negare i problemi, ma affrontarli e non farsene determinare. Noto in molti imprenditori questa mentalità positiva che, se si diffondesse di più, sarebbe un bene per tutti.

È forse la mancanza di questo clima a far sentire soli gli imprenditori?

Questa può essere una ragione. Ma penso che la cosa più importante sia lavorare insieme: bisogna che le associazioni diventino sempre più dei luoghi dove gli imprenditori si sentono sostenuti. Noi, nel nostro piccolo, è quello che proviamo a fare come cardine di ogni nostra iniziativa: accompagnare gli imprenditori nel sostenere le proprie responsabilità.

Ieri il Governo ha deciso di abrogare tutte le norme previste per la realizzazione delle centrali nucleari in Italia. Come giudica questa scelta, tenendo conto che per le imprese il costo dell’energia è un fattore produttivo importante?

Penso che finché non c’è un consenso nel Paese su questo tema non si potrà fare niente. Occorre quindi riprendere il dibattito pubblico su questo argomento per arrivare a una soluzione condivisa. E poi attuarla.

 

(Lorenzo Torrisi)