Eppur si muove. Il mercato ferroviario, che per tanto tempo è stato immobile dietro al monopolio di Trenitalia, comincia a dare i primi segni di vita. Dopo le prime battaglie solitarie di Arenaways contro il gigante pubblico, controllato al 100% da Ferrovie dello Stato, la quale è controllata al 100% dal ministero dell’Economia, i privati cominciano ad allearsi per cercare di eliminare le distorsioni alla concorrenza.
Il Forum del trasporto ferroviario (Ftf), nato il 13 aprile, con compagnie sia nel settore merci che in quello passeggeri, vede capofila la nuova compagnia entrante Ntv e Fercargo. Le società hanno di che lamentarsi, dato che il Pir (Prospetto integrativo di rete) di Rfi (Rete ferroviaria italiana) è stato cambiato a fine del 2010 e rischia di complicare l’entrata dei concorrenti, oltre che aumentare i loro costi.
In Italia, vi sono due problematiche alla base della mancata liberalizzazione del settore ferroviario. In primo luogo, la mancanza di un’Authority dei trasporti. Senza di questa, Rfi rimane la sorella gemella di Trenitalia. Addirittura gli uffici si trovano nello stesso palazzo a Roma. È difficile che Rfi si comporti da soggetto terzo per permettere una concorrenza agevole.
L’Autorità dei trasporti mancante non può agire ex ante per fare rispettare le regole. In molti Paesi dell’Unione europea questa è stata creata proprio al fine di permettere di avere delle regole comuni per tutti gli operatori ferroviari. Esiste oggi l’Ufficio di regolazione dei servizi ferroviari (Ursf), che è nelle mani del ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture. Da un lato, quindi, questo ministero fa le regole nel settore ferroviario, mentre quello dell’Economia è il proprietario dell’incumbent.
Sarebbe molto semplice risolvere questo conflitto d’interesse che va a danno della concorrenza e dunque di tutti i viaggiatori. L’Ursf, nella sua interezza, potrebbe essere messo sotto il “cappello” dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Una delle famose manovre a “costo zero” che farebbe aumentare indirettamente gli introiti per lo Stato attraverso l’aumento del traffico ferroviario che si avrebbe grazie alla liberalizzazione. I contributi pubblici, inoltre, potrebbero diminuire, dato che attualmente Ferrovie dello Stato riceve oltre 4,2 miliardi di euro ogni anno.
Trenitalia porta sempre come esempi virtuosi i casi di Francia e Germania. In realtà, i mercati più liberalizzati sono altri: Svezia e Gran Bretagna in primis, che hanno dimostrato che con l’apertura del mercato, il traffico può crescere di oltre il 50%.
Anche da un punto di vista dei contributi, Francia e Germania non sono certo il benchmark. Nel 2007, ultimo anno di riferimento, nel trasporto regionale italiano Trenitalia riceveva 3,6 centesimi di euro per passeggero chilometro dal mercato e 8,2 centesimi di euro dai sussidi. In Spagna, nello stesso anno, Renfe, prendeva 3,1 centesimi dal mercato e 5,3 centesimi dai contribuenti. Il 36% in meno, dato che dimostra quanti spazi di miglioramento ci siano per il trasporto regionale di Trenitalia, attualmente sostanzialmente chiuso alla concorrenza. Il contratto 6+6 vede, infatti, una durata molto lunga del contratto per Trenitalia e, al contempo, il Governo ha assegnato risorse solo a Trenitalia (400 milioni di euro l’anno), distorcendo ogni forma di concorrenza. L’introduzione di una Authority come chiede il Ftf potrebbe risolvere la questione dei contributi.
Il secondo grande problema del trasporto ferroviario italiano riguarda la separazione della rete. Rfi, che ne è il gestore, è infatti controllata da Ferrovie dello Stato. In questo caso, il cambiamento è più difficile da attuare, ma avrebbe un impatto molto positivo. La rete, per esempio, potrebbe rimanere in mano a una società pubblica differente, come accade in Svezia e in Gran Bretagna.
In sintesi, le richieste del Ftf vanno nella giusta direzione, ma i passi da compiere non saranno facili da compiere viste le resistenze di Ferrovie dello Stato.