Investi 1 euro e ne ricavi 12. Non è il rendimento improbabile di qualche nuovo strumento finanziario, ma quello tutto reale del lavoro volontario in Italia. Lo afferma una ricerca promossa dall’Osservatorio sull’economia sociale del Cnel e condotta dall’Istat, che verrà presentata oggi a Roma alla presenza di Antonio Marzano, Presidente del Cnel, e di Enrico Giovannini, Presidente dell’Istat.
La ricerca, dal titolo “La valorizzazione economica del lavoro volontario nel settore non profit”, fornisce per la prima volta in Italia una misura ufficiale del volume e del valore economico del lavoro volontario all’interno del terzo settore. Il risultato? Più di 700 milioni di ore di lavoro volontario in un anno e un controvalore economico stimato in quasi otto miliardi di euro, pari a circa lo 0,7% del Pil. Per dare un’idea delle proporzioni, si tratta di un volume di ore pari a quelle erogate in un anno da 385.000 lavoratori a tempo pieno. Sommando questo dato al numero degli occupati, il settore non profit supererebbe il milione di addetti e genererebbe un valore economico superiore al 4% del Prodotto interno lordo.
Le stime si riferiscono al 1999 e si basano sui dati provenienti dal Censimento delle istituzioni non profit del 1999 e dal Censimento dell’industria e dei servizi del 2001. Se si tiene presente il ritmo con cui negli ultimi quindici anni sono cresciuti sia il terzo settore che la propensione degli italiani al lavoro volontario, è assai plausibile che i risultati della ricerca siano approssimati per difetto e che l’ampiezza attuale del fenomeno sia ancora maggiore.
Come ha affermato Lester Salamon, Direttore del Center for Civil Society Studies della Johns Hopkins University, nel suo messaggio alla II Conferenza di Csvnet del 26 ottobre 2010, il lavoro volontario è importante, ma è spesso sottovalutato e non viene misurato e nel nostro mondo ciò che non viene contato si pensa semplicemente che non conti». Per questo la ricerca promossa dall’Osservatorio sull’economia sociale del Cnel è fondamentale, perché fa emergere pubblicamente e in tutta la sua imponenza la realtà del lavoro volontario, la cui rilevanza sociale ed economica non può più essere messa in discussione, né essere considerata marginale.
«Il volontariato è in un certo senso aggiunge ancora Salamon – una delle cruciali risorse rinnovabili per la risoluzione dei problemi sociali e ambientali nel nostro mondo». Problemi che né i governi, né il mercato possono risolvere da soli. Nessun’altra forma di lavoro è in grado di condividere e affrontare con tempestività il bisogno delle persone e della società, quando questo si manifesta, come accade oggi, all’improvviso, in forme nuove e inattese e fuori dagli schemi e dai tempi di reazione di pur necessari processi burocratici.
Da questo punto di vista, il lavoro volontario è un fattore essenziale per lo sviluppo del bene comune e ha un ruolo insostituibile nella società e nella democrazia italiana, come ha ricordato anche il Presidente Giorgio Napolitano in occasione della Giornata internazionale del volontariato che si è svolta il 5 dicembre dello scorso anno.
L’Italia è un Paese in declino, lo dicono tutte le analisi sociali ed economiche e lo ripetono tutti gli osservatori nazionali e internazionali. Il Censis, in uno dei suoi ultimi Rapporti, registra con lucidità una crisi del desiderio che nessun riformismo o ricetta politica potrà di per sé risolvere. Ma nonostante questo, i risultati della ricerca Cnel-Istat dicono che c’è anche un Paese che non ha smesso di desiderare, che non viene meno al tentativo di costruire e di contribuire al bene comune e che rappresenta un punto di leva per tutti.
Il lavoro volontario conta e l’Istat l’ha certificato in modo ufficiale. La politica e le istituzioni lavorino sempre più perché tutto questo possa dilatarsi, assecondando e valorizzando il principio di sussidiarietà. La vera ripresa del Paese, infatti, passa dalla stessa origine che genera milioni di ore di lavoro volontario ogni anno.