Diciamo la verità: Massimo Ponzellini, presidente della Banca popolare di Milano, ha detto quello che molti banchieri pensano, magari dicono sottovoce, ma non lo esternano. “Da Bankitalia mazzate a banche sane”, ha arringato Ponzellini sabato scorso durante l’assemblea dei soci della Popolare di Milano.

Il riferimento è al forcing che da tempo la Vigilanza della Banca d’Italia ha avviato sulle banche italiane: per ricapitalizzare, per rafforzare i patrimoni, per migliorare la governance, per essere più efficienti ed efficaci e per quant’altro. Un pressing a volte asfissiante per gli istituti di credito, però di sicuro indispensabile secondo la visione della Vigilanza di Palazzo Koch.



La corsa per irrobustire i capitali delle banche è partita per rispondere all’appello lanciato a febbraio dal governatore di Banca d’Italia, Mario Draghi, al Forex di Verona: “Ci aspettiamo che gran parte dei profitti conseguiti lo scorso anno venga destinata ad accrescere la dotazione patrimoniale. Appare comunque inevitabile, non appena le condizioni lo consentiranno, che si ricorra anche al mercato dei capitali”, aveva esortato il governatore in vista delle nuove regole più stringenti di Basilea III sui requisiti patrimoniali. In realtà, considerato il netto anticipo con il quale i maggiori gruppi del credito hanno aperto i paracadute rispetto ai colossi europei, le ragioni della pressante moral suasion di Bankitalia vanno cercate anche altrove.



Candidato numero uno alla guida della Banca centrale europea (Bce), Draghi sembra voler terminare il proprio incarico a Palazzo Koch con un sistema bancario solido e in regola, da primi della classe. Con un attivismo della Vigilanza di Palazzo Koch che non ha precedenti – secondo molti banchieri – ha incalzato gli istituti sugli aumenti di capitale. Lo conferma il forcing di questi giorni sulle banche popolari e in particolare sulla Bpm, che dovrà rimborsare al Tesoro 500 milioni di Tremonti bond entro il 2013 e alla quale il governatore ha imposto requisiti patrimoniali più severi a partire dal 30 giugno, chiedendo in maniera perentoria la ricapitalizzazione da 1,2 miliardi di euro.



Draghi pressa anche perché effettivamente le banche vedono lievitare le sofferenze e i crediti incagliati nei bilanci. Le sofferenze lorde a febbraio sono cresciute a 92 miliardi (oltre 1,1 miliardi in più rispetto a gennaio e più del doppio rispetto ai 43,2 del 2009) di pari passo con le difficoltà dei clienti nel rimborsare i prestiti. Una stima di PricewaterhouseCoopers prevede per fine 2011 sofferenze lorde a 86 miliardi di euro, con un incremento del 10% rispetto all’anno precedente.

Resta la sensazione in molti banchieri che Draghi, ormai candidato numero al posto di Jean-Claude Trichet alla Bce, voglia fare più il prussiano che l’italiano, per rassicurare le ultime titubanze tedesche nell’accettare un “latino” seppure con pedigree americano: un tocco di rigorismo ulteriore può corroborare ulteriormente – posto che ve ne sia bisogno – la corsa per il vertice dell’Istituto con sede a Francoforte.

Una prospettiva che apre anche la successione in Bankitalia. Chi ancora sostiene che il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, in cuor suo non sia entusiasta di vedere l’attuale governatore dell’Istituto di via Nazionale, che potrebbe bacchettare l’Italia, dimentica che con il trasloco di Draghi da Roma a Francoforte il titolare del Tesoro avrà voce in capitolo per scegliere il successore di Draghi in Bankitalia. In questo modo Tremonti potrebbe estendere la sua rete di potere e relazioni non invasiva, ma pur sempre potenzialmente pervasiva, anche con i vertici di istituzioni indipendenti e di garanzia.

C’è anche chi, all’interno della maggioranza di governo, paventa che oltre a poter già contare su una personalità stimata dagli addetti ai lavori, come il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, già vice di Tremonti all’Economia, il titolare del Tesoro potrebbe adesso indicare un suo uomo di fiducia sulla Banca centrale che vigila sugli istituti di credito. Una concentrazione eccessiva? Saranno i fatti a rispondere a questo interrogativo.