Sembra un buon momento per fare il punto sull’euro, anche utile per capire gli strani messaggi che periodicamente appaiono sulla stampa tedesca.
Nel 1999, anno in cui fu creato l’euro, apparvero molti scenari che ne profetizzavano la dissoluzione, quello firmato dal Prof. Feldstein (Harvard) tra i più noti, tutti con precise argomentazioni tecniche. Tra queste la principale era che non si può applicare la stessa moneta ad economie troppo diverse a meno che non si crei un governo unico dell’economia con capacità di bilanciamento delle differenze. I promotori dell’euro non negarono la validità di tali scenari, ma risposero sostenendo che proprio il fare la moneta unica, senza possibilità di recesso da parte di una nazione, avrebbe costretto i governi a creare una funzione di politica economica paneuropea riequilibrante.
L’euro nacque in base alla strategia di fare prima il tetto e poi i muri nella convinzione che l’evidenza della loro necessità avrebbe costretto le nazioni a costruirli. Ma non è andata così. Si è affermata la linea tedesca di un tetto che poteva stare in piedi se ogni nazione fosse stata disciplinata sul piano del bilancio e del debito. Tale dottrina vinse nel 1997 quando (Trattato di Amsterdam) la Germania rifiutò la proposta francese, italiana e di altri di creare a Bruxelles le basi per un governo paneuropeo dell’economia. Berlino temeva che la stabilità della moneta sarebbe stata contaminata dalla debolezza e dal disordine delle nazioni europee meridionali o lassiste, in particolare Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Belgio e Francia stessa. Pretese che se queste nazioni volevano condividere la stessa moneta con la Germania dovevano diventare come la Germania stessa.



Ha continuato a pretenderlo e per questo motivo le nazioni con economia debole (Grecia, Portogallo e Spagna) hanno dovuto subire una moneta forte (cambio e rigore di bilancio) che ne ha peggiorato la debolezza strutturale. Queste non possono restare nell’euro così disegnato. Altre nazioni con economia forte, ma con debito storico elevato e/o modello economico-sociale troppo costoso, hanno avuto un danno alla crescita, in particolare Francia ed Italia. Parigi ha potuto attutirlo violando spesso i parametri di deficit grazie al suo ruolo di seconda potenza europea. L’Italia, con meno potere politico ed un debito enorme, ci è riuscita di meno. Alla fine tutte le nazioni citate non potranno restare nell’euro per il suo effetto di impoverimento eccessivo.
Come mai la Germania riesce a reggerlo? Perché ha creato un sistema industriale fortissimo massimizzato per l’export che finanzia le inefficienze di modello, ma è una costruzione fragile esposta alle crisi globali e non imitabile da altre nazioni. In sintesi, l’Eurozona non potrà continuare così; ma non può tornare indietro alle monete nazionali, mentre la Germania non vuole accettare la piena europeizzazione economica anche perché il suo elettorato, sempre più nazionalista, mai lo permetterà.
Soluzioni? Alcuni sostengono che alla fine salterà tutto o che sarà la Germania ad uscire dall’euro. In realtà Berlino teme come il diavolo la competizione intraeuropea e farà di tutto per salvare l’euro in quanto suo strumento primario di dominio. Non potendone cambiare l’architettura ha l’unica opzione di svalutare l’euro per far respirare le economie deboli (export a bassa tecnologia e turismo sensibili al cambio) nei momenti in sui si rischia la rottura. Le voci periodiche di uscita dalla Grecia dall’euro e simili, spesso lanciate dalla stampa tedesca, hanno questo scopo.



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