Diciamolo chiaro e tondo: il discorso del Presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, tenuto a Jackson Hole nel Wyoming. ci ha deluso. Bernanke, ricordiamolo, non ha il ruolo funzionale di un Governatore o di un Presidente di Banca centrale europea, ma in quanto Presidente e Coordinatore del Comitato per le operazioni sul mercato aperto della Federal Reserve può pilotare le operazioni delle banche federali di riserva degli Stati Uniti (12) oltre che dei sette componenti (tra cui lui) del Federal Reserve Board.



Come Capo economista di più di un inquilino della Casa Bianca, inoltre, ha notevole autorevolezza nel mondo accademico, politico e finanziario Usa. Inoltre (molti italiani non lo sanno), il suo libro più importante non è né il manuale di macro-economia adottato in università di mezzo mondo, né la raccolta dei saggi di economia pubblicata nel 1992 (il più significativo apparve nell’American Economic Review nell’autunno del 1983), ma i suoi studi sulla Grande Depressione pubblicati nel 2005.



Pensavo che da questi studi di appena sei anni fa “Ben” avesse tratto le lezioni per gli Stati Uniti e per il resto del mondo – segnatamente il rischio di una recessione douple dip o “a gobba di dromedario” in cui dopo una caduta avviene una ripresa che se non sostenuta da stimoli macro e micro economici si trasforma in una nuova recessione. La notte tra il 26 e il 27 agosto, i modelli econometrici dei 20 maggiori istituti di ricerca previsionale (tutti privati) avvertivano che c’è un forte rischio che un fenomeno del genere si verifichi, anche se in modo più accentuato nell’eurozona che negli Stati Uniti.



Quando conobbi “Ben” ed ebbi con lui un breve periodo di “frequentazione” mi si era presentato come un forte sostenitore di una “comunità economica atlantica a due gambe” in cui se una strascica , l’altra deve rafforzare il passo. A Jackson Hole, invece, Bernanke ha detto che le autorità monetarie federali Usa sono pronte a fornire ulteriore sostegno a un’economia debole, ma non ha indicato alcuna operazione imminente. Qualsiasi decisione sarà presa a settembre, quando la riunione di politica monetaria della Fed sarà prolungata da uno a due giorni – il 20 e il 21 – “per consentire una discussione più completa”.

La Federal Reserve, ha spiegato, “ha una serie di strumenti che potrebbero essere utilizzati per fornire ulteriore stimolo monetario”. Prima di varare nuovi interventi, ha precisato, la Banca centrale attenderà l’andamento dei dati economici nel corso delle prossime settimane e mesi. Bernanke ha affermato che la ripresa degli Stati Uniti continua a essere “modesta”, aggiungendo che il ritmo di crescita è stato più lento di quello che la Fed sperava. Ma si è detto più ottimista nel lungo periodo, spiegando che l’economia a stelle e strisce non è stata definitivamente scalfita dalla crisi finanziaria. “Anche se certamente esistono problemi importanti, i fondamentali della crescita degli Stati Uniti non sembrano essere stati alterati dalla crisi degli ultimi quattro anni”.

Le banche americane sono molto più sane ora – ha osservato – la produzione è aumentata del 15% e le famiglie hanno fatto progressi nel riparare i loro bilanci. Il numero uno della Fed ha poi detto che si aspetta un’inflazione pari o inferiore al 2% in scia a un rallentamento dei prezzi del petrolio e di altri beni. Allarme disoccupazione.

“La nostra economia sta soffrendo oggi di un livello straordinariamente elevato di disoccupazione di lunga durata, con quasi la metà dei disoccupati senza lavoro per più di sei mesi”. In breve, un intervento ispirato non tanto alla prudenza quanto alla “freccia del tempo” (da lui teorizzata anni fa) diretta ad acquisire maggiori informazioni prima di agire. Una posizione che può apparire saggia, ma invece delude. Non solo l’America è anemica e l’Europa sull’orlo di una nuova recessione, ma Cina e America Latina (che hanno trainato l’economia internazionale negli ultimi anni sono in fase di marcato rallentamento) e il Medio Oriente (altra fonte, anche se non centrale, di crescita) sono nel vero e proprio caos.

Non basta certo un nuovo quantative easing da parte delle autorità monetarie americane. Tuttavia, “Ben” avrebbe potuto dare il “la” e indicare anche l’esigenza di prolungare negli Usa gli sgravi relativi a imposte che gravano direttamente sui salari e di avviare, nell’ambito delle competenze sia federali sia dei singoli Stati dell’Unione, un programma di lavori pubblici (manutenzione straordinaria di strade, autostrade ed edifici scolastici). Un’indicazione da Jackson Hole sarebbe servita pure a svegliare il torpore europeo; c’è un vero e proprio “grido di dolore” – lo abbiamo riportato, ad esempio, nelle corrispondenze da Rimini – per politiche di crescita, ma non sembra percepito da alcuni gruppi della politica e dall’altra burocrazia , né da parte del sindacato (composto per di più da pensionati) ora molto alle prese con giochi di poltrone.

La Bce si trincerà dietro la prima delibera dei suoi organi di governo (unico obiettivo della Banca impedire che il saggio d’inflazione superi il 2% l’anno). Quasi nessuno, nel continente vecchio, pare preoccuparsi di produttività e competitività.

Caro “Ben”, contavamo su di te. Perché ci hai deluso?