Dopo aver messo nel mirino il settore energetico, la Robin Tax, nell’ambito della nuova manovra in discussione, va a pescare nelle tasche del settore delle telecomunicazioni e delle autostrade. La prima risposta a queste voci di un allargamento della Robin Tax è subito arrivata in mattinata dal mercato. I titoli in maggiore sofferenza, oggi, non sono i soliti bancari, ma Atlantia e Telecom Italia.
Massimiliano Trovato, esperto di telecomunicazioni dell’Istituto Bruno Leoni, appare molto perplesso.
Come giudica questo allargamento della Robin Tax ?
Premetto che io ho delle perplessità generali e complessive sulla Robin Tax. Ma stando a quanto si dice, relativamente al settore delle telecomunicazioni, posso dire che non mi sembra affatto una soluzione positiva. Quando la Robin tax fu istituita nel 2008 aveva lo scopo di colpire settori che facevano grandi profitti, come il settore petrolifero ad esempio. Ma questi superprofitti nel settore delle telecomunicazioni, sia per quanto riguarda il settore “mobile” sia per il cosiddetto “fisso”, non ci sono. Inoltre si deve parlare soprattutto del “mobile”, che è quello che più interessa, perché ormai il “fisso” ha un’importanza che è relativa, ridotta. Ora, si va a colpire un settore molto innovativo, che in questi anni ha operato per una riduzione dei prezzi e un incremento della concorrenza. E allora perché lo si colpisce?.
Tutto questo lei lo giudica, con un eufemismo, che chiama perplessità. Ma forse ha un giudizio più severe sull’operato di questo governo che sta preparando la manovra.
Devo dire che mi sembra un Paese che, a volte, è colto dalla disperazione e ha riscoperto l’arte della tassazione elaborata da Colbert: “Spennare l’oca massimizzando la quantità delle penne (da togliere) e minimizzando gli starnazzi”. Non si può rispettare i conti non facendo un’opera di selezione dei tagli da fare. A volte si rischia di aggiungere fattori recessivi a una recessione in atto. Diventa poi difficile uscirne.
Peserà molto questa tassa sul settore delle telecomunicazioni?
Credo che non la metterà in ginocchio, certamente. Ma comunque, nel suo complesso, mi sembra una manovra miope. In genere, colpire i soggetti più innovativi non mi sembra lungimirante. Se sposto poi il discorso alle aziende dell’energia, già colpite, mi sembra di entrare in una sorta di regno dell’assurdo. Molte di queste aziende sono partecipate dallo Stato. Per cui alla fine sembra di assistere a una “partita di giro”. Da un lato si incassa e dall’altro si perde. Che senso ha? Guardando al ribasso dei titoli, proprio nel settore energetico, di questi giorni in Borsa, in termini di capitalizzazione si è perso di più di quello che dovrebbe entrare con il tributo.
Secondo lei perché si cercano di far quadrare i conti, fatto comunque necessario in questo momento, in un modo così frettoloso ?
In Italia a volte la politica decide che ci si deve muovere. Come se fermandosi un attimo a ragionare, a selezionare, a scegliere con oculatezza fosse una colpa. Invece a volte è meglio proprio non muoversi, perché si rischia di fare solamente dei danni.
Lei ha altre idee o sensazioni sul perché la Robin Tax è stata allargata anche
alle telecomunicazioni ?
Sì, ho una spiacevole sensazione. Per raggiungere lo scopo, cioè il conto complessivo della manovra da far quadrare, credo che ci sia sto un poco di lobbing da parte proprio delle aziende energetiche. In altre parole, credo che queste aziende abbiano accettato di pagare il tributo a patto che la pagassero anche quelle di altri settori, come appunto quello delle telecomunicazioni. Non mi sembra un fatto positivo e corretto nel rapporto che dovrebbe esserci tra aziende.
(Gianluigi Da Rold)