La manovra approvata al Senato è a metà del suo iter legislativo, ma anche quando l’accelerazione politica “di unità nazionale” lo condurrà all’approvazione rimarrà “a metà” per quanto concerne il terreno del risparmio individuale.

Da un lato, il ministero dell’Economia ha preannunciato una riforma della tassazione delle rendite finanziarie: dal 2012 anche l’Italia si allineerà all’Unione europea nel prevedere una sola aliquota del 20% al posto dell’attuale forchetta. Finora, infatti, sono tassati al 12,5% i “capital gain” su transazioni azionarie od obbligazionarie e al 27% i proventi maturati su depositi bancari e postali. Sono esenti (e lo rimangono nel disegno di legge delega) i profitti realizzati su titoli di Stato, mentre è prevista un’importante deroga (11% nell’ipotesi) per le forme di investimento individuale in previdenza integrativa.



Non è ancora chiaro se il saldo dell’intervento sull’intera collettività dei risparmiatori italiani sarà positivo o negativo, ma certamente ne beneficeranno tutti i 40 milioni di titolari di un conto corrente presso un banca italiana. Un quarto di questi ultimi, tuttavia, sono anche titolari di “conti deposito titoli”, e su alcuni di loro si abbatterà la “stangata” dell’imposta di bollo: rimarrà invariata a 34,20 euro se il valore nominale degli investimenti finanziari detenuti è inferiore al 50.000 euro, mentre se l’importo è superiore la tassa è scaglionata in tre soglie da 60, 240 e 680 euro, che nel 2013 diventeranno rispettivamente 230, 780 e 1.100 euro a seconda dei valori in deposito.



Come è stato già notato anche su ilsussidiario.net, la “mazzata” (specialmente nella sua versione iniziale) presenta forti analogie con il tributo straordinario del 6 per mille sui conti correnti del luglio ‘92 e caratterizza una manovra in cui l’Economia ha dovuto trovare ai conti pubblici una “quadra” d’emergenza, che sta già facendo molto discutere. E che mitiga l’effetto positivo della riforma della tassazione dei fondi comuni d’investimento varata in febbraio dal Milleproroghe: dall’1 luglio (allorché è entrata in vigore la nuova normativa Ucits 4 sull’offerta di strumenti d’investimento) i fondi italiani e i fondi esteri sono tassati in egual misura sulle plusvalenze effettivamente “realizzate” e non più su quelle nominalmente “maturate” anno dopo anno.



E d’altro canto – lo ha notato su Il Sole 24 Ore l’economista Luigi Guiso – la nuova imposizione sui depositi-titoli può creare nuove distorsioni nell’allocazione del risparmio, proprio quando l’aliquota unica tende e rendere fiscalmente neutre le scelte di investimento puro degli investitori. Intanto – a manovra ancora da approvare – non è ancora chiaro se un “deposito titoli” sia – tecnicamente – un dossier che contenga almeno due categorie di attività (ad esempio, Btp e azioni). Se questo fosse confermato, i risparmiatori sarebbero indotti a concentrare i loro impieghi su una sola categoria, rinunciando forzatamente all’effetto anti-rischio insito nella diversificazione.

Più in generale, la misura fiscale può spingere a concentrare la propria ricchezza finanziaria in una sola banca (ad esempio, se si dispone di un milione di euro) o a suddividerla in più piccoli conti inferiori a 50.000 euro: in entrambi i casi con scelte potenzialmente non corrette sul piano dell’efficienza e dell’efficacia.

Ancora, il ritorno di un “fissato bollato” sui titoli accentua la “preferenza per la liquidità” tipica dei risparmiatori in questo dopo-crisi: in concreto a tenere i propri quattrini in banca (nei conti tradizionali o in quelli innovativi sul web). È, quest’ultima, una prospettiva certo non sgradita alle autorità monetarie (il ministro e la Banca d’Italia): banche gonfie di risparmio sono una buona garanzia sia per la loro solidità singola, sia per la capacità del sistema creditizio di assorbire le offerte di titoli di Stato, in queste settimane di forti turbolenze sui mercati.

La stabilizzazione e la ripresa effettiva dei mercati, d’altra parte, è l’unica condizione concreta nella quale il risparmio “rende” davvero, al netto della pressione fiscale. In attesa di capire se e come la delega di riforma fiscale rappresenterà invece una rampa di lancio per i fondi pensione, troppe volte rimasti ai blocchi di partenza.