I fari dei mercati finanziari saranno puntati oggi sul vertice europeo in cui si discuterà del secondo pacchetto di aiuti alla Grecia. Trovare una soluzione che scongiuri il default del Paese ellenico, che potrebbe avere conseguenze su tutta l’Eurozona, è un obiettivo fondamentale e per questo sarà importante la posizione che terrà la Germania. «Non credo – ci dice l’economista Mario Deaglio – che Berlino si discosterà dalla sua linea precedente, tenuto conto della situazione tedesca interna».



Cosa intende dire?

L’attuale maggioranza ha perso terreno nelle ultime elezioni locali e se si tornasse adesso al voto probabilmente la Merkel ne uscirebbe sconfitta. Per questo la Germania spinge per una soluzione che tenga conto di due priorità: non chiedere sacrifici al contribuente tedesco per la crisi dell’euro e dei paesi periferici coinvolti; far pagare alle banche, ma fino a un certo punto, per evitare che saltino. Credo che Berlino abbia poi nel cassetto un “piano B”, per cui se l’euro dovesse saltare ne potrebbe creare un altro con i soli paesi forti. Ma per il momento questa resta un’ipotesi lontana, di cui sicuramente non si parlerà.



Che tipo di interventi occorreranno per i paesi europei periferici più in difficoltà?

In Grecia c’è già di fatto un commissariamento, con i rappresentanti di Fmi, Bce e Ue che sovraintendono a tutti i movimenti del Tesoro. Se la situazione di Portogallo e Irlanda peggiorerà, anche lì si arriverà a questo. Per gli altri paesi finora solo sfiorati dalla crisi del debito, come l’Italia, la situazione è diversa: abbiamo visto forti pressioni perché si facesse la manovra finanziaria, ora ne avremo perché si tenga una guardia molto alta sull’andamento dei conti, così da evitare di trovarci in guai seri come quelli dei paesi prima detti.



Lei pensa che la manovra italiana vada rinforzata, anticipata oppure che occorrano altre misure per diminuire il debito pubblico?

Credo che per il momento non ci sia nulla da fare: c’è solo da aspettare. I mercati hanno già i loro problemi e tra poco si presenteranno quelli del dollaro. La situazione è molto indefinita, siamo tutti nella nebbia, per cui è bene stare a vedere quello che succederà.

 

Si sta tornando a parlare di eurobond quale soluzione ai problemi dell’eurozona. Lei pensa che questa sia una strada percorribile?

 

Da un punto di vista tecnico sì. C’è però un problema politico: creare gli eurobond vuol dire, per gli stati nazionali, perdere parte del controllo delle finanze pubbliche. Non sarebbero più loro a emettere parte del debito, ma un ente centrale che agirebbe secondo parametri di carattere “europeo” e non più nazionale. Se finora siamo passati da posizioni nazionali totalmente indipendenti (nei limiti del Patto di stabilità) al coordinamento delle finanziarie, che ha dato qualche frutto, ora, data la situazione, è chiaro che questo coordinamento dal centro deve dare origine a un’autorità finanziaria indipendente dai governi nazionali.

 

Lei prima ha accennato ai problemi del dollaro. Gli Stati Uniti, in effetti, rischiano il default. Quali sarebbero le conseguenze del fallimento della prima economia mondiale?

 

Chi ha dei titoli in dollari non verrà più rimborsato. Avremmo una situazione di caos sui mercati in cui nessuno vorrà più il dollaro, forse con una sua sospensione dalle quotazioni monetarie. Probabilmente il mercato stesso delle valute verrebbe molto limitato da diversi controlli. Se si giungesse a questa situazione, poi, non è da escludere la nascita di una nuova unità monetaria internazionale (come vorrebbe la Cina) in cui ci sarebbero altre monete base oltre al dollaro. In ogni caso, se mai gli americani arrivassero a questo “suicidio” finanziario causerebbero danni gravi a tutti, ma gli altri si riprenderebbero prima di loro.

 

Secondo lei, Obama raggiungerà un accordo con i Repubblicani per evitare questa situazione?

Francamente non saprei e mi pare che gli stessi commenti che arrivano dagli Usa siano estremamente vaghi. Ha presente quei film americani degli anni ’50 in cui i giovani si sfidavano in macchina ad alta velocità rischiando uno scontro frontale e vinceva chi aveva i nervi più saldi e si spostava per ultimo per evitare la collisione? Bene, in questo momento è in corso questa gara, con il Presidente che, nonostante sembrasse in un primo momento più accomodante, ha fatto sapere che metterà il veto a una legge sui limiti della spesa come quella proposta dai Repubblicani. In questa guerra di nervi bisognerà vedere quale sarà la loro risposta a questo “rilancio”.

 

Se all’inizio della crisi finanziaria si puntava il dito contro i “titoli tossici”, ora il problema sembra stare nei titoli di Stato, che fino a poco tempo fa erano sinonimo di garanzia e di basso rischio e che ora, in alcuni casi, vengono considerati “spazzatura”. Cos’è cambiato?

 

La crisi ha giocato la sua parte, perché la situazione delle finanze pubbliche è peggiorata in tutti i paesi ricchi: se l’economia non tira vengono pagate meno imposte, si apre un buco e per finanziarlo si fanno dei debiti su cui si pagano degli interessi. In alcuni casi, si fanno debiti per pagare gli interessi accumulati in precedenza. A questo punto non è quindi più il livello del debito che conta, ma la sua dinamica: ci sono paesi, come la Spagna, che hanno un livello di debito molto più basso dell’Italia, ma la dinamica è molto più alta, perché si stanno facendo debiti per pagare gli interessi sui debiti precedenti, quindi il debito complessivo può “schizzare” in poco tempo. L’Italia è invece è più stabile: il debito è elevato, ma negli ultimi dieci anni è rimasto sostanzialmente stabile. I titoli di Stato diventano quindi “spazzatura” proprio a causa della velocità con cui il debito si accumula.

 

Anche se gli Stati Uniti evitassero il default, la situazione finanziaria internazionale non sembra rosea. Ci vorrà una svolta per sperare in una soluzione definitiva della crisi?

 

Credo che alla fine l’unica soluzione possibile sia svalutare il debito. Si può fare una svalutazione “a freddo”, che riesce molto meglio, se tutti sono d’accordo, per cui al posto di rimborsare 100, per esempio, si restituisce 80 (è stato fatto in passato in America Latina, in Russia e in altri paesi), oppure con l’inflazione. Francamente non vedo altre vie d’uscita, a meno che miracolosamente le economie si riprendano: per il momento non danno segni di crescita, anzi rallentano dappertutto. Penso che si faranno ancora dei tentativi di rilancio e se non riusciranno si andrà verso nuovi tagli, che, probabilmente, prima o poi incontreranno una forte opposizione politica. Dopo tutto, per salvare i capitali, i risparmi, si sta compromettendo il lavoro, l’occupazione, i bilanci familiari che sono quelli che pagano tutto. Presto o tardi i cittadini potranno ritenere che non siano giuste operazioni di questo tipo e decidere di mandare a casa i governi che le fanno, finché non si comincerà a parlare di svalutazione del debito. Si tratta comunque di scenari ancora lontani.

 

(Lorenzo Torrisi)

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