Ieri c’è stata l’ennesima giornata da incubo sui mercati: Italia -6.15%, Germania -5.82%, Londra -4.49% e Stati Uniti -3.68%. Le cause di questa debacle sarebbero ancora una volta i timori di recessione e l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie (“Tobin tax”) proposta dalla Merkel e da Sarkozy. Così la ricerca di investimenti sicuri ha spinto il rendimento dei Treasury americani sotto il 2% per la prima volta dal 1954 mentre l’oro ha raggiunto nuovi massimi.
Sulla Tobin tax il primo punto da sottolineare è che avrebbe efficacia solo se fosse adottatta da tutti i mercati del mondo o quasi; diversamente in tempi in cui perfino sul mercato primario ci si quota dall’altra parte del globo (a Singapore) per pagare meno tasse e, forse, avere più visibilità, l’unica conseguenza sarebbe lo spostamento delle attività finanziarie verso Paesi con minori tasse.
Le ragioni del disastro di ieri sono di nuovo i timori di recessione esemplificati dalla revisione al ribasso effettutata da Morgan Stanley sulle stime di crescita del pil dell’eurozona nel 2012 (da +1.2% a 0.5%), che in Italia si traducono in una contrazione del pil dello 0.3%. Il fatto sconcertante è che i prezzi di borsa attuali scontano già inequivocabilmente una recessione globale grave. È pacifico che i mercati finanziari anticipino di almeno 6/9 mesi gli eventi futuri incorporandoli nelle previsioni di utili; registrare cali di questa violenza da livelli già minimi implica che il mercato non riesce ancora a individuare nessun tipo di “rock bottom valuation” che evidentemente ritiene ancora ampiamente al di sotto di questi livelli. Se vale la tesi di Soros, non di chi scrive, che il modo infallibile dei mercati per prevedere il futuro è causarlo, questi movimenti a prescindere dal fatto che siano pensati o meno, stanno provocando la crisi o esarcebando considerevolmente il calo che comunque ci sarebbe stato. Possiamo chiamarla speculazione, finanza senza regole ma l’impressione è che in una fase in cui i Governi, diversamente da autunno 2008, non hanno alcuna leva o potere effettivo impegnati a risolvere il problema del deficit: la finanza stia facendo quello che vuole, come vuole lasciando dietro di sé molti più morti e feriti del dovuto.
L’ultima curiosità è la diversissima lettura che il Financial Times e il Wall Street Journal, non esattamente giornalini parrocchiali, danno della giornata di ieri. Per l’Ft le vendite sono state spinte da dati più deboli delle attese sulla produzione e la disoccupazione negli Stati Uniti; per il Wall Street Journal sono invece i timori sulla solidità delle banche europee. Due interpretazioni così diverse lasciano veramente perplessi, a meno che, passando al lato “dietrologico” della vicenda, non sia veramente in corso anche una “guerra” per la sopravvivenza, tra Europa e Stati Uniti, dove vale tutto pur di garantire la propria anche solo perché si rimane come l’unica alternativa credibile.