Nella serata di ieri, dopo un vertice durato sette ore ad Arcore tra Berlusconi, Bossi e Tremonti, la maggioranza di governo ha ridato fisionomia alla manovra, tanto che si parla di vera e propria riscrittura del provvedimento. A saldi invariati, assicurano nel governo. Quello che trapela dei punti chiave, che hanno fatto tanto discutere in questo periodo – pensioni, enti locali e costi della politica, Iva, contributo di solidarietà – non convince del tutto il professor Luigi Campiglio, ordinario di Politica Economica nell’Università Cattolica di Milano. Campiglio è un uomo mite e ragionevole, ma questo carattere non nasconde una sottile ironia e una grande intelligenza.
Professor Campiglio, che cosa ne pensa dei correttivi di questa manovra?
È un bel problema rispondere adesso, per diversi motivi. Anche perché occorrerà leggerla. Ho sentito scorrere i capitoli e sono rimasto un po’ stupito, perché ritenevo che i correttivi contenessero saldi invariati. Ora, non so più se si raggiungerà questo saldo, cioè i 50 miliardi. Adesso forse sono un po’ brutale e schematico, ma mi sembra che nei nuovi provvedimenti ci sia molto di politico e anche un poco di calcolo elettorale. Noi abbiamo bisogno di provvedimenti strutturali che durino nel tempo.
Guardiamola un attimo insieme. Le Province che vengono eliminate per via costituzionale.
Certo, così si dice. Ma non credo che l’eliminazione delle Province si possa attuare nel giro di pochi giorni, magari con un decreto legge. Mi sembra che si debba attraversare un iter abbastanza complesso. Tra l’altro, non per metter i puntini sulle “i”, ma allora le Province sono veramente una spesa. Fino a poco tempo fa le hanno moltiplicate…
Non dev’essere semplice nemmeno il dimezzamento dei parlamentari.
Anche in questo caso non mi sembra un problema che si possa risolvere subito. Guardi, io devo dirle che sono un po’ preoccupato. In questo paese lo sa Dio quanta politica sarebbe necessaria, ma non si può andare avanti a sciabolate di questo tipo. Noi non abbiamo solo bisogno di provvedimenti strutturali, ma anche di un governo che richiami all’unità tutto il Paese, che sia una garanzia per affrontare insieme questa crisi. Scusi, la metafora, ma oggi, ripeto, nelle condizioni in cui sinora sono informato, mi sembra di assistere ad un colpo di teatro.
Per curiosità, professore, lei ha compreso questi correttivi alle pensioni?
Il provvedimento mi sembra un po’ oscuro. Non viene riconosciuto il periodo del servizio militare e gli anni (che sono stati già pagati dai diretti interessati) dell’università. Forse questa è una nuova tassa.
Si parla anche di un aggravio fiscale per le cooperative.
Ma anche questo provvedimento non può essere considerato uno dei tasselli principali da varare in un momento come questo. A questo punto, valeva la pena mantenere la tassa di solidarietà e aumentare l’Iva dell’uno per cento per far quadrare i conti.
Si dice che con l’aumento dell’Iva al 21 percento avremmo raggiunto il Portogallo, e che sia l’aumento dell’Iva che la tassa di solidarietà avrebbero depresso i consumi.
Può anche darsi. Ma forse sarebbe meglio studiare una tassa per le grandi ricchezze come hanno fatti i francesi. Senza contare che proprio in questi giorni ho fatto un calcolo, che mi ha impressionato, di come sono precipitati i consumi in questi ultimi dieci anni. Ripeto, sono rimasto impressionato.
Come l’accoglieranno i mercati questa manovra?
Io credo che non ci sarà entusiasmo, per usare un eufemismo. Ma mi chiedo anche, con tutte queste nuove scelte, come quadreranno i conti e come l’Europa può accettare questa manovra. Magari faranno finta di niente. Magari ci sarà un poco di moral suasion, ma il tutto non mi convince per niente.
Pare che abbiano ascoltato tutti, in questi giorni, anche le proteste degli Enti locali. Hanno ridotto così i tagli di due miliardi e promuovono le unioni di comuni. Può essere interessante?
Certo, ma non sono operazioni che si possono fare, così come quelle di cui abbiamo parlato prima, in quattro e quattr’otto. E noi non possiamo aspettare ancora molto tempo, non abbiamo tempo da perdere.
(Gianluigi Da Rold)