Tutti i giorni sembrano neri per il mercato mondiale. Si smentiscono ormai anche le tradizioni storico-borsistiche (il “martedì nero”, il “giovedì nero” e via dicendo). Il copione di oggi ripete esattamente quello di ieri. Ed è sempre bufera e tempesta. Un’apertura subito negativa, di poco. Ma poi con il passare dei minuti subito una corsa al ribasso. Alla fine della mattinata, il Ftse Mib di piazza Affari segna una perdita superiore al 2 per cento, sotto la soglia psicologica dei 15mila punti di quasi quattrocento punti. E le altre Borse europee seguono a ruota in territorio negativo, a volte con perdite superiori, come il Dax30 di Francoforte. Si parla di ondate di vendite, torna, cioè, di nuovo il linguaggio-slang del mercato internazionale: il “panic selling”. Il comparto che in tutta Europa sta perdendo di più è di nuovo quello dei listini bancari. I commenti dei più autorevoli giornali americani parlano di situazioni problematiche per le banche europee.



Ma gli analisti internazionali, anche quelli “made in Usa”, sostengono che l’attuale posizione degli istituti di credito statunitensi non sia affatto migliore di quelle del vecchio continente. In sostanza, sembra di rivivere il quadro che esplose letteralmente all’inizio di autunno del 2008, quando i segni di una crisi finanziaria si erano già manifestati un anno prima e la maggioranza degli osservatori finanziari aveva il coraggio, temerario, di dire che tutto stava andando bene.



Ma se i bancari tirano giù i listini di Borsa, anche il comparto industriale non va affatto bene. Sono giorni molti pesanti per la Fiat a Piazza Affari. Tutti i listini del gruppo subiscono pesanti cali. Ma ritornando al settore bancario, occorre segnalare che Unicredit viaggia, da giorni, con il valore sotto l’euro. Al momento un’azione della grande banca di piazza Cordusio si compra a 92 centesimi. E’ il segno più evidente che a essere colpite, a vivere nell’occhio del ciclone, siano proprio le grandi banche, le grandi istituzioni finanziarie, frutto di aggregazioni degli ultimi anni che avevano illuso un po’ tutti nel momento dell’euforia finanziaria.



Il problema attuale, in ogni caso, è legato al rischio di una seconda recessione (rischio del quale ha parlato, in particolare, Morgan Stanley); e se ogni giorno porta queste pene, il rischio diventa sempre più consistente, perché la finanza ormai contagia subito l’economia reale. Siamo solo a metà giornata. Le notizie che arrivano dall’America sull’apertura di Wall Street sono pessime. E continua la corsa all’oro, che sfonda letteralmente i 1800 dollari all’oncia. Il che non rappresenta per nulla un fatto positivo, dal moment che ogni rincaro del metallo prezioso significa paura e investimento nel bene rifugio per eccellenza.

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