Tentò il “vampiro”, ma fu scandalo e non fu, per poco, l’insurrezione. Non se ne fece nulla. Oggi, il remake della malaugurata idea dell’allora vice-ministro dell’Economia, Vincenzo Visco: l’esposizione al pubblico ludibrio del 730 degli italiani. Una proposta che – spiega Gilberto Muraro, interpellato da ilSussidiario.net – potrebbe rivelarsi «virtualmente pericolosa, capace di sortire effetti che vanno al di là degli immediati (e ipotetici) benefici».



Nel 2008 Visco rese pubbliche le nostre dichiarazioni dei redditi, inserendole sul sito dell’Agenzia delle entrate; ad ogni vicino di casa indiscreto si sarebbe concesso soddisfazione alla sua morbosa curiosità, e di apprendere in pochi minuti quanto guadagnava il suo dirimpettaio. Pochi minuti, tuttavia, non bastarono. Tanto, e poco meno, fu il tempo che i dati rimasero on line. La sollevazione popolare – spalleggiata dal centrodestra all’opposizione e dai suoi media che lanciarono, con una sola voce, l’offensiva – fu tale che, neanche il tempo di accedere al sito, e i dati vennero oscurati. La gente ha già dimenticato, il tempo è galantuomo; e così ragionando, oggi ci riprova lo stesso centrodestra. Con la proposta di inserire un emendamento in manovra che renda pubblicabile l’anagrafe fiscale dei contribuenti. L’unica differenza è che il barile sarà scaricato ai sindaci.



Un’operazione stantia, il remake, in realtà, di un remake che, ciclicamente, torna: «una decisione del genere – ricorda Muraro – fu presa addirittura agli inizi degli anni ’80, dal ministro delle Finanze Franco Reviglio. Ma fu revocata dai ministri successivi. Si temeva che la criminalità avrebbe ottenuto informazioni sensibili gratis». Criminalità o altro, gli effetti negativi sono potenzialmente dirompenti. «Sul piano sostanziale è ovvio che sarebbe meglio evitare di dare eccessiva visibilità a fatti privati. Il provvedimento potrebbe sortire qualche vantaggio; ma anche eccitare invidie e creare danni sul piano della convivenza sociale». Chi ficca il naso nel 730 altrui, ad esempio, potrebbe interpretare i dati in maniera distorta. «Uno potrebbe avere un reddito irrealistico per il proprio tenore di vita, ma aver avuto in quell’anno particolari giustificazioni legittime, come spese deducibili di varia natura. Basti pensare a quelle sulla ristrutturazione edilizia, che possono essere ingenti e, per un certo periodo, ridurre il debito tributario legato al reddito».



Eppure, l’extra-gettito sarebbe – secondo le previsioni – cospicuo. «Sarà anche cospicuo – dice Muraro – ma non è pensabile che lo Stato non riesca, con i propri strumenti, ad attivare un controllo adeguato». E, in effetti, il maggior introito deriverebbe dalle denuncie dei privati. «Siccome nel nostro Paese non vige una cultura calvinista che contempla ipotesi del genere, si tratterebbe di delazione di bassa lega».

Ai tempi di Visco il centrodestra vide l’operazione come la propria nemesi. Come si spiega l’amnesia su tanta ostilità? «Il centrodestra – è il parere di Muraro – dopo aver menato gran vanto di aver distrutto l’approccio di Visco alla lotta all’evasione, mese dopo mese, provvedimento dopo provvedimento, si sta rimangiando quelle inutili vanterie e sta ripercorrendo quella strada. Senza aver il coraggio di dirlo e di farlo velocemente». La tracciabilità, ad esempio. «Visco impose che, sopra una certa soglia, i pagamenti dovessero essere tracciabili: con bonifici o carta di credito. Il centrodestra eliminò il provvedimento. Poi, Tremonti tornò sui suoi passi. Reintroducendo la tracciabilità e abbassandone – addirittura! – la soglia. Prima era di 12.500 euro, ora di 2.500». Il giudizio finale non è lusinghiero. «Anziché dire: “signori, ci siamo sbagliati”, stanno ripercorrendo la strada di Visco. E lo stanno facendo a fatica e di nascosto».

 

(Paolo Nessi)