L’annuncio della dismissione delle attività di Lufthansa Italia continua a porre più di una domanda sul futuro dell’aeroporto di Malpensa. «Nel breve periodo – ci spiega Oliviero Baccelli, vicedirettore Certet (Centro di economia regionale dei trasporti e del turismo dell’Università Bocconi) e docente di Economia dei trasporti – cambierà poco o nulla, dato che Easyjet e AirOne, che erano i due concorrenti più temibili, dal giorno stesso dell’annuncio di Lufthansa hanno iniziato a studiare bene come poter coprire le rotte che dalla fine di ottobre verranno lasciate libere. Sia le destinazioni che le frequenze saranno quindi riassorbite in tempi relativamente brevi: penso che entro la fine dell’anno quel 6-6,5% di passeggeri di Lufthansa Italia non verrà meno nel computo complessivo del traffico di Malpensa. Diverso il discorso per il medio-lungo periodo».
Perché?
Mentre in altri contesti europei Lufthansa aveva acquisito un soggetto che era leader o secondo vettore del mercato nazionale (Bmi, Sabena, Austrian e Swiss), sul mercato italiano aveva provato a dar vita a una nuova compagnia aerea, con l’intento di sostituire la logica di hub and spoke attuata da Alitalia fino all’aprile del 2008 con un tipo hub and spoke in cui Lufthansa Italia doveva essere il perno di tutta l’alleanza internazionale Star Alliance. Non si trattava dunque di un’iniziativa semplice, anche perché mai sperimentata prima. Ora, con l’addio di Lufthansa Italia viene meno l’ambizione di medio-lungo termine di fare del Terminal 1 di Malpensa un aeroporto di transito per la clientela business.
Cos’è che, secondo lei, non ha funzionato?
Non è che non abbia funzionato qualcosa in modo specifico. Certo, il fattore che ha inciso di più è stata la concorrenza fortissima di Easyjet e di AirOne. Quest’ultima, in particolare, sulle direttrici nazionali ha messo in atto una strategia “francobollo” (stessi orari, stesse destinazioni, stesso target di clientela e stesso terminal). Questa concorrenza ha fatto sì che ci fosse una sovraofferta su alcune destinazioni, situazione che determina un load factor basso, e, cosa più complicata da gestire, che il prezzo medio del biglietto scendesse significativamente in un contesto in cui il prezzo del petrolio, invece, ha fatto salire i costi operativi in modo importante.
Lei ha appena fatto riferimento ad AirOne, strategicamente “francobollata” a Lufthansa Italia. La decisione tedesca di abbandonare il campo può essere quindi vista come una vittoria per Alitalia?
Ne sono sicuro, perché mi è stato riferito che da parte loro la decisione di Lufthansa è stata considerata come un successo della propria iniziativa. Per Alitalia, l’obiettivo prefissato un anno fa, quando furono posizionati gli aeromobili AirOne a Malpensa, è stato sicuramente raggiunto.
Lufthansa resterà comunque a Malpensa, puntando ad aumentare i collegamenti con la Germania, in particolare con l’hub di Francoforte.
Si tratta di un ritorno al passato, alla vecchia logica che vuole che i quattro grandi aeroporti europei (Francoforte, Parigi, Amsterdam e Londra) diventino gli snodi per i voli intercontinentali italiani. Dato che si è spento il barlume di speranza che Lufthansa Italia potesse gestire un sistema di hub and spoke a Malpensa con gli altri membri di Star Alliance, ora si ritorna al passato, che vuol dire però alla situazione precedente al 1998. Certo, nel frattempo l’aeroporto è riuscito a creare una serie di voli intercontinentali, soprattutto di compagnie mediorientali e asiatiche, e nel Terminal 2 Easyjet ha accresciuto la sua forza, anche di tipo negoziale nei confronti della Sea. Si tratta di elementi di contesto assolutamente importanti, ma la strategia di fondo è quella.
La presenza così importante di un vettore low cost come Easyjet non può diventare un problema per le compagnie tradizionali che operano a Malpensa?
Easyjet non è un classica low cost, non è come Ryanair: ha una capacità di aggredire il mercato a tutto tondo, perché copre le direttrici principali con quattro o cinque frequenze al giorno, offre una serie di servizi aggiuntivi, è posizionata al Terminal 2 che è praticamente dedicato a lei. Sono tutti dettagli importanti anche per la clientela business. Perciò Easyjet è un concorrente molto temibile per chiunque voglia operare sul breve-medio raggio a livello nazionale ed europeo, sia per le compagnie tradizionali che per le altre low cost.
Si potrebbe cercare di favorire il self hubbing da parte dei passeggeri a Malpensa, magari collegando meglio i due terminal?
Sea si sta già muovendo per favorire il self hubbing e si tratta di uno sforzo importante e nient’affatto semplice, perché i due terminal non sono collegati in modo ottimale. Inoltre, esistono già logiche di self hubbing “fai da te” su Bergamo piuttosto che su Frankfurt-Hahn e su altri aeroporti serviti da Ryanair, che sul medio raggio europeo funzionano bene. Si tratta però di numeri abbastanza piccoli: nessuno può illudersi che Malpensa possa arrivare al 50% dei passeggeri in transito come Francoforte o Amsterdam grazie alla strategia del self hubbing, che al massimo potrà portare il dato al 7-10%.
In passato si è detto, e ancora oggi si ripete, che uno dei principali problemi di Malpensa sia la concorrenza di Linate. Cosa ne pensa?
Nel corso degli ultimi anni a Linate è cambiato poco o nulla, se non qualche volo in più verso alcune destinazioni dell’Europa centro-orientale, grazie al fatto che la concorrenza del treno ha fatto ridurre le frequenze del Milano-Roma in alcune parti della giornata, dando spazio a nuove compagnie. Si tratta comunque di cambiamenti ininfluenti rispetto al fatto che ormai la concorrenza tra i due aeroporti si è stabilizzata da circa 7-8 anni. La vera “minaccia” semmai arriva da Bergamo.
Si spieghi meglio.
Orio al Serio continua a crescere a ritmi impressionanti e viene considerato sempre più aeroporto milanese al 100%, grazie alla quarta corsia sull’A-4 e all’aumento delle frequenze dei pullman che collegano l’aeroporto con il centro città. Quando poi si raggiungono i 6-7 milioni di passeggeri si innescano circuiti virtuosi che spingono a un ulteriore sviluppo, senza dimenticare il numero delle destinazioni che si è ampliato in modo importante anche verso zone molto periferiche di Spagna, Germania, Regno Unito che non sono raggiungibili da altri scali. Ryanair ha avuto un ruolo importante in questo sviluppo, che ha certamente influito sulle possibilità di crescita di Malpensa.
In termini di passeggeri trasportati, Malpensa resta ancora lontana dal livello raggiunto nel 2007, prima dell’addio di Alitalia. Secondo lei, ci sono possibilità di poter recuperare questo gap?
I transiti in un aeroporto hanno l’esito di far contare due volte i passeggeri, dato che scendono da un aereo e salgono su un altro. Non essendoci questo effetto moltiplicativo, il recupero sarà per forza di cose lento. L’anno è iniziato bene, Easyjet e AirOne faranno sì che l’addio di Lufthansa Italia non abbia impatti negativi sui passeggeri trasportati nel 2011, che immagino si chiuderà con una crescita del 6-7%, mentre sarà inferiore negli anni a venire. Ci sono dei fattori che possono però giocare a favore di Malpensa.
Di che cosa si tratta?
La Lombardia resta una regione importante dal punto di vista economico per l’Italia. Se ci sarà quindi una crescita importante del nostro Paese, ci saranno degli effetti positivi anche per il traffico business di Malpensa. Lo scalo lombardo è poi l’unico aeroporto che può crescere nell’area milanese, perché Linate e Orio al Serio hanno come capacità massima 10 milioni di passeggeri circa, per cui i loro margini di sviluppo nel medio periodo, cioè nel 2015, sono estremamente contenuti, a differenza di Malpensa. Questa crescita potrebbe anche essere rafforzata da alcuni miglioramenti della viabilità, come la Pedemontana, che è importante per estendere il bacino di riferimento verso la Brianza e Bergamo, e poi l’interconnessione ferroviaria con il Terminal 2, che è fondamentale per avere uno servizio frequente degno di questo nome.
La prossima occasione da non perdere per Malpensa è quindi l’Expo del 2015?
È certamente un’opportunità fondamentale, ma sarà necessario portare avanti tutti gli investimenti previsti, realizzare per tempo le interconnessioni ferroviarie e stradali di cui ho parlato prima, in modo che tutto quello che l’Expo può dare lo si possa cogliere al meglio.
(Lorenzo Torrisi)