Le misure di rigore prese dal governo, in forma di decreto, vanno prima di tutto valutate in base al loro scopo primario di convincere la Bce a comprare titoli di debito italiano per sostenerne la credibilità.

In realtà, la Bce, a sua volta, ha bisogno di poter dimostrare che l’Italia ha capito che deve applicare il rigore sul serio e non per finta, allo scopo di ottenere il permesso della Germania di usare soldi europei, la cui percentuale maggiore è resa disponibile dai pagatori di tasse tedeschi, per acquistare il nostro debito.



La velocità con cui l’Italia ha approvato, via decreto, un progetto di pareggio di bilancio entro il 2013, ha ottenuto, nel breve termine, lo scopo. Quindi la Bce userà la sua potenza di fuoco per segnalare al mercato che i titoli di debito italiani avranno un compratore che non pretenderà un prezzo elevato di rischio e che quindi è inutile speculare contro.



Per qualche settimana l’Italia è salva grazie alla prova di coesione e velocità fornita dal suo governo nell’emanare una politica di rigore, per intanto nominalmente, credibile. Ma poi la salvezza dipenderà sempre più dalla qualità delle politiche di rigore.

La Bce acquisterà titoli di debito italiani fino a che non sarà operativo il Fondo europeo “salvastati”, in agenda per fine settembre, caricato direttamente con denari fiscali delle nazioni europee, a cui trasferirà la missione di protezione del debito di Italia e Spagna. La vera capacità di questa istituzione con la missione di garantire i debiti delle nazioni europee più a rischio è ancora ambigua.



Se verrà confermata la disponibilità di 400 miliardi per interventi, questa sarà sufficiente solo per coprire l’insolvenza di Grecia (già in atto) e Portogallo, prossima. Per sostenere l’enorme debito italiano, insieme a quello spagnolo, minore, ma con un sottostante economico più debole, ci vorrebbe una potenza di fuoco di almeno 600 miliardi in più, estendibili.

Ma se Germania e Francia si impegneranno a rendere disponibile una cifra del genere ciò ne destabilizzerà i bilanci nazionali esponendo il loro debito sovrano a un declassamento, complicando il tutto, eventualità di cui si vedono i primi segni nelle tendenze di mercato. Quindi è improbabile che il Fondo possa essere caricato dei soldi sufficienti.

Per questo l’Italia dovrà dare al mercato una garanzia assoluta che non aumenterà il debito, cioè mettere in Costituzione il divieto a fare deficit annuo (ammesso solo lo 0,2% del Pil) dal 2013 in poi. Con la possibilità, se il mercato non ci crederà o se perderà fiducia su tutti i debiti sovrani dopo il declassamento di quello statunitense, di dover anticipare tale misure entro il 2012.

Comunque è probabile, indipendentemente dalle dichiarazioni ufficiali, che sarà la Bce a continuare a garantire il debito italiano. Ciò sarà di grave imbarazzo per il sospetto di conflitto di interessi, soprattutto da parte dell’opinione pubblica tedesca, sull’italiano Draghi che in autunno ne assumerà la presidenza. Per allora l’Italia dovrà essere sufficientemente credibile per richiedere un minimo di interventi della Bce e non un massimo come ora.

In tal senso, la qualità delle misure di dettaglio, quando il decreto sarà convertito in legge, sarà valutata in base alla capacità di rispettare i “saldi”, cioè l’impegno al pareggio di bilancio. Tale priorità potrebbe modificare alcune misure prese nel decreto perché un po’ vaghe. Per esempio, l’aumento delle tasse e i tagli agli apparati.

In conclusione, i tagli necessari per dare credibilità al debito saranno maggiori di quelli ora calcolati e ciò renderà caldissimo l’autunno.

 

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