Rendimenti in calo nell’asta Bot a 12 mesi per 6,5 miliardi di euro di ieri, i tassi sono passati dal 3,67% del mese scorso al 2,959%! Buona anche la domanda pari a 12,6 miliardi, il doppio dell’offerta! Di più, la domanda, si dice nelle sale operative, sarebbe stata sostenuta sia dagli operatori istituzionali italiani che dal retail! Evvai, la panacea della Bce ha fatto ripartire il Paese, ha ragione Brunetta a dichiarare al Giornale che fra tre mesi l’Italia sarà a posto!
Ok, l’angolo dell’entusiasmo è terminato, ora parliamo seriamente. L’unico dato offertoci dalla giornata economica di ieri che realmente conta, è questo: la crisi del debito greco pesa sui conti del secondo trimestre di Commerzbank con oneri per 760 milioni. Lo ha comunicato la stessa banca tedesca, che nel trimestre ha registrato un utile operativo sceso a 55 milioni di euro dai 243 milioni di un anno prima. Anche l’utile netto è precipitato del 93% a 24 milioni. L’esposizione verso i titoli greci, attraverso Eurohypo, è scesa nel secondo trimestre a 2,2 miliardi (da 1,9 miliardi nel primo trimestre), quella verso i titoli italiani a 8,7 miliardi (da 9,4), verso i bond spagnoli è sostanzialmente stabile a 2,9 miliardi (3) e verso quelli portoghesi è rimasta invariata a 0,9 miliardi. L’esposizione verso il debito sovrano italiano scende quindi di circa il 10%. Compresi i dati su corporate e banche, l’esposizione verso l’Italia è di 15 miliardi (come verso la Spagna).
Insomma, a dispetto del tonfo dello spread Btp-Bund, ieri attorno a quota 278 punti base, e dell’euforia illogica di Wall Street per la conferma da parte della Fed che la recessione double-dip è dietro l’angolo, le criticità verso il Vecchio Continente appaiono tutto tranne che spazzate via, a partire proprio dal ruolo della Bce e dall’atteggiamento della Germania, nei fatti titolare della golden share europea, ma anche principale “vittima” dello scudo difensivo di Francoforte per Italia e Spagna.
L’altro giorno il presidente della Banca centrale europea, Jean Claude Trichet, ha sì confermato che l’istituto sta acquistando titoli di Stato sul mercato secondario e intende continuare a farlo – nonostante questo «non sia ciò che dovremmo fare» -, ma anche ricordato come «abbiamo chiesto in modo estremamente chiaro al governo italiano di assumere un certo numero di decisioni che sono state prese e di accelerare in particolare il ritorno a una situazione di bilancio normale». Insomma, al netto della diatriba nominalistica sul commissariamento più o meno del nostro Paese da parte della Bce, di certo c’è il patto che vede Francoforte impegnata a mantenere lo spread tra Btp e Bund entro quota 300 punti base a fronte dell’impegno da parte del governo italiano di accelerare parti della manovra in maniera drastica.
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Ma è la Germania che sembra decisa ad andare oltre, almeno stando alle parole del suo ministro dell’Economia, Phillip Roesler, secondo cui tutti i paesi dell’Eurozona devono «al più presto ancorare un freno ai debiti nelle loro Costituzioni e sottoporsi a stress test. E chi non riuscirà a superarli, dovrà subire le conseguenze. È necessario sviluppare una cultura comune della stabilità, non basta aprire ombrelli di salvataggio». Insomma, più che un avvertimento, visto che per David Marsh, co-presidente di Omfif, «i falchi interni al governo tedesco e alla Bundesbank hanno certamente imposto dei limiti. La Bce non è scesa in campo con il suo armamento al completo».
E questo potrebbe inviare un segnale pericoloso ai mercati, visto che gli investitori non hanno scordato come i rendimenti di Portogallo, Grecia e Irlanda siano terminati fuori controllo, nonostante la Bce avesse comprato in precedenza circa un quinto dei loro debiti combinati. Per Jacques Cailloux, economista per l’Europa a Rbs, «l’intervento della Bce ha fermato il collasso del mercato obbligazionario del Sud Europa solo per il momento, se si vuole una vera stabilizzazione Francoforte deve decidere di agire come compratore di ultima istanza su vasta scala».
Gli investitori, infatti, ora trarranno vantaggio dei rally obbligazionari per tagliare le esposizioni a Italia e Spagna, spostando il rischio proprio verso la Bce e i contribuenti che la finanziano. Ma se l’Eurotower deciderà di smettere con gli acquisti, la crisi divamperà nuovamente. Qui si innesca la seconda variabile, ovvero per quanto la Germania permetterà alla Bce di intervenire in sostegno di Btp e Bonos a tutto svantaggio dei Bund e della Borsa di Francoforte. E se martedì per la prima volta dal 21 gennaio 2008, il cds tedesco ha superato di due punti base quello britannico, a Berlino sono pronti alle barricate contro l’ipotesi di ampliamento del fondo salva-Stati, poiché calcoli del ministero delle Finanze dimostrano come un’uscita di Italia e Spagna dalla struttura di garanzia dell’Efsf, porterebbe il carico da pagare da parte dei contribuenti tedeschi al 50% del Pil. Qualcosa di inaccettabile.
«Quanto sta accadendo è grave. Più l’Europa si impegna a comprare debito italiano e spagnolo, più la Germania scivola pericolosamente verso il gruppo di nazioni che possono essere attaccate», dichiara Andrew Roberts, analista del credito a Royal Bank of Scotland. Ma non solo: il cds francese è salito a 161 punti base, il livello più alto tra i paesi con rating AAA. Il rendimento del bond decennale francese è raddoppiato rispetto a quello di paesi dell’area core europea come Olanda, Austria e Finlandia. Per Roberts, «la Francia è ormai sul radar degli investitori. Ci aspettiamo che sia lei a bloccare il fondo salva-Stati, ma nonostante questo, il Fmi ha detto chiaramente che deve raddoppiare la sua stretta fiscale se vuole mantenere a regime la sua economia. E sempre il Fmi, il mese scorso ha reso noto che la ratio del debito francese è la più alta tra gli Stati con rating AAA, a quota 85% del Pil».
Insomma, la decisione del 21 luglio di rafforzare il fondo salva-Stati, nonostante i continui dinieghi tedeschi, ha completamente cambiato l’impianto istituzionale europeo, trasformando l’Ue in una “piscina del debito” con implicazioni molto pesanti per gli Stati finanziatori. Sempre Royal Bank of Scotland, in un suo studio, ha reso noto che se il fondo Ue sarà portato dagli attuali 440 miliardi a 2 trilioni di euro, somma necessaria per innalzare una barriera difensiva efficace per Italia e Spagna, la ratio debito/Pil tedesca salirà al 110% e quella francese al 122%.
Per Stephen Jen, capo analista alla Slj Macro Partner ed ex funzionario del Fmi, «l’Europa sta replicando gli errori compiuti dalle autorità finanziare dopo il crollo di Lehman Brothers, quando le banche sane furono fuse con le banche insolventi, ad esempio Lloyds e Hbos. Questa volta la fissione distruttiva sta avvenendo tra Stati solventi e insolventi. E gli investitori stanno scappando prima che questa fissione diventi esplosiva». Inoltre, sempre Jen getta ombre oscure sul futuro de rating AAA di Francia e Germania: «A livello di misurazione virtuale del debito, la Francia sta molto peggio degli Usa. Se Standard&Poor’s, come in effetti ha fatto, include nel giudizio sul debito Usa le perdite legate alla Social Security non finanziate, allora dovrebbe conteggiare come perdite contingenti per la Francia anche i mega-salvataggi in corso. Lo stesso rating AAA della Germania potrebbe non essere garantito, se l’Europa resterà basata su questo patto politico».
E anche la Bce non gode di miglior salute: «I bonds italiani e spagnoli si stanno indebolendo per ragioni del tutto naturali. Un giorno, la Bce dovrà essere ricapitalizzata dai governi». Ovvero, salvata esattamente come la Grecia, visto che già oggi opera con una leva di 1 a 26. Ma anche a livello costituzionale la situazione sta precipitando. Per il professor Volker Grossmann dell’Università di Friburgo, «il fondo salva-Stati non potrà andare in soccorso di Italia e Spagna, perché i politici non accetteranno mai di pagare somme cose sproporzionate di denaro. Sanno che sarebbe un suicidio politico. La crisi del debito sarà risolta attraverso inflazione più alta, un qualcosa che colpirà tutti e farà salire i costi della Germania per finanziarsi.
Sovvertendo la clausola di non salvataggio contenuta nel trattato di Maastricht, l’eurozona è su una strada scivolosa che porta a un regime di indisciplina fiscale capace di risucchiare le nazioni solide verso il casos dell’ultra-indebitamento. Inoltre, questi impliciti trasferimenti stanno prendendo corpo senza approvazione parlamentare da parte dei vari Stati. Questo tipo di unione politica potrebbe quindi non sopravvivere, poiché il suo collasso sarà causato proprio dai cittadini-contribuenti e dalla loro resistenza. Già nel passato, urla riguardo “niente tassazione senza rappresentanza” hanno portato a guerre». E bravo Trichet, in cauda venenum.