A volte ritornano. Nuove tasse. Nel caso specifico si tratta della sovrattassa per l’utilizzo della rete ferroviaria ad alta velocità da parte di tutti gli operatori. Vi era stato un primo tentativo di inserirla nel decreto sviluppo circa due settimane fa, evitato poi all’ultimo momento, e adesso, nel testo del decreto legge della manovra economica, il provvedimento è rispuntato.



Una nuova tassa per tutte le compagnie che operano sulla rete che supporta i 250 chilometri orari al fine di finanziare il servizio universale, addirittura per “uno sviluppo dei processi concorrenziali nel settore dei trasporti ferroviari, in armonia con la necessità di assicurare la copertura degli oneri per i servizi universali di trasporto ferroviario di interesse nazionale oggetto di contratti di servizio pubblico”.



Che una tassa, distorsiva per definizione (a eccezione della lump sum tax), possa portare a uno sviluppo dei processi concorrenziali è alquanto discutibile. Così come è discutibile il fatto che esista il servizio universale nel trasporto ferroviario. Può infatti esistere il servizio universale per quanto riguarda il trasporto, ma non certo per una singola modalità. Raggiungere un paesino di montagna con la ferrovia non è efficiente e dunque vi possono essere altri mezzi più competitivi del servizio ferroviario.

Vi è un altro punto della tassa che non convince. Il costo d’accesso all’utilizzo della rete infrastrutturale ad alta velocità è più alto in Italia rispetto a tutti i Paesi dell’Unione europea, ad eccezione della Francia. Rispetto al Belgio, l’accesso italiano è più caro mediamente del 47%, mentre rispetto alla Germania il canone pagato dagli operatori è del 21% più costoso. In Spagna la differenza supera il 23%.



Questo nei paesi continentali dove esiste un’infrastruttura ad alta velocità di prima categoria. Se il confronto viene invece fatto con i paesi nordici, dove è in funzione l’alta velocità di seconda categoria (velocità massima di almeno 200 km/h), le differenze sono ancora maggiori. Il pedaggio italiano è tre volte superiore a quello finlandese, ad esempio. Dove i pedaggi della rete sono bassi in Italia? Nel servizio intercity, dove il costo per treno chilometro è pari a 2,9 euro, contro i 3,6 euro per i paesi principali dell’Europa continentale.

Vi è infine un’ultima questione alla quale rispondere: è giusto che il servizio ad alta velocità paghi il servizio regionale? In Italia per il servizio dei pendolari non esistono di fatto gare di assegnazione del servizio. I contratti siglati tra Trenitalia e le Regioni, che hanno visto un incremento del 48% dei contributi a fronte di un aumento dei treni chilometri offerti dell’1% tra il 2006 e il 2009, non sono concorrenziali, come avviene in Germania, dove è presente la stessa Trenitalia.

La legge ha previsto addirittura finanziamenti per 480 milioni di euro per quelle Regioni che avessero firmato un contratto con Trenitalia. Questa norma, pesantemente contestata anche dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, di fatto annulla la possibilità di fare entrare nuovi operatori. Se nel servizio regionale le gare, di fatto, non esistono, nel servizio “universale” a lunga percorrenza non è addirittura prevista una gara per l’assegnazione.

Non è dunque possibile sapere se Trenitalia, che opera questi servizi, sia efficiente o meno e se dunque ulteriore fondi, oltre a quelli che già riceve, siano in realtà uno spreco per lo Stato italiano. La tendenza di avere sempre più contributi pubblici a fronte di un servizio sostanzialmente immutato in termini di offerta si rileva non solo nel trasporto regionale, ma anche nel trasporto “universale” a media lunga percorrenza.

Cui prodest questa nuova tassa che farà aumentare i prezzi dei biglietti?