Mentre Wall Street ha aperto in calo dell’1,5%, gli americani, che giudicano l’Europa e la sua economia con una certa supponenza, si sono quasi appecorati (se si può usare questo eufemismo) di fronte all’emergente Cina. Il motivo? Molto semplice. Sperano che il “grande drago” asiatico sostenga sempre il loro debito e ai burocrati comunisti di Pechino non venga in mente di cambiare debitore, andando a  sostenere quello europeo.



È un retroscena importante, sia per comprendere la reale situazione americana, sia per capire quello che sta accadendo sui mercati, in una seduta che si è aperta all’insegna del rosso più accesso e del più cupo pessimismo, con una serie di dati economici in arrivo che non sono affatto confortanti e che riguardano l’inflazione e la disoccupazione.



Siamo ritornati in piena bufera. Questa volta, dopo gli indici bassi d’esordio non c’è stato il ritracciamento e il miglioramento che si è verificato ieri. C’è, fino  a metà giornata, un’autentica picchiata. Al momento si incrementano le perdite  su tutte le piazze europee. Il Ftse Mib di Piazza Affari, che ieri è arrivato a un soffio dal traguardo dei sedicimila punti, sta rinculando verso la barriera psicologica dei quindicimila, con una perdita in percentuale che ha oscillato intorno al 3,5% e in alcuni momenti al 4%, per precipitare poi al -4,8%.

L’altra piazza che va molto  male è Francoforte, con il suo Dax che tende a un rosso intorno al -5%. Sono due i comparti che trascinano al ribasso: i soliti finanziari, con Unicredit (-4,7%) indiscussa “maglia nera”, e il gruppo Fiat (Fiat Industrial al -10,2% e Fiat Spa al -9,2%), cioè il comparto automobilistico. Nella loro corsa al ribasso, i mercati sembrano seguire una logica stranamente simmetrica. Settimana scorsa andarono male le prime tre giornate e ci fu un recupero prima di Ferragosto. Questa  volta i primi tre giorni hanno segnato dei rimabalzi, anche se modesti, mentre si prepara un fine settimana drammatico.



Pesano molti fatti su questo calo generale. Anche l’incontro Merkel-Sarkozy non solo ha deluso, perché non ha dato neppure cenno agli eurobond, ma ha allarmato i mercati con una tassa europea sulle transazioni finanziarie (il leader inglese David Cameron si è addirittura imbufalito), rispolverando così la famosa Tobin-tax.

La sostanza che si può trarre da questa prima mezza giornata è che pesano adesso i dati di scarsa crescita, al di qua e al di là dell’Atlantico, si erano già manifestati in primavera. Se al momento i mercati non precipitano è perché la Bce continua a intervenire acquistando bond italiani e spagnoli. Fino a quando può continuare?

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