Il presidente di Banca Akros e vicepresidente della Banca Popolare di Milano, Graziano Tarantini, non si sottrae alle domande sul momento delicato dei mercati, soprattutto dopo una giornata che a molti analisti è apparsa quasi angosciosa, con una perdita secca e dura di tutte le Borse occidentali. Tarantini, innanzitutto un suo commento sullo scenario finanziario ed economico di questi giorni. “Parliamoci chiaro. Qui non c’è più crescita. Non cresce l’America, non cresce l’Europa, non cresciamo noi e neppure la Germania. L’alibi che ci stiamo costruendo è che il frutto di questo crollo dei mercati sia una sorta di ‘Spectre’, che sarebbe poi la speculazione. Poi ci sono le solite accuse alla finanza, che, in molti dimenticano, è vicinissima all’economia reale, anzi entrambe si contagiano con estrema rapidità. È la solita scoperta dell’acqua calda. Certo che la speculazione esiste, ma si infila spesso nelle cause reali e questi fatti sempre avvenuti. Il problema resta la crescita bassa, quasi inesistente, e la mancanza di produttività. E i governi occidentali che non riescono a mettere in campo politiche intelligenti e necessarie. Usano solo terapie scoordinate di fronte ad una malattia comune”.
Ma le cause di questa nuova bufera sui mercati quali sono? “Sembriamo ormai solo capaci di riempire il pozzo sempre più profondo dell’indebitamento. Non si fa neppure una scelta oculata sui tagli che si devono fare. Ci si dice che bisogna arrivare a una determinata cifra per fronteggiare la situazione e facciamo tagli spesso a sproposito. Alla fine non colpiamo gli sprechi, le sacche improduttive, ma andiamo a mettere in ginocchio i ‘soliti noti’, quelli di cui si conosce il reddito in busta-paga. Il risultato è che si fanno solo politiche recessive, che alla fine non risolvono nulla, anzi aggravano la situazione. Qui bisogna tagliare e defiscalizzare perché i cittadini e le imprese ritornino a consumare e ad investire. Bisogna andare a colpire non solo la cosiddetta ‘casta’, ma le sacche improduttive che sono non solo nello Stato, ma anche nel parastato e perfino in alcuni settori solo apparentemente privati”.
“Personalmente, a volte rimango stupefatto di come noi italiani non riusciamo a valorizzare i nostri gioielli. Giorni fa il Corriere del Mezzogiorno ha riportato che il giorno di ferragosto nella Reggia di Caserta non c’era quasi nessuno. Allora mi chiedo: chi è responsabile del fatto che un patrimonio che il mondo ci invidia fosse privo di visitatori? E ancora: non sarebbe forse il caso di pensare che ci potrebbero esserci, ad esempio, cooperative di giovani in grado di valorizzarlo? Nell’isola di Procida, uno degli scogli più belli del Mediterraneo, c’è un carcere dimenticato. È patrimonio dello Stato. È proprio impossibile recuperarlo e venderlo, con gare, per altri scopi? La verità è che ci sarebbero mille problemi burocratici e amministrativi per affrontare questi due casi così lampanti di incuria e di dimenticanza colpevole, mentre li si potrebbe risolvere anche con una sorta di “economia artigianale”. Diciamo la verità, l’Italia paga un apparato statale e amministrativo assurdo. In questo ha ragione Piero Ostellino oggi (ieri, ndr) sul Corriere della Sera. Invece di defiscalizzare, tassiamo indiscriminatamente. Terapie assurde, che non risolvono i problemi e che di certo i mercati non capiscono, in un contesto globale effettivamente difficile”.
Tarantini, spostiamo il tiro sugli effetti – anche psicologici – di questa nuova bufera che travolge i mercati. “Per il lavoro che faccio ricevo molte telefonate allarmate e parlo anche con la gente comune, che ha oggettivamente paura. Che cosa dovrebbe provare in una simile circostanza? Certamente la paura è un guaio peggiore della crisi ed è una cattiva consigliera. Sempre. Io non voglio usare dei paradossi, ma ritengo che questa situazione possa essere colta come una grande opportunità. Ripeto, in fondo, parole che abbiamo usato spesso nel bel mezzo di una crisi. Bisogna comprendere che non si può vivere più al di sopra dei propri mezzi per poi correre a tamponare i debiti fatti nel modo in cui dicevo prima. Questo, alla lunga, non è più possibile. E forse è arrivato proprio il momento della svolta”.
“Ma una simile presa di coscienza di responsabilità può diventare una risorsa. Bisogna rimboccarsi le maniche. Invito gli italiani a pensare che la risoluzione dei problemi stia nell’essere italiani. Gli italiani sono artefici di cambiamenti prodigiosi e possono essere i protagonisti di un’uscita virtuosa dal tunnel di questa crisi drammatica”.
Spostiamo il discorso sul come si può intervenire e su come si può uscire dal rischio di una nuova recessione. “Direi innanzitutto che non si può governare economicamente l’Europa con i suoi rappresentanti che si ritrovano due volte l’anno. Si accusano le agenzie di rating di drogare il mercato, e può anche essere che in taluni casi sia vero. Ma se ci fosse un’Europa veramente unita, non in ordine sparso, che aumentasse il cosiddetto “fondo salva stati” e facesse i prezzi dei titoli nazionali, state sicuri che le agenzie di rating non avrebbero l’importanza che hanno oggi e soprattutto la speculazione sparirebbe, non avrebbe più margini di manovra. In più c’è la questione degli eurobond, che sono utili e necessari, ma che devono essere concepiti come fondi che sviluppano grandi progetti. L’Europa, se ragiona, non solo può riuscire a salvare se stessa, riesce soprattutto a salvare il quadro di garanzie democratiche che ha. Parlavo prima dell’effetto paura. Stiamo attenti. Quando una crisi economica si prolunga, quando c’è disoccupazione, quando c’è una marcata, sfacciata iniquità, il rischio non è solo di recessione, ma di compromettere l’assetto democratico di un Paese”.
(Gianluigi Da Rold)