Dunque, ci sono molte cose di sinistra che si potrebbero e dovrebbero dire sul caso Parmalat. Anzi, sui due casi Parmalat. Già, perché anche se ce ne stiamo dimenticando, qui i casi Parmalat sono due.
Il primo è di martedì scorso, quando Lactalis ha battuto un colpo lanciando sul gruppo alimentare italiano un’Opa volontaria per il 100% del capitale, puntando sull’operazione la bellezza di quattro miliardi di euro. Ecco: certe volte i soldi possono essere così di sinistra, che neanche fossero stampati su bandiere rosse… Di questo blitz va reso merito alla “finanza creativa” di Giulio Tremonti, che inventandosi il decreto legge con cui l’azienda di Parma ha potuto differire l’assemblea sociale, ha fatto capire ai francesi che l’Italia stavolta faceva sul serio e che se volevano conquistare la preda non potevano pensare di limitarsi a “usare il gesso”, come Carlo VIII alla fine del Quattrocento, e dovevano mettere mano alla tasca. E così è stato.
Difendere l’italianità della Parmalat, invece, sarebbe di destra o di sinistra? Vallo a sapere. Il neo-colbertismo di Tremonti – non foss’altro perché firmato da un ministro del centrodestra – è molto inviso a sinistra. Ma in realtà perfino l’ex ministro delle Finanze e del Tesoro di due governi Prodi, Vincenzo Visco, si è recentemente detto rammaricato che il centrosinistra abbia privatizzato, ad esempio, le autostrade e gli aeroporti.
Già, ma nel caso della Parmalat, l’azienda era privata, è stata quasi demolita a colpi di mala-finanza, risanata da una buona gestione industriale e dalle capriole fatte dalle banche creditrici per non perderci ancor più di quanto c’avessero perso e, insomma, rimessa sul mercato pronta per chiunque avesse voluto acquistarla. Quindi, lo Stato qui non ha colpe.
E allora la difesa nazionalista della Parmalat non è di destra, né di sinistra, è un modo rispettabile anche se tardivo di curare la filiera agro-alimentare del nostro Paese, ma se prima dell’Opa francese sarebbe stato immaginabile mettere insieme Intesa Sanpaolo, Cassa depositi e prestiti e Granarolo e tenere Parmalat in mani italiane, ora come farà una simile cordata istituzionale a rilanciare contro l’Opa di Lactalis? Tutto è possibile, ma oggi appare improbabile.
C’è invece molto di sinistra da dire sullo scandalo di sentenza che ha mandato assolte le banche e i banchieri che erano ideologicamente correi della truffa di Tanzi. Ideologicamente nel senso che forse non avevano effettivamente commesso (lo si vedrà in appello) il reato per il quale erano stati perseguiti – l’aggiotaggio – ma avranno ben capito, almeno da un certo punto della vicenda in poi, che continuando a strafinanziare “il matto” di Parma rischiavano di bruciarsi ancor più di quanto già non gli fosse accaduto, ma se ne sono fregati, tentando fino allo stremo di salvarsi salvando l’insalvabile e coinvolgendo così nelle scottature anche i piccoli risparmiatori. Ma effettivamente, così facendo, hanno per mesi dato l’impressione al mercato che la Parmalat non fosse così decotta come pareva: non sarà reato, ma è una gravissima colpa morale.
Come condannarli per questa gravissima colpa morale? Non col reato di aggiotaggio, cui hanno fatto maldestramente ricorso i pm, perché la manipolazione delle notizie per distorcere i corsi dei titoli sul mercato in questo caso non è pacifico che ci sia stata. E forse neanche il concorso in truffa. Di sicuro, però, le banche “non potevano non sapere”, e in altri tempi per questo teorema centinaia di imputati sono stati tenuti mesi e mesi al fresco. Stavolta, invece, niente: e ciò non è per nulla di sinistra.
E non basta. A chi ha rimesso su Parmalat mille, duemila, cinquemila euro, non frega niente vedere in carcere il bancario che gli ha venduto le obbligazioni marce; gli importerebbe assai di più recuperare almeno in parte i soldi. Ecco, sarebbe stata questa la condanna “di sinistra” alla quale avremmo voluto vedere inchiodate le banche: colpevoli o non colpevoli che siate, consapevoli o ignare della truffa, tirate fuori i soldi e pagate; in dieci anni, ma pagate; rispettando Basilea 3, ma pagate. E magari, se non l’avete già fatto, licenziate tutta la filiera decisionale che ha coperto il buco di Parmalat: non promuovetela, com’è spesso accaduto! E invece c’è stata un’assoluzione di destra… o di fallimentare sinistra. Che fa lo stesso. E nessuna catarsi spontanea del sistema. Pronto per la prossima Parmalat…