Il professor Mario Deaglio è ordinario di Economia Internazionale all’Università, ma interviene anche con commenti sui giornali e interviste sulla situazione dell’economia e della finanza. Ieri non ha guardato in faccia a nessuno e ha fatto un paragone veramente irriverente sulla manovra del Governo, almeno sui correttivi alla manovra del 12 agosto.



Che cosa ne pensa, professore, di questo nuovo testo della manovra di Governo?

L’ho scritto su La Stampa il mio giudizio su questa nuova manovra. L’ho definita il “Porcellum” delle manovre. Così come la legge elettorale, definta “porcellum”, ha ingabbiato la vita politica italiana, questa manovra rischia di uccidere qualsiasi stimolo alla crescita. Ho fatto anche alcune considerazioni sul ceto politico di questa Repubblica. Qui ci saranno quattro o cinque persone in grado di leggere i bilanci. E sono tecnici, non politici. Il resto è pressapochismo, direi quasi analfabetismo e non conoscenza della materia. Se paragoniamo le conoscenze in materia, nell’Italia della prima Repubblica degli anni d’oro, in Parlamento c’erano almeno cinquanta-settanta  persone che erano in grado di leggere e capire i bilanci sui conti pubblici.



Che cosa si può dire di fronte a un fatto del genere? Lei ha visto i capitoli della manovra?

Al momento li conosco come tutti gli altri. Sono veramente perplesso sull’eliminazione delle Province. In questo caso ci vuole una legge costituzionale, con vari passaggi in Parlamento e maggioranze qualificate. In sostanza, formulata in questi termini, è una “bufala”. Non credo neppure sia così semplice la riduzione, di metà, dei parlamentari.

Come pensa che questa manovra venga accettata sui mercati internazionali e nelle sedi istituzionali europee? In definitiva, secondo lei, che giudizio danno dell’Italia all’estero?



Non illudiamoci, al momento ci giudicano male. Le prime reazioni sono venute dal giudizio non positivo della Banca d’Italia e dalla Corte dei Conti e questo avrà uin peso anche a livello internazionale. Possono ritenere che poi, alla fine, gli italiani se la caveranno lo stesso. Diverso sarebbe un giudizio gravemente negativo. Le conseguenze sarebbero differenti.

Come commenta le anticipazioni di stampa sul report del Fondo Monetario Internazionale? Vengono tagliate tutte le stime di crescita del Pil. Per gli Stati Uniti, per l’Europa, per l’Italia, la Francia e anche la Germania.

Non voglio autocitarmi, ma è dal mese di giugno che scrivo commenti sul fatto che la ricetta della Fed, di Ben Bernanke, è sbagliata. E che la crescita rallentasse era quasi inevitabile. Bernanke ha stampato soldi e ha immesso della liquidità nel sistema finanziario, con un obbligo per le banche di maggior risparmio. Di fatto il denaro resta lì, ne esce poco e quindi aiuta l’economia reale in modo modesto. Il fatto è documentato dalla bassa crescita.

Nello stesso tempo il Fmi sostiene che il Pil del mondo crescrà del 4 percento, un punto in meno rispetto al previsto, ma dove la parte del “leone” la faranno i paesi emergenti.

Sono due anni che si verifica questa situazione. Cina, India, Brasile crescono. Il loro pericolo è controllare l’inflazione e ce la possono fare. Poi possono fare investimenti strutturali e aumentare la domanda interna con una certa gradualità. Vanno bene anche le “tigri asiatiche”, il Sud Est dell’Asia. Hanno indirizzato le loro esportazioni non più verso l’Occidente ma verso la Cina.

Il Fmi consiglia agli americani due cose: nuove manovre non convenzionali e la riduzione a medio termine del debito pubblico.

In genere le manovra non convenzionali per sostenere l’economia sono l’iniezione di nuova liquidità.

Professor Deaglio, vista questa situazione, non è che in Occidente il meccanismo della crescita si è inceppato e si rischia il fallimento?

Stiamo assistendo a un grande cambiamento. E’ cambiato il ceto politico, è cambiata la natura di certe aziende. Nel 1990 c’era la General Motors che adesso è fallita. Adesso siamo a Microsoft. Bisognerà vedere come riusciamo a interpretare questo grande mutamento.

(Gianluigi Da Rold)