La giornata di ieri è stata segnata dal vertice di maggioranza a Palazzo Grazioli sulla manovra finanziaria. Alla fine le temute dimissioni di Giulio Tremonti non ci sono state ed entro domani il testo del provvedimento prenderà una forma definitiva in vista del varo da parte del Consiglio dei ministri. «Faccio una previsione – ci dice Francesco Boccia, Coordinatore delle Commissioni Economiche del Pd -: appena Tremonti tirerà fuori carte e numeri la situazione imploderà, perché nessuno sarà in grado di accettare le condizioni che avrà posto».



Non crede dunque che sia stato raggiunto un accordo tra i vertici della maggioranza?

A mio avviso oggi (ieri, ndr) non è successo nulla. Tremonti, come sua consuetudine, si sarà presentato all’incontro offrendo parole e non numeri. Aspettiamo quindi di vedere cosa succederà quando ci saranno le carte. Intanto, vedo dalle agenzie che Crosetto ha detto che Tremonti è “un brasato o un bollito”. Queste parole non arrivano da un deputato qualsiasi, ma da chi è stato responsabile economico di Forza Italia ed è uno dei “fedelissimi” del presidente del Consiglio. È poi evidente che Bossi ha interessi diversi da quelli di Berlusconi e che Tremonti ne ha altri ancora. I tre faranno fatica a trovare la quadra.



Intanto Di Pietro ha presentato la sua “contro-manovra”. Cosa ne pensa?

Non abbiamo ancora visto i dettagli della proposta, perché non c’è un testo articolato. Su alcuni temi l’Italia dei valori ha ripetuto posizioni consolidate del Partito democratico: penso in particolare alla tassazione sulle rendite finanziarie. Il nostro è stato il primo partito a fare progetti di questo tipo, anche con emendamenti alle precedenti manovre o con la proposta di legge di cui Bersani è il primo firmatario. Su questo tema mi pare che ci sia condivisione con l’Italia dei valori e che ci possa essere l’accordo anche con l’Udc.

E il Pd cosa farà?

Riteniamo che in un momento storico come questo si debba avere la forza di fare la più grande operazione di redistribuzione di risorse, di ricchezza, che non è stata ancora fatta. Il cardine della nostra posizione è nella mozione fiscale approvata alla Camera lo scorso dicembre, che chiede sostanzialmente che un euro prodotto dal lavoro e dalle imprese debba essere tassato meno di un euro prodotto dalle rendite finanziarie. Inoltre, essa prevede il superamento dell’Irap, attraverso la modifica dell’incidenza del costo del lavoro sulla stessa imposta, e degli studi di settore.

 

Visto che stiamo parlando di tasse, cosa pensa il Pd dell’ipotesi di una riforma fiscale con una riduzione delle aliquote Irpef e un aumento dell’Iva?

 

Non riteniamo utile un aumento dell’Iva, perciò all’abbassamento dell’aliquota più bassa dell’Irpef deve corrispondere una ridefinizione di alcune partite fiscali a partire da una lotta all’evasione molto puntuale e netta. Per questo speriamo che si riescano finalmente a incrociare i patrimoni di alcuni cittadini con i loro redditi, perché è inammissibile che ci siano in varie parti del Mezzogiorno, come del Nord, persone che pur non avendo ereditato negli ultimi anni hanno acquisito patrimoni, senza avere redditi adeguati a tale accumulazione.

 

Resta però il fatto che dei tagli vanno compiuti. Questa manovra in fondo viene fatta per far fronte agli impegni presi in sede europea di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014.

 

Detta così sembra quasi che sia colpa dell’Europa se bisogna fare una manovra da 43 miliardi. Invece, questa va fatta perché sono state compiute delle politiche economiche sbagliate che hanno avuto effetti depressivi. Oggi c’è la necessità di tagliare tanta spesa improduttiva e siamo anche d’accordo che si possa rivedere il sistema delle detrazioni fiscali. Il tema di fondo è però questo: chi pagherà la parte maggiore parte di questa manovra? Noi crediamo che non possiamo farla pagare ai salari più bassi, ai pensionati, ai piccoli imprenditori che sono in crisi e che boccheggiano senza liquidità. Bisogna che la paghino gli operatori del mondo finanziario, coloro che hanno usufruito di condoni come lo scudo fiscale in passato, i grandi patrimoni. Non c’è alternativa, perché i 43 miliardi devono essere trovati.

 

Tremonti sembra insistere molto per questa manovra sulla riduzione dei costi della politica. Si parla addirittura di rinuncia, a partire da luglio, dello stipendio per i ministri. Siete d’accordo?

 

Assolutamente sì e abbiamo presentato già una proposta sul tema con il taglio dei vitalizi a tutti i livelli, non solo per la politica, ma anche per i corpi dello Stato. Speriamo quindi che da parte del governo non si faccia solo propaganda, perché anche facendo i tagli di cui parla si avranno al massimo risparmi per 500 milioni di euro, mentre la manovra si dice sarà di 43 miliardi. Non voglio far polemica, ma forse Tremonti sarebbe più credibile se nel formulare questa proposta pensasse anche a ridurre gli stipendi ai suoi alti dirigenti, che raggiungono cifre pazzesche.

 

Invece, un punto di questa manovra sembra essere il blocco degli stipendi per il pubblico impiego di un ulteriore anno, oltre ai tre già stabiliti l’anno scorso. Cosa ne pensa?

Non misembra normale chiedere a chi guadagna 1.300 euro al mese di non avere l’aumento (stiamo parlando di 30-40 euro) per i tre anni già fissati, più un altro anno, quando ci sono alti funzionari, come il capo del gabinetto del ministero dell’Economia, che portano a casa un milione di euro. Se questi guadagnassero al massimo 250.000 euro (noi con il governo Prodi avevamo proposto di fissare questo tetto per gli stipendi degli statali), con i 600-700.000 euro di risparmio per ogni alto dirigente garantiremmo l’aumento di 30-40 euro al mese per centinaia di funzionari di piccoli comuni che magari fanno dei sacrifici incredibili per arrivare a fine mese.

 

Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha invece detto che non ci sarà l’aumento dell’età pensionabile per le donne nel settore privato. Questo è per voi positivo?

 

Vedremo se alla fine sarà effettivamente così. In generale non siamo contrari a una revisione del sistema pensionistico, purché abbia un punto fermo: l’adeguamento delle pensioni minime e una riduzione di quelle “d’oro”.

 

Pare anche che ci sarà una revisione del Patto di stabilità che favorirà i Comuni virtuosi. Cosa ne pensa?

 

È una nostra proposta che abbiamo portato in Parlamento almeno 4-5 volte ed è stata anche approvata una mozione. Siamo quindi d’accordo, anche se resta da vedere cosa si intende per comuni “virtuosi”.

 

(Lorenzo Torrisi)