Incassato l’ultimo successo con i sindacati, Sergio Marchionne non ha più alibi: adesso deve farci vedere quel che sa fare non come gestore di uomini, né come contabile (campi nei quali si è dimostrato un asso), ma come produttore di automobili.

Qui, invece, restiamo ancora in trepida attesa. I giornali scrivono sulle meraviglie negli Usa della 500 che ha venduto 900 vetture. Meglio di niente, ma tant’è. Chrysler mostra un aumento per il tredicesimo mese consecutivo, evviva, ma tirano Jeep e camioncini. Non avevamo sentito che la strategia era riequilibrare il mix a favore delle berline? E dov’è la famosa vettura ecologica, test simbolico della svolta?



Diamo tempo al tempo, dicono gli uomini di Marchionne e intanto le loro preoccupazioni principali sono finanziarie. Ma andiamo per ordine.

1) La vittoria dei sì alla Bertone è stata massiccia. Grazie alla mossa dei delegati di base Fiom che hanno disobbedito al vertice. “Hanno mostrato intelligenza”, ingoia amaro Maurizio Landini, il quale però non firmerà l’accordo perché la consultazione non era libera. Quindi continueranno i ricorsi alla magistratura chiamata ormai a fare supplenza anche in campo sindacale. Intelligenti o schiavi impauriti? Che cosa sono per il segretario della Fiom quegli operai che gli pagano lo stipendio?



Si tratta di reazioni scomposte, meglio ammettere la sconfitta e riaprire la discussione. Quello che da tempo chiede Susanna Camusso. La segretaria della Cgil ha oggi argomenti in più per arrivare a quello show-down che appare inevitabile. Quanto a Marchionne, adesso ha l’occasione per scoprire le carte fino in fondo.

2) Le vendite Fiat sul mercato interno vanno ancora male, la perdita di quote non si ferma. Colpa degli incentivi ecologici, dice l’ufficio stampa, però ne hanno usufruito anche le altre marche. La Fiat di più, insistono al Lingotto. Ma l’emorragia resta consistente. Sospendiamo il giudizio. Sembra che la Giulietta vada bene all’estero. Ma in ogni caso le vendite maggiori riguardano sempre Punto e Panda. Modelli ormai stagionati. Dopo tanti annunci aspettiamo di vedere i nuovi.



3) Chrysler vende ed è tornata a far profitti. Trae vantaggio da un mercato americano che tira alla grande e ha riportato General Motors, l’altra grande malata, in testa alle classifiche. Va bene anche Ford. Entrambe s’approfittano dei guai di Toyota, duramente colpita da terremoto e tsunami in Giappone. L’operazione Chrysler è tutt’altro che chiusa. Un segnale positivo è che comincia a vendere agli individui e non solo alle flotte aziendali.

4) Gli annunci sul rimborso anticipato dei prestiti a zio Sam non nascondono che si tratta di uno swap tra debito con il pubblico e debito con i privati per cercare di spuntare tassi di interesse migliori. Marchionne calcola risparmi significativi. Tuttavia, il rating per Chrysler resta ancora basso, di quattro caselle più giù del già modesto rating Fiat. Dunque, l’emissione di bond per finanziare la prima tranche da versare al Tesoro, non sarà certo una passeggiata. L’operazione dovrebbe avvenire solo a giugno e intanto si parla, si parla…

5) Parole, parole, montagne di parole anche sulla scalata Fiat a Chrysler: il 51% dovrebbe essere raggiunto nella seconda metà dell’anno, intanto Chrysler verrebbe consolidata in Fiat auto per darle più massa di manovra. Nel 2012, pagati tutti i debiti al governo americano, dovrebbe cominciare l’iter per la quotazione in borsa per far scendere il peso degli eredi Agnelli. Ma affinché ciò riesca, c’è bisogno di garantirsi l’appoggio di investitori forti e occorre avere un bel gruzzolo a disposizione.

Di qui le manovre che filtrano sui giornali: John Elkann va a Omaha, Nebraska, per incontrare Warren Buffet; il tentativo di acquisire la Formula 1 insieme a Rupert Murdoch che darebbe il via a un disimpegno da Ferrari con la sua quotazione in borsa: oggi viene valutata 5 miliardi, se Fiat ne vendesse la metà potrebbe avere un bel gruzzolo a disposizione; intanto La Repubblica scrive di una vendita di Fiat industrial in tutto o in parte, ipotesi avanzata fin dal giorno in cui, un anno fa, venne annunciato lo spin off.

Insomma, un tourbillon di annunci, voci, rumori fuori scena, fuochi d’artificio che alzano le aspettative e le quotazioni. La borsa reagisce ai rumors più che alle cifre sulle vendite e già questo è tutto dire. Chi, come noi, ha giudicato Marchionne un ciclone positivo, senza tacere sulle sue contraddizioni e senza condividere tutte le sue scelte, vorrebbe a questo punto, vederci un po’ più chiaro.