Ci sarà la svolta a Trieste? E in questo caso di che svolta si tratterebbe? Oggi si riunisce il consiglio di amministrazione di Generali, dopo settimane di polemiche e di contrapposizioni impensabili. Gli ultimi tre mesi del Leone di Trieste registrano un’intervista del presidente Cesare Geronzi al Financial Times che parla praticamente da amministratore delegato, discostandosi dalla linea tracciata dal vero ad che è Giovanni Perissinotto. È seguita un’intervista a Il Corriere della Sera del francese Vincent Bolloré, vicepresidente di Generali, capofila della finanza francese nella vecchia “galassia del Nord”, dove si manifestavano apertamente dubbi sul bilancio della grande compagnia di assicurazioni, la vera cassaforte del risparmio italiano. In particolare, Bolloré contestava come veniva trattata la joint venture tra Generali e Ppf per l’Est Europa, voluta da Perissinotto e dal ceco Petr Kellner.



Per concludere la cronaca della “guerra”, si può arrivare al drammatico consiglio di amministrazione del 16 marzo scorso, quando Bollorè si è astenuto sul bilancio. Si aggiunga a tutto questo l’aggressività di Diego Della Valle nei confronti del presidente Geronzi, un contrasto ormai palese tra il management e la presidenza, su cui Della Valle ha chiesto pure informazioni dettagliate sui costi. E poi l’accumulazione progressiva di pacchetti azionari, discreta ma reale, di Francesco Gaetano Caltagirone, che sembra destinato ad avere un ruolo sempre più importante.



Con questo, e altro, si avrà un quadro piuttosto concitato della situazione di Generali. E già tale fatto getta un allarme sulla finanza italiana e su quella che molti definiscono la “campagna francese” in Italia. Tanto per intenderci, si è sempre detto tra i grandi operatori economici e finanziari: “Quando Generali va bene, tutto va bene. quando va male, tutto va male”. Non è un caso che il mutamento di pelle di Mediobanca, la fine dell’era Cuccia e la fuoruscita di Vincenzo Maranghi avvennero dopo una scalata nel Leone di Trieste che mise l’amministratore delegato di piazzetta Cuccia con le spalle al muro e quindi costretto a dimettersi.



I rapporti tra Mediobanca e Generali sono strettissimi e Mediobanca resta sempre l’azionista di riferimento del Leone triestino. Non è un caso, quindi, che in questi giorni siano addirittura intervenute Consob e Isvap perché tutti abbassassero i toni. Ora il problema che si pone è quello di comprendere quale sia esattamente l’origine di questo scontro. C’è chi rinchiude la vicenda in un contrasto personale e addirittura generazionale. Ma questa è veramente una visione minimalista. C’è invece chi pensa che questo scontro di Generali, che non necessariamente potrebbe consumarsi oggi, metterà in atto un nuovo assetto della finanza italiana.

Ed è a questo punto che occorre cercare e ipotizzare alcuni scenari all’interno della finanza italiana. Facciamo un passo indietro. Quando Cesare Geronzi diventò presidente di Generali si pensò subito che il baricentro della finanza italiana si spostasse da Milano, da piazzetta Cuccia, a Trieste. Per mesi si è parlato anche di fusione, di aggregazione. Era evidente che l’asse italo-francese, garantito da Geronzi, Bollorè e Tarak Ben Ammar, avrebbe potuto gestire da Trieste anche le questioni di Mediobanca, dove i francesi controllano ormai, formalmente, l’11% del capitale. Saranno state solo voci, rumors, ma è certo che di fronte a questo asse di ferro, a cui si devono aggiungere altri soci pesanti, ci sia stata una risposta da parte dei management, sia di Generali che di Mediobanca, sia di altri soci come Della Valle.

È quindi possibile che tra il consiglio di amministrazione di Generali di oggi fino all’assemblea di Mediobanca di fine settembre si provi a trovare un punto di equilibrio, magari tentando di “correggere” il management (o da una parte o dall’altra) per mantenere comunque l’equilibrio attuale. A prima vista si potrebbe pensare che si trovi un accordo a Trieste e si riveda il management di Mediobanca. Tra le altre cose si deve pure mettere in conto che a fine settembre scade il patto di sindacato di piazzetta Cuccia e non pare che i soci esteri, il cui capofila è Bolloré, abbiano una chiara intenzione di rinnovarlo. Ma gli equilibri attuali e i correttivi potrebbero essere anche non trovati. Si potrebbe passare a una fase di maggiore concitazione e di “guerra”.

Che cosa potrebbe avvenire a questo punto? Lo scenario che si aprirebbe è il vecchio sogno (soprattutto francese) di una grande aggregazione tra Generali e Axa, il colosso transalpino. A questo punto si creerebbe uno dei più grandi colossi finanziari e assicurativi, il primo assoluto in Europa e forse nel mondo. Ma questa aggregazione quanto gioverebbe al sistema Italia?